“Romagna, Romagna mia. Lontan da te non si può star”. (Raoul Casadei, 1937-2021)
In Italia e nel mondo la Romagna è conosciuta come la patria della piadina, del Sangiovese, della buona cucina, delle discoteche, dell’accoglienza estiva e di quel simpatico dialetto che marca troppo, senza però infastidire, ogni “esse” e ogni “zeta” contenute in una parola.
Chi ci vive, però, sa benissimo che non è solo questo.
Intanto facciamo una premessa. Per un romagnolo, la regione inizia geograficamente a Cattolica e termina a Imola (già in provincia di Bologna), comprendendo città del calibro di Rimini, Cesena, Ravenna, Forlì e Faenza.
Sì, è vero direte voi, che la regione si chiama “Emilia-Romagna”, ma è altrettanto vero che Emilia e Romagna sono tanto ricche quanto diverse da meritare due distinti approfondimenti. Ma partiamo dall’inizio.
La gran parte delle città è stata fondata dai romani: è il caso di Ariminum, conosciuta come Rimini, o di Forum Livii, detta Forlì, o di Faventia, ora Faenza. In passato si era già registrata la presenza di Etruschi, Piceni, Sanniti e Galli ed è proprio grazie alla sua posizione geografica, strategica al punto tale da prevenire eventuali avanzate galliche, che la Romagna assunse importanza agli occhi dell’Impero romano. A Rimini nello specifico vi convergevano la via Flaminia, proveniente da Roma; la via Emilia, che partendo da Rimini giungeva a Piacenza e la via Popilia-Annia che conduceva a Ravenna.
E di monumenti romani vi è traccia un po’ ovunque:
A Russi, in provincia di Ravenna, immancabile la visita alla Villa Romana, dove sono conservati i resti di una villa rustica di età romana; oppure la Domus del Chirurgo di Rimini, nella quale sono stati rinvenuti molteplici strumenti chirurgici; o ancora l’Antico Porto di Classe, sempre nel ravennate, che fu il centro portuale della città.
Ma è proprio a Rimini che si concentra la maggior parte dei reperti storici conducibili ai romani. Come non parlare dell’Arco di Augusto, che fu consacrato all’imperatore dal Senato romano nel 27 a.C, ed è l’arco più antico rimasto in Italia. Segnava proprio la fine della via Flaminia, restaurata fortemente dallo stesso Augusto. Non vi è certezza, ma è possibile che nella parte alta del monumento fosse presente una quadriga condotta dall’imperatore, che sarebbe stata costruita per omaggiarlo.
Sempre a Rimini, tappa in Piazza Tre Martiri dove su un cippo in marmo posto al centro della piazza è contenuta la celebre frase “Alea iacta est“, ovvero “il dado è tratto”, attribuita a Giulio Cesare la notte del 49 a.C dopo aver varcato il Rubicone e, di conseguenza, aver provocato la guerra civile.
Se poi ad un riminese dite “Ponte di Tiberio” vi risponderà ovviamente che è una struttura che collegava due estremità della città assegnata ad Augusto per la sua realizzazione, ma completata da Tiberio nel 21 a.C., ma lo chiamerà probabilmente “il ponte del diavolo”. Ma perché?
Beh, c’è una simpatica leggenda a riguardo. Durante la sua costruzione, infatti, si narra che ogni pietra cadeva il giorno successivo al suo posizionamento e Tiberio, per trovare una soluzione, chiese aiuto al diavolo. Il patto fu quindi stipulato e nel giro di una notte il Ponte di Tiberio fu ultimato, con la sola condizione che la prima anima a passarci sarebbe dovuta appartenere a Satana. A quel punto, Tiberio fece centro un’altra volta: il primo a passeggiare sul ponte fu un cane e il diavolo fu beffato.
Ora però spostiamoci un po’ più a “nord”. Già, perché in Romagna c’è una città che è stata capitale per ben tre volte ed è proprio Ravenna: dell’Impero romano d’Occidente, dal 402 al 476; del Regno ostrogoto dal 493 al 540 e, infine, dell’Esarcato bizantino.
Ma Ravenna è conosciuta anche come la “città del mosaico” e come non fare tappa alla Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, nella quale sono conservati i più grandi mosaici del mondo?! E poi come non fermarsi ad ammirare il Mausoleo di Teodorico, la più celebre costruzione funeraria degli ostrogoti. A pochi passi dalla Basilica di Sant’Apollinare, ma con enorme distanza storica, c’è la tomba di Dante, luogo sacro per gli amanti del sommo poeta che proprio a Ravenna, in esilio, concluse il suo percorso sulla Terra.
Ah, a proposito di Dante.
La Romagna è ben presente nella Divina Commedia. La citazione più famosa è nel Canto V dell’Inferno, quello di Paolo e Francesca, ma il territorio viene chiamato in causa più volte anche nel Canto XXVII, in cui Dante incontra Guido da Montefeltro e al quale chiede: “Dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; / ch’io fui d’i monti là intra Orbino / e ‘l giogo di che Tever si diserra”; e poi ancora “E ’l mastin vecchio e ’l nuovo da Verrucchio, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d’i denti succhio”.
Ecco, Verucchio. Borgo di poco più di 10mila anime che appartiene all’entroterra riminese che non è importante solo per la sua citazione nella Divina Commedia, ma anche per un curioso cipresso che si trova nel convento dei frati del Paese: si narra, infatti, che San Francesco durante il viaggio in provincia di Rimini nel XIII secolo, abbia piantato nel terreno il “bordone”che lo sorreggeva durante il viaggio. Questo bastone attecchì in forma miracolosa dando vita a un cipresso che sarebbe rimasto nella storia e che, tuttora, è possibile fotografare.
Insomma. Storia, cultura e… ovviamente cucina!
Sapete chi è Pellegrino Artusi? Innanzitutto è nato nel 1820 a Forlimpopoli, un paesino vicino a Forlì, ma si ricorda principalmente per “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene“, manuale che nel 1891 lo consacrò come l’ideatore della cucina italiana. Raccoglie 790 ricette della cucina tradizionale e casalinga ed è il libro sulla cucina italiana più letto, diffuso e tradotto anche all’estero. Per rendere omaggio ad Artusi, nel 2007 presso Casa Artusi (a Forlimpopoli) è stato fondato il primo centro di cultura gastronomica dedicato alla cucina domestica italiana.
Non è quindi un caso che si associ alla Romagna una buona reputazione per il cibo.
Ah, a proposito.
Se doveste capitare da queste parti ci sono dei piatti che non potete non provare. I cappelletti, famosissimi in brodo, vanno a ruba anche al ragù o “pasticciati” (ovvero ragù con un po’ di panna) e, d’estate, non si può che essere rapiti dai passatelli asciutti al ragù di pesce (d’inverno, invece, da provare in brodo). Si conoscono molto di più, invece, i classici romagnoli come le “tagliatelle”, i “garganelli” o gli “strozzapreti”.
Attenzione! Prima di confrontarvi con un romagnolo non confondete “tortellini” e “cappelletti”: i primi sono prevalenti in Emilia e, nel ripieno, hanno tracce di formaggio con prevalenza di carne, mentre i cappelletti sono composti principalmente da formaggio ed evidenziano una forma più tondeggiante.
Oltre alle piadine, inoltre, non si possono non provare i cassoni (anche conosciuti con il termine crescioni nella zona di Cesena e Forlì, o cascioni nell’entroterra), che i romagnoli preferiscono farcire normalmente con pomodoro e mozzarella, con le erbe di campagna o con patate e salsiccia.
E poi… e poi c’è il mare.
Dei 135 km di costa in tutta la Regione, ben 90 sono appartenenti alla sola Romagna. Gli stabilimenti sono anche chiamati “bagni” e presentano una grande varietà di servizi, dalla ristorazione alle aree gioco per bambini, dai campi sportivi alle aree benessere con attrezzatura da palestra, idromassaggio, piscine e zone relax. Insomma, il mare non sarà paragonabile alla Sardegna o al Salento, ma le spiagge, per la loro organizzazione, di “avversari” ne hanno ben pochi.
Pensavate che fosse finita qui? Non si può parlare della Romagna senza citare il re della Dolce Vita: Federico Fellini. Fellini è nato a Rimini il 20 gennaio 1920 e proprio in città ha preso vita il “Fellini Museum”, che è una vera e propria area dedicata al regista che si estende tra Castel Sismondo, Palazzo del Fulgor e la Piazza dei Sogni, ovvero tre dei luoghi più suggestivi del centro storico. Impossibile non rimanere affascinati dal Cinema Fulgor, la stessa struttura protagonista della vita e delle opere di Fellini: il luogo dove il regista vide i suoi primi film e al quale fornì locandine promozionali in cambio delle visioni gratuite degli spettacoli.
Il cinema è stato riaperto, dopo 5 anni di ricostruzioni, nel gennaio del 2018 e accoglie i cittadini tutti i giorni con le proiezioni delle pellicole.
La Romagna non è solo terra di registi, ma anche di poeti, artisti (ne cito una giusto per, Raffaella Carrà), scrittori e giornalisti (Leo Longanesi era di Bagnacavallo, Ravenna) ma anche di anarchici, socialisti (Pietro Nenni era di Faenza) e patria di colui che segnò dagli anni ’20 al ’40 la politica e la storia italiana dopo la Marcia su Roma, di cui ricorre tra pochi mesi il centenario: Benito Mussolini.
A Cesena l’itinerario ci conduce a Villa Silvia-Carducci, che Giosuè Carducci frequentò a lungo e trovò ispirazione. A San Mauro Pascoli (FC), invece, nacque Giovanni Pascoli. La sua casa natale è monumento nazionale e, assieme alla Torre (Villa Torlonia), rappresentano i luoghi dell’infanzia del poeta romagnolo. A Pennabilli, infine, nell’entroterra riminese, c’è la casa-museo di Tonino Guerra, poeta e scrittore nato il 16 marzo 1920 a Santarcangelo di Romagna.
Concludo informandovi su alcune parole e modi di dire che sicuramente sentirete nel vostro viaggio in Romagna. Oltre al famoso “patacca”, che più o meno si conosce in tutta Italia, vi imbatterete senz’altro nel termine “invornito”, che i romagnoli associano alla parola “tonto”. Poi, quando non si sa bene cosa dire, non spaventatevi se origliate “ah di”, che viene praticamente utilizzato in ogni contesto, per indicare un senso di impotenza dinnanzi ad una situazione. Infine, classico il “dai, valà” sinonimo di “dai, sta bon” e che si potrebbe sentire in uno scambio di confronti.
Poi ancora parchi, riserve naturali, castelli, grotte, terme e avventure tutte da vivere sempre con il sorriso stampato sulla faccia. Perché se c’è un aspetto che colpirà principalmente il turista in Romagna sarà proprio la capacità di vivere con approccio positivo e con piacere ogni momento della giornata.
Simone Massaccesi – Redattore