Prudenza, giustizia, egemonia, lavoro e narrazione. I primi due anni di governo Meloni visti dalla Fondazione Ebert

Pubblichiamo l'analisi della principale fondazione politica della Germania: sulla scena internazionale l'esecutivo agisce in continuità con i predecessori quale partner affidabile dell‘Ue e della Nato, in politica economica si mostra poco incline a infrangere le regole europee. In politica interna, invece, le forze politiche al potere colgono ogni occasione per potenziare il proprio profilo e cercare di diffondere e radicare gradualmente i propri messaggi

Giorgia Meloni Ue

Il 25 settembre 2022, l’alleanza di destra ha vinto le elezioni parlamentari italiane; Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni ha ottenuto il 26% dei voti, la destra populista della Lega di Matteo Salvini l’8,8% e la berlusconiana Forza Italia, ora guidata da Antonio Tajani, l’8,1%. L’alleanza di destra ha poco meno del 60% dei seggi in entrambe le camere del Parlamento e governa il Paese con Giorgia Meloni come presidente del consiglio dal 22 ottobre 2022. A due anni dalla vittoria elettorale della destra, si può stilare un primo bilancio.

Finanza, affari sociali, economia

In termini di politica di bilancio, il governo ha agito con molta cautela, evitando scontri con la Commissione europea. Tuttavia, le condizioni per operare diventeranno molto più difficili il prossimo anno, quando il Patto di stabilità entrerà nuovamente in vigore: in considerazione dell‘elevato debito pubblico complessivo dell’Italia, Meloni ha poco margine di manovra per realizzare importanti promesse elettorali su pensioni, tasse e assegni familiari.

Meloni Salvini Tajani

La premier Giorgia Meloni con il ministro dei Trasporti Matteo Salvini e il ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Camera dei deputati (LaPresse)

 

Tuttavia, la destra è riuscita a stabilire importanti priorità. In particolare, va menzionata la cancellazione del reddito di cittadinanza, introdotto solo nel 2019. Durante la campagna elettorale, Meloni aveva già criticato il sostegno a questo reddito come finanziamento per coloro che non sono disposti a lavorare – ed era seria. Nonostante l’Italia abbia più di due milioni di disoccupati e quasi sei milioni di persone che vivono in povertà assoluta, Meloni ha cancellato in gran parte questo sostegno. Ora rimane solo in forma ridotta per le famiglie in cui vivono minori, ultrasessantenni o disabili.

Questo ha più che dimezzato il numero di persone che hanno diritto ai sussidi a poco più di 700.000, senza che siano state introdotte misure di accompagnamento, ad esempio per promuovere l‘occupazione.

Tanto il governo è duro con i poveri, altrettanto è generoso nei confronti degli imprenditori e dei lavoratori autonomi. Il motto neoliberista di Meloni è che il governo non deve “disturbare chi produce”. Ma lei fa di più. Il suo governo ha approvato un gran numero di mini condoni fiscali che – in un Paese in cui si stima che i lavoratori autonomi dichiarino solo circa un terzo del loro reddito – in alcuni casi premiano gli evasori fiscali con sconti significativi. Al contrario, le strategie per il futuro che mirano a posizionare meglio il Paese in termini di politica industriale, ecologica e di trasformazione digitale sono uno spazio vuoto.

Diritti civili e giustizia

Fedele al suo motto “Dio, patria, famiglia”, Giorgia Meloni è guidata da una visione cattolico-conservatrice, persino reazionaria, della società. Tuttavia, la coalizione di destra si è astenuta dal fare interventi drastici nel campo dei diritti civili. Ad esempio, appena insediata, Meloni ha annunciato che non avrebbe modificato il diritto all’aborto.

Giorgia Meloni FdI

Giorgia Meloni durante un comizio

 

Tuttavia, il governo sta anche perseguendo una politica di piccoli cambiamenti selettivi. Per esempio, ha permesso alle Regioni di concedere alle organizzazioni pro-vita (cioè contrarie all‘aborto) l‘accesso ai consultori che le donne devono visitare prima di abortire. Inoltre, ha vietato alle autorità locali di registrare i bambini nati all‘estero da coppie omosessuali con i nomi di entrambi i genitori.

La destra parlamentare ha inoltre portato avanti una proposta di legge per classificare la maternità surrogata come “crimine universale”, cioè per renderla un reato penale anche se le coppie italiane all‘estero ricorrono a questa soluzione. Questa proposta è diventata ora legge.

Politica culturale

Un altro aspetto del nuovo corso è la lotta all‘egemonia culturale della sinistra, spesso invocata dalla presidente del Consiglio italiano. Negli ultimi due anni, il governo si è impegnato sempre di più per condizionare l’informazione pubblica, i media, i musei e i teatri, al fine di controllare il discorso pubblico ed indirizzare l’opinione pubblica a proprio favore. Se, come vedremo, Meloni sta seguendo le orme dei suoi predecessori in politica estera e il margine di manovra in politica economica rimane limitato, è su questo fronte che il governo sta mettendo in campo le proprie narrazioni.

Alessandro Giuli

Il ministro della cultura Alessandro Giuli

 

Nel farlo, il governo ha preso a collocare abitualmente persone di comprovata fiducia in posizioni di comando nell’informazione, teatri e musei, al fine di organizzare palinsesti, proporre mostre e mettere in scena spettacoli che promuovono narrazioni e idee di destra. Inoltre, il governo attuale tende a mettere in discussione le verità storiche generalmente riconosciute o a escludere deliberatamente degli elementi: mentre si onorano e si ricordano gli eventi che hanno portato alla fondazione della Repubblica italiana, di solito non si fa riferimento alle responsabilità fasciste o neofasciste del passato, ad esempio.

Sono piccoli elementi che erodono gradualmente la storia, ma sono anche una parte significativa del controllo culturale.

Politiche migratorie

Una dura politica repressiva contro l’afflusso di rifugiati fino ai “blocchi navali”: questa era la strada che Giorgia Meloni aveva sempre predicato. Non ci sono stati blocchi navali, ma il governo Meloni ha favorito fin dall’inizio una politica di deterrenza nei confronti dei migranti. Ha perseguito e continua a portare avanti una politica di vessazione nei confronti delle Ong impegnate nei salvataggi in mare nel Mediterraneo.

Le Ong possono effettuare un‘unica operazione di salvataggio con le loro navi e poi devono dirigersi verso un porto assegnato dalle autorità. Spesso vengono assegnati porti molto più a nord, come Genova, Livorno e Ravenna, con il risultato che le navi delle Ong che operano a sud della Sicilia vengono tenute fuori dal traffico per giorni e giorni a causa delle lunghe rotte.

Migranti Albania

I migranti sbarcati dalla nave italiana Libra al porto di Shengjin, in Albania

 

La politica estera ed europea del governo Meloni si riserva inoltre il diritto di sanzionare con fermo amministrativo fino a 60 giorni le navi se non rispettano le istruzioni ufficiali. Questi sequestri temporanei sono stati effettuati più volte con l’accusa di non aver collaborato con la guardia costiera libica, accusata di violazione dei diritti umani anche dai tribunali italiani. In secondo luogo, Meloni si sta concentrando sulla cooperazione con i Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo, Tunisia, Libia ed Egitto, per impedire fin dall‘inizio la partenza di imbarcazioni che trasportano migranti.

Ad esempio, Meloni ha concluso un accordo con la Tunisia con la partecipazione della presidente della Commissione Ue, che ha promesso alla Tunisia 255 milioni di euro di finanziamenti europei e sei motovedette dall’Italia.

In terzo luogo, Meloni ha concluso un patto con l’Albania con l’obiettivo di creare un campo profughi italiano per evitare che i rifugiati salvati dalla Marina o dalla Guardia costiera italiana mettano piede sul suolo italiano. In futuro, le procedure per le richieste di asilo saranno gestite direttamente in Albania e, in caso di rigetto delle domande, anche le espulsioni saranno effettuate direttamente da lì.

La riorganizzazione dello Stato

La destra italiana è molto più ambiziosa per quanto riguarda la riorganizzazione dello Stato. Si preoccupa di rafforzare il ruolo del capo del governo, di riorganizzare il rapporto tra Stato centrale e regioni e di riformare il sistema giudiziario.

In particolare, FdI sta tentando di introdurre l’ampliamento dei poteri del capo del governo. In futuro, secondo l‘emendamento costituzionale attualmente in discussione in Parlamento, egli sarà eletto direttamente dai cittadini: il candidato leader dell’alleanza che emerge come forza più forte nelle elezioni parlamentari risulterebbe vincitore. Il presidente del Consiglio sarebbe così legittimato direttamente dal popolo. Inoltre, la sua coalizione non avrebbe la possibilità di perseguire altre opzioni personali. E se il capo del governo dovesse dimettersi, potrebbe chiedere l‘immediato scioglimento del Parlamento.

Giorgia Meloni

La premier Giorgia Meloni

 

Ciò inverte sostanzialmente l’equilibrio del potere. Non è il capo del governo a dipendere dal Parlamento, ma il Parlamento dal capo del governo. Con questa riforma, la destra italiana post-fascista realizzerebbe il vecchio sogno autoritario-plebiscitario di un uomo forte – o di una donna forte – a capo del governo. Dal canto suo, la Lega di Matteo Salvini, che tradizionalmente ha le sue roccaforti nelle regioni ricche del nord, è favorevole all'”autonomia differenziata”, che consente alle regioni di disporre in modo autonomo delle proprie risorse finanziarie su molte materie dall‘istruzione alla sanità, dall‘energia alla politica infrastrutturale.

I critici temono quindi che la divisione esistente tra le regioni ricche del nord e quelle povere del sud si approfondisca ulteriormente. La legge sull‘autonomia regionale è stata approvata dal Parlamento nel giugno 2024. Forza Italia, invece, è la forza promotrice della riforma giudiziaria. Finora la magistratura italiana è stata completamente indipendente dall‘esecutivo; il ministero della giustizia non ha il diritto di impartire istruzioni alle procure. Finora la magistratura si è amministrata attraverso il Consiglio superiore della magistratura, che decide sulle promozioni o sulle nomine, e i giudici e i pubblici ministeri sono stati riuniti sotto l‘ombrello dei “magistrati”.

Carlo Nordio

Il ministro alla giustizia Carlo Nordio

 

Il governo di destra vuole ora imporre la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri, creando così un varco per sottoporre le procure al controllo ministeriale. Se l’intero pacchetto di riforme dovesse diventare realtà, l’Italia si ritroverebbe come un Paese autoritario, diviso a livello regionale e con un sistema giudiziario dotato di un’indipendenza limitata.

La politica estera ed europea

Nonostante le diverse appartenenze in ambito europeo (FdI appartiene al gruppo conservatore (Ecr), la Lega ai Patrioti per l‘Europa (PfE) e FI al Partito Popolare Europeo (Ppe), questa coalizione si è comportata in modo pragmatico e molto più moderato del previsto in politica estera. La linea che sta perseguendo è infatti pienamente in linea con la tradizionale politica estera del Paese.

Ucraina e Russia

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, il governo Meloni ha adottato una posizione in linea con la “visione atlantista”: condanna dell’attacco russo, continuo sostegno all’Ucraina aggredita e stretta collaborazione con i partner occidentali.

Questa decisione ha avuto tre conseguenze: assicurarsi credibilità nel contesto internazionale, scongiurare un possibile isolamento nella Nato e nell’Ue, come molti osservatori avevano temuto, e dimostrare una certa continuità con i precedenti governi italiani. Nonostante le non celate simpatie per Donald Trump, ad oggi esiste un rapporto funzionale con l’attuale presidente Joe Biden e la sua amministrazione, nonché l’intenzione di mantenere l’impegno dell’Italia nell’alleanza transatlantica e per essa.

Matteo Salvini

Matteo Salvini (2021)

 

Sebbene queste siano le posizioni ufficiali del governo, non mancano dichiarazioni che hanno suscitato imbarazzo e mostrato incoerenza. Tra i principali protagonisti di dichiarazioni incoerenti c‘è il vicepremier Matteo Salvini, che spesso mette in discussione il sostegno all’Ucraina. Meloni e Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano, in particolare, cercano di non lasciare spazio all’ambiguità. D’altra parte, c’è accordo sul rifiuto del dispiegamento di truppe sul territorio ucraino, perché questo potrebbe portare a un’escalation che deve essere evitata a tutti i costi.

Il governo ha anche chiarito che non autorizzerà l‘eventuale dispiegamento di armamenti italiani al di fuori dei confini ucraini.

Conflitto in Medio Oriente e Cina

Per quanto riguarda il conflitto mediorientale tra israeliani e palestinesi, sono state sottolineate, in linea con gli altri partner occidentali, la decisa condanna dell’attacco del gruppo terroristico radicale islamico Hamas del 7 ottobre 2023 e la solidarietà con Israele; allo stesso tempo, il governo italiano si è impegnato, anche se in modo non particolarmente enfatico, a chiedere a Israele di esercitare la moderazione nelle operazioni a Gaza e a proporre la ripresa del dialogo sulla base di “due popoli, due Stati” come soluzione.

Con il governo Conte I (2018/19), l‘Italia è stata il primo e unico Paese del G7 a firmare la dichiarazione di adesione alla Belt and Road Initiative (BRI) – un progetto geopolitico promosso dalla Cina per espandere la propria influenza tecnologica, economica, militare e di soft power all‘estero. Tuttavia, a causa dei limitati miglioramenti negli scambi commerciali, l’Italia è stata anche il primo Paese ad abbandonare la BRI alla fine del 2023.

Questo ritiro sottolinea la volontà del governo italiano di riaffermare la cooperazione con i partner dell’Ue e la già citata crescente convergenza transatlantica.

Meloni Onu

Giorgia Meloni alle Nazioni Unite

L’Italia e le relazioni con l’Ue

Come previsto, Fratelli d’Italia è stato il partito più votato alle elezioni europee del giugno 2024. Il partito di Giorgia Meloni ha ottenuto il 28,8% dei voti, una percentuale più alta rispetto alle elezioni del 25 settembre 2022. Nel confronto, FI ha superato la Lega: FI ha ottenuto il 9,6% dei voti, mentre il partito di Matteo Salvini non ha superato il 9%. La coalizione, e in particolare il partito di Meloni, sembrano essere usciti rafforzati da queste elezioni. Negli ultimi due anni, Meloni e il suo governo – nonostante la Lega sia stata ancora una volta più critica in vista delle elezioni europee – hanno abbandonato l’accento antieuropeista a favore di un pragmatismo improntato alla responsabilità di governo.

Nei rapporti con i partner dell’Ue, il capo del governo da un lato ha ridotto alcune affinità politiche con i governi nazionalisti dell’Europa centrale e orientale e dall‘altro ha cercato una più stretta collaborazione con i governi dell‘Europa centrale e occidentale, spesso criticati in passato. Si può quindi parlare di una linea assertiva, riconoscendo che la tutela degli interessi italiani dipende anche da una maggiore capacità di farli valere all‘interno dell’Ue e non contro di essa.

Il ministro agli Esteri Antonio Tajani

Il ministro agli Esteri Antonio Tajani

 

Nonostante questa linea, i partiti di Meloni e Salvini, a differenza di FI di Tajani, hanno deciso di rimanere all‘opposizione nel Parlamento europeo. Infatti, FdI e Lega hanno votato contro Ursula von der Leyen per la rielezione del presidente della Commissione europea. Nonostante questo posizionamento, il governo ha proposto l’attuale ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto, come nuovo Commissario Ue.

Il patto di stabilità e il Mes

Nei negoziati sulla revisione del Patto di stabilità e crescita, il Paese ha mostrato scarsa volontà di affermarsi: il governo Meloni ha infine accettato la soluzione di compromesso raggiunta da Francia e Germania, piegandosi così all‘introduzione di tagli obbligatori al debito e al deficit. In cambio, però, ha ottenuto un certo grado di flessibilità nell’applicazione di queste nuove regole nei primi tre anni dall‘entrata in vigore del patto.

Un altro capitolo riguarda la mancata ratifica del Meccanismo europeo di stabilità (MES). Il governo è apparso ostaggio della forte opposizione della Lega e di alcuni settori di FdI. L’Italia rimane quindi l‘unico Paese dell’Ue a non aver ratificato il Mes, il che ha spinto i partner europei a domandarsi quanto l‘Italia e il suo governo siano davvero così affidabili.

Giorgetti Senato

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante il Question time in Senato

Cambiamento climatico

La lotta al cambiamento climatico e la transizione ecologica non sono tra le prime priorità di questa coalizione. Pur non mettendo in discussione gli obiettivi concordati in Europa e sostenuti dai governi precedenti, il governo preferisce concentrarsi soprattutto sui costi economici e sociali della transizione.

Conclusione: una svolta a destra sottotraccia

Due anni fa in Europa c‘era ancora grande preoccupazione per il futuro corso dell’Italia a guida Meloni, ma queste voci preoccupate sono in gran parte cadute nel silenzio. In effetti, il governo Meloni non ha impresso alcuna svolta spettacolare e radicale né in politica interna né in politica estera. In particolare, per quanto riguarda la politica estera ed europea, il governo di destra ha cercato soprattutto di far apparire l’Italia come un partner affidabile nell’Ue e nella Nato.

Tuttavia, questo non significa che Giorgia Meloni abbia rinunciato a realizzare il suo programma. Lo ha dimostrato nel campo della politica sociale, ad esempio con l’abolizione della previdenza sociale di base, ma anche nella politica sui migranti, dove predilige una linea dura. Soprattutto, però, il governo post-fascista sta portando avanti il suo progetto di riorganizzazione istituzionale fra i poteri dello Stato, un progetto che potrebbe indebolire in modo decisivo la democrazia italiana. È quindi necessario non distogliere l’attenzione.

 

Michael Braun –  giornalista, già a guida dell’ufficio italiano della Fondazione Friedrich Ebert, corrispondente dall’Italia per il quotidiano TAZ. Vive in Italia dal 1996 . È in uscita il suo libro Da Berlusconi a Meloni. L’Italia sulla strada del post-fascismo, editor da J.H.W. Dietz Nachf.

Luca Argenta – Policy officer presso la sede italiana della Fondazione Friedrich Ebert. Dopo aver svolto i suoi studi in Italia, Francia e Germania, ha ottenuto un dottorato di ricerca in Scienze Politiche ed un master in Studi Europei

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