“Mentre rimaniamo per lo più incerti nel soppesare i benefici e i pericoli connessi all’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulle nostre vite e sugli apparati produttivi, il sentiment di quanti l’hanno già testata oscilla tra la paura e l’acceso consenso, secondo uno schema dicotomico che si ripresenta ogniqualvolta ci troviamo di fronte a grandi rivoluzioni tecnologiche annunciate”.
Questo è uno tra i principali risultati del 19° Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Windtre, presentato Roma da Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis.
Dell’Intelligenza Artificiale – spiegano gli analisi del Censis – si parla molto, non tanto per i suoi impieghi, quanto per gli effetti che potrà avere nel futuro.
Il 74,0% degli italiani ritiene che attualmente gli effetti prodotti dall’Intelligenza Artificiale siano imprevedibili. Eppure – spiegano al Censis – in proporzione pressoché analoga, vengono espressi giudizi molto netti sugli effetti che essa potrà produrre, sia di tipo allarmistico che ottimista. Tra questi ultimi si può annoverare il 73,2% di quanti ritengono che le macchine non potranno mai sviluppare una vera forma di intelligenza come gli umani. Questa impressione è però contrastata dal 63,9% del totale, che contemporaneamente ritiene che con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale ci sarà la fine dell’empatia umana a causa della crescente dipendenza dall’interazione con le macchine.
“Molto elevata, inoltre, è anche la preoccupazione relativa al fatto che i ricchi saranno ancora più ricchi e i poveri saranno ancora più poveri (72,5%). Per il 65,5% degli intervistati gli effetti sull’occupazione saranno disastrosi a causa della sostituzione degli esseri umani con computer e robot. Per il 43,0%, invece, si creeranno posti di lavoro in nuovi settori.
Il 71,3% ritiene invece che con la diffusione delle applicazioni di Intelligenza Artificiale aumenteranno i problemi di sicurezza per i sistemi informatici e i rischi di cybercrime, solo per il 31,3% le città diventeranno più sicure, mentre per il 66,3% saremo tutti controllati dagli algoritmi, per cui ci sarà la fine della privacy dei cittadini, per non parlare del 68,3%, per i quali aumenteranno le notizie non verificabili, di conseguenza non sapremo più distinguere il vero dal falso, con grandi rischi per le democrazie.
C’è di più. Secondo gli analisti di De Rita, per la precisione il 55,9% si aspetta un miglioramento delle cure mediche grazie all’Intelligenza Artificiale. Ma non potevano mancare quelli che se la prendono con i giovani, che non sono pochi, visto che il 41,0% prevede che utilizzando l’Intelligenza Artificiale, gli studenti smetteranno di studiare.
Il vero dato allarmante di questo diciannovesimo Rapporto sulla Comunicazione riguarda la carta stampata, o giornali tradizionali, un mondo che a giudizio del Censis vive in crisi perenne.
“Per i media a stampa – spiegano gli analisti del Censis – si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023. Con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni. Impressionante come dato.
Non solo ma si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%), ma la novità di questo Rapporto è che anche “gli utenti dei quotidiani online diminuiscono al 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011)”.
Chi invece sembra salvarsi è la radio, che secondo gli esperti del Censis “continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media”.
Complessivamente, i radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). Ma se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un piccolo calo passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, confermandosi su livelli prepandemici. Per quanto concerne l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (18,2% degli utenti) e con lo smartphone (24,1%), si registra una crescita importante nel lungo periodo (rispettivamente +10,6% e + 20,5% dal 2007 ad oggi), ma un calo nel breve (rispettivamente -2,2% e -5,0% tra il 2022 e il 2023).
Cresce anche la tv via internet. L’analisi del sistema dei media che viene proposta nel 19° Rapporto sulla comunicazione del Censis evidenzia che, “nell’era biomediatica, alcuni mezzi sono in grado di raccogliere intorno a sé un vasto pubblico e di rispondere alle diverse preferenze ed esigenze comunicative di ciascuno. A svolgere questo compito è innanzitutto la televisione”.
Anche qui i dati sono molto interessanti. Nel 2023 a guardarla è complessivamente il 95,9% degli italiani (+0,8%). La percentuale dell’utenza è la somma di più componenti: la stabilità del numero di telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,9% rispetto al 2022), una lieve crescita della tv satellitare (+2,1%), il continuo rialzo della tv via internet (web tv e smart tv passano al 56,1% di utenza, ovvero oltre la metà della popolazione, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi (più di un terzo degli italiani).
Tra quanti non si fidano dei grandi media troviamo sicuramente chi ritiene che siano condizionati dalla politica (il 77,7%). A questi si aggiunge il 72,3% per i quali l’informazione dei grandi media è distorta da interessi economici. A menzionare i possibili pericoli per la democrazia è una percentuale che va ben oltre la metà, con il 68,0%. Sebbene sia una minoranza, è pur sempre quasi la metà (il 48,1%) che ammette di fidarsi solo delle informazioni diffuse da soggetti non appartenenti ai grandi media.
All’estremità della linea che delimita la preferenza per i nuovi media troviamo quanti sostengono che sia un bene che oggi grazie a internet e ai social network chiunque possa produrre informazione (47,6%), accettando il rischio di imbattersi in possibili fake news.
Buone notizie anche per gli scrittori e quindi per gli editori.
Secondo gli analisti del Censis nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri e gli italiani che leggono libri cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno ma – 13,6% rispetto al 2007). “La ripresa – precisa il Censis – non riguarda i lettori di e-book, che non si sbloccano, rimanendo stabili al 12,7% (-0,6%)”.
Naturalmente si rafforza il consolidamento di internet, smartphone e social network. Pensate che tra il 2022 e il 2023 si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e molto prossima a quanti sono gli utilizzatori di social network (82,0%).
È tra i giovani (14-29 anni) che si registra un consolidamento nell’impiego delle piattaforme online.
Anche qui i dati ci confortano. Il 93,0% utilizza WhatsApp, il 79,3% YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok. In lieve flessione tra gli under 30, oltre a Facebook (passato dal 51,4% del 2022 al 50,3%), anche Spotify (dal 51,8% al 49,6%) e Twitter (dal 20,1% al 17,2%).
Per il Censis “colpisce invece la discesa di due piattaforme partite bene ma che nel tempo hanno arrestato la loro corsa: Telegram (passato dal 37,2% del 2022 al 26,3%) e Snapchat (dal 23,3% all’11,4%)”.
Il dato che più colpisce da questo Rapporto sulla Comunicazione è quello che riguarda l’andamento della spesa delle famiglie per i consumi mediatici.
Tra il 2007 (l’ultimo anno prima della grande crisi economica e finanziaria internazionale scoppiata nel 2008) e il 2022 il Censis evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli antecedenti il 2008 (ancora -2,3% in termini reali è il bilancio alla fine del 2022), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom.
“Di fatto si è andato moltiplicando il valore per più di otto volte in quindici anni (+727,9% nell’intero periodo, per un ammontare che supera gli 8,7 miliardi di euro), delle spesa dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori, che ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+215,8%)”.
I servizi di telefonia e traffico dati invece hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-26,9%, per un valore comunque prossimo a 13,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo. Complessivamente -38,2%.
Tema, infine, di altrettanta grande attualità è il “peso” del linguaggio sui social e l’importanza delle parole. Dice il Censis: “L’attenzione al modo in cui deve essere usato il linguaggio per evitare di creare disagio alle persone ha portato alla nascita del politically correct”.
Il 76,9% della popolazione è infatti favorevole a una regolamentazione del linguaggio dei media quando si parla dell’aspetto fisico delle persone, il 74,0% nel caso di differenze religiose e di genere, il 73,7% quando si tratta di orientamento sessuale, il 72,6% se è coinvolta l’identità di genere, il 72,5% in rapporto alle differenze etniche e culturali. Inoltre, per il 75,8% della popolazione i media non dovrebbero mai usare espressioni che da alcune categorie di persone possono essere ritenute offensive o discriminatorie.
Ben diversa, invece, la situazione quando si esce dal mondo dei media e si passa alla vita quotidiana: il 69,3% degli italiani risulta infastidito dal fatto che ci sia sempre qualcuno che si offende se si pronuncia qualche frase ritenuta inopportuna.
Pino Nano – Giornalista. Già caporedattore centrale della Rai