Cultura

La “repubblica degli influencer” (e dei follower) e la “Trattoricrazia”

Conosciamo tutti il livello di diffusione del sistema dei social network. Sistema che ha fatto un deciso salto in avanti negli anni della pandemia, di cui vanno tenuti presenti vizi e virtù. C’è una cartina di tornasole più plastica di altre, il fatto che la sola coppia Fedez-Ferragni annovera più di 40 milioni di follower. Più di coloro che votano per la Meloni e tutto il centro-destra messo insieme e, a dire il vero, più della totalità dei votanti alle ultime elezioni… Certo, l’immagine della Ferragni è stata man mano intaccata dalle vicende delle ultime settimane, ma su questo vedremo come agiranno gli organi competenti, dall’AgCom alla magistratura. Tolto l’ambito professionale, di cui senza dubbio fanno parte i Ferragnez, l’equazione su cui si basa lo sviluppo dei social sta un po’ in quella che amiamo definire “L’illusione dell’amicizia”. Abbiamo incontrato non pochi giovani, e meno giovani, ubriacati dai tanti follower e dai (qualche anno fa) tanti amici, e tanti annichiliti dai post patinati e pettinati della vita degli altri che, nella maggior parte dei casi, è solo superficie. Anni fa e con Facebook era maturata una molto labile linea di confine tra la vera amicizia e “L’amicizia da social”. In questi anni la linea di confine che si è assottigliata sempre di più è quella tra “Vita vera” e “Vita da Instagram”. Ma questa è solo una premessa per giungere ad un livello di riflessione un po’ diverso da quanto potrebbe sembrare. È emerso un fattore, nelle scorse settimane, che forse può essere un anticorpo idoneo a sviluppare qualche forma di sistema immunitario rispetto alla sorta di “Socialcrazia” in atto. Ci riferiamo al fenomeno Sinner, che ha dichiarato con chiarezza di non amare e non usare quasi i social. Questo ci ha permesso di affondare il periscopio, un po’ da

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Cultura

Perché la politica deve valorizzare la generazione Sinner

Il pensiero ci è tornato spesso osservando lo stile sportivo e umano di Jannik Sinner, fresco vincitore dell’Australian Open e primo italiano a vincere un Grande Slam singolare maschile dal 1976. Una finale del torneo vinta in rimonta, soprattutto grazie alla forza mentale e alla capacità di soffrire, per un ragazzo che potremmo annoverare, citando Francesco Delzìo, nella “Generazione Tuareg”. Una generazione in costante movimento, come gli antichi popoli Tuareg, in un deserto fatto di dubbi, causati dal crollo di alcune delle certezze che avevano caratterizzato il Novecento. L’Academy Spadolini si basa sul dialogo intergenerazionale e annovera, per ora, alcune decine di giovani davvero di valore. Ebbene, in vari di questi giovani, si può apprezzare uno stile per certi versi analogo a quello di Sinner. Un atleta, uno sportivo, un tennista che non sembra avere, come altri, grossi e forti muscoli, che non esibisce quelle forme di narcisismo tipiche di uno sport individuale come il tennis, che sa risalire e rimontare con il passo da maratoneta, oltre che affondare i colpi con il passo da velocista. Ci sembra che i migliori giovani della generazione Z, e vari di quelli che annoveriamo nell’Academy Spadolini, abbiano uno stile analogo. Nulla di urlato, nulla di troppo palesato, sano studio e riflessione sui problemi, voglia di crescere senza bruciare le tappe. Per ragioni demografiche i giovani in questa fase storica sono una minoranza per l’Italia, molto più che in altre fasi storiche. Una minoranza che ha un bacino di voti ben più contenuto rispetto a quello degli anziani, e per questo ben poco considerata dai politici. Una minoranza alla quale – in qualche modo – si è cercato e si cerca di rubare il futuro, in quella sorta di “Società mangiagiovani” in cui si è configurata da vari anni la realtà italiana. Eppure, per

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