Osvaldo Napoli: il centrodestra è morto in culla la sera del 25 settembre

"Ora al Paese occorre una opposizione durissima". Lo storico esponente di Forza Italia attacca: nel partito di Berlusconi non c’è democrazia, chi dissentiva è stato gettato via. Fi come forza di Centro con i suoi valori non esiste più ed è fagocitata dalla Destra

Politica

“Il centrodestra – sottolinea Osvaldo Napoli, ex parlamentare ed oggi membro della segreteria politica di Azione – non esiste più o forse non è mai esistito se non come coalizione elettorale, sommatoria di interessi più o meno personali”.

Durissimo l’attacco dell’ex parlamentare Osvaldo Napoli al Centro Destra di Meloni Salvini e Berlusconi dopo il voto del Senato, ma che la dice lunga sul malessere profondo che da anni pervade la coalizione di Centro- Destra e soprattutto la vita di Forza Italia e la storia stessa di Silvio Berlusconi.

Osvaldo Napoli, come è sua tradizione, anche in questa occasione non conosce mediazioni e le cose che pensa non non le manda a dire.

On. Napoli perché questi toni così pesanti contro il Centro-Destra di cui lei è stato un grande protagonista nel passato?

“Perché la vittoria del 25 settembre si sta rivelando come un cinico inganno a quegli italiani che in buona fede, e sempre alla spasmodica ricerca di qualcosa di nuovo, hanno votato il centrodestra pensando di avere un governo solido per i prossimi anni.

Perché cinico inganno?

Perché è bastato eleggere i vertici parlamentari per scoprire lo spettacolo miserevole di piccoli gruppi di potere pronti a scannarsi, perfino per uno strapuntino ministeriale da assegnare a Licia Ronzulli.

Cos’è la cosa che più l’ha sconcertata?

Mi lascia senza parole l’appunto preso dall’ex premier Berlusconi, e sbirciato dalla telecamera, con quella litania di aggettivi contro Giorgia Meloni.

Qual è la sua preoccupazione maggiore?

Vede, una coalizione priva di una strategia politica, divisa anche sul piano dei rapporti umani, si prepara a governare una grande democrazia come l’Italia, con un presidente del Senato che non sa di essere presidente del Senato della Repubblica e non del Regno d’Italia.

Sarà più facile fare l’opposizione, non crede?

Lei crede? Di fronte a tanta rovina risulta perfino difficile fare opposizione.

Cosa prevede per il futuro del Paese?

Che saranno loro stessi a farsi da parte per manifesta incapacità. La coalizione di centrodestra è morta in culla la sera del 25 settembre

Oggi può dirci perché lei ha lasciato e in tempi non sospetti Silvio Berlusconi?

Le ripeto, francamente mi sono trovato molto a disagio nel vedere all’interno di Forza Italia il braccio armato di Salvini.

A chi pensava in particolare in quel momento?

Alla senatrice Licia Ronzulli.

Rieccola la Ronzulli. Conflitti interni dunque?

Assolutamente no, neanche per sogno. Ad un certo punto io non ho più visto in Forza Italia e quindi in Berlusconi quella indipendenza di giudizio politico che prima c’era e che oggi assolutamente non c’è più. Ma non ero il solo a pensarla così.

Abbiamo visto tutti in TV un Silvio Berlusconi molto stanco e molto diverso dal passato…

L’ho visto anch’io come lo hanno visto milioni di italiani. Fa quasi tenerezza a volte. L’uomo però a mio giudizio non riesce più ad essere lui il catalizzatore dentro Forza Italia.

In che senso lo dice?

Il catalizzatore e chi decide oggi in Forza Italia non è più Silvio Berlusconi. Ma sono altri.

È per questo che un giorno se ne è andato da Forza Italia, per giunta sbattendo anche la porta?

Forza Italia non rappresentava più il centro moderato, ma era diventata il braccio armato di Matteo Salvini. Salvini per me, ma non soltanto Salvini, insieme a Salvini ci metta anche anche la Meloni, per me è la destra del Paese. Che vuol dire, la negazione del centro.

Si è mai pentito di questo strappo con Berlusconi?

Come tutti i grandi amori che ad un certo punto finiscono, c’è sempre tanta malinconia in corpo e un pizzico di senso di solitudine per una storia che finisce.

Se Berlusconi domani la cercasse e le offrisse un incarico di Governo, lei cosa direbbe?

La rottura tra me e Silvio Berlusconi non è stata una frattura sul piano personale. È  stata una frattura sul piano della linea politica. Questo fa la differenza e proprio per questo lui sa che non potrà mai cercarmi per questo, e se lo facesse io non poteri mai accettare da lui nessuna offerta possibile.

Lei spesso dice anche che in Forza Italia è venuto meno ogni principio di democrazia

Le ha analizzato le liste di Forza Italia? La invito a farlo, se vuole l’aiuto io con tutti i dettagli del caso. Tutti quelli che in Forza Italia hanno trovato il coraggio di manifestare una propria indipendenza di pensiero e uno spirito di libera riflessione, e una capacità di analisi indipendente dagli schemi della villa di Arcore, sono stati cacciati via.

Me lo conferma onorevole Napoli?

No, le dico di più. Non cacciati via, ma buttati via. Nella mani ore peggiore di questo mondo. Senza pensarci su due volte. Storie politiche e umane calpestate e offese, mi creda.

Avevano dunque ragione la Carfagna e la Gelmini ?

La Carfagna e la Gelmini sono due donne impegnate in politica che non hanno mai recriminato nulla contro Berlusconi, anzi ne hanno sempre parlato e pensato bene, ma non potevano più rimanere in un partito in cui chi dava le linee politiche non era più Silvio Berlusconi, e non c’erano più quelle linee che Forza Italia aveva sempre portato avanti. Le direttive, le scelte, le indicazioni di Forza Italia sono diventate sempre di più linee di guida politica filo destra, intendo dire antiatlantiste, pro-Putin, tutta roba che non ci appartiene, che non fa parte della nostra storia e che non ha nulla a che fare con la Forza Italia della prima ora. Questo non tutti ancora hanno il coraggio di dirlo fino in fondo.

Verrà il momento in cui si dirà la verità fino in fondo?

Forse bisognerà aspettare l’addio di Berlusconi alla politica. A quel punto il giocattolo Forza Italia si disintegrerà completamente. Senza lasciare traccia alcuna.

On. Napoli che idea si è fatta di questa tornata elettorale appena conclusa?

Glielo ho già detto in passato prima del voto, e lo ripeto oggi. Zii e nipoti, mariti, mogli e quasi mogli, mogli e cugini e cognati: a scorrere le liste di destra e sinistra si ricavava l’idea netta di un’unica, grande parentopoli. L’idea folle di tagliare il numero dei parlamentari immaginando in questo modo di elevare la qualità del ceto politico è stata clamorosamente smentita. Con la sola eccezione di Azione e Italia Viva, non c’era una lista una che non avesse al suo interno, magari in collegi diversi, candidati fra loro imparentati. Le pare una cosa normale per un Paese che vuole definirsi civile?

Avrà visto anche lei l’emiciclo del Parlamento con tutte queste sedie vuote. 230 deputati in meno. Cosa comporta avere un Parlamento così ridotto?

Comporta due cose gravissime. La prima, ci sono interi territori senza una rappresentanza politica. Mi permetta di fare un esempio che non corrisponde alla realtà delle cose, ma forse mi aiuta a spiegarle meglio l’assurdità di questo sistema: pensiamo per un attimo alla Calabria dove Vibo valentia magari non avrà un deputato suo. Lo avrà Cosenza. Ma anche Cosenza potrebbe non avere un suo deputato, potrebbe averlo invece Reggio Calabria. Ci saranno insomma interi territori scoperti da una propria rappresentanza politica e questo significa che il cittadino che ha voglia di incontrare il parlamentare di riferimento territoriale sarà costretto a spostarsi da Cosenza a Reggio Calabria. In termini ipotetici è come dover andare da Torino a Verbania.

E la seconda cosa gravissima?

Bisognerà pensare a cambiare completamente i regolamenti parlamentari. Questo vuol dire che muterà completamente la fisionomia del Parlamento. Pensi soltanto alle Commissioni, che prima erano quindici, diciotto. Adesso quante saranno, come faranno a trattare tantissimi argomenti, e come potranno lavorare bene nell’interesse generale della vita del Paese?

Cosa serve oggi al Paese?

Un’opposizione durissima. La maggioranza di centrodestra non ha fatto niente fin qui per nascondere le proprie divisioni, generate tutte dalla spartizione del potere oltre che dalla mancanza di una comune visione strategica. A dispetto di ciò, il centrodestra può andare avanti a causa della confusione desolante che regna nell’opposizione, e nel Pd più che nel M5S. Gli appelli reiterati di Enrico Letta per un’opposizione unitaria sono figli di una grave cecità politica. Un’opposizione confusa e unitaria è quanto di meglio si augura la maggioranza per mimetizzare le proprie divisioni dietro l’inconcludenza radicale e massimalista. Ci sarà pure qualcuno nel Pd a riflettere che un’opposizione utilissima al Paese e dannosa per il centrodestra è quella che sa confrontarsi con fermezza e senza pregiudizi sul merito delle proposte del governo per correggerle, integrarle o contrastarle.

Basterà tutto questo?

Credo sia il modo più efficace per portare alla luce le contraddizioni insanabili del centrodestra: su questa strategia si può aprire un confronto utile anche fra le opposizioni.

*Osvaldo Napoli, una vita e una tradizione politica fuori dal comune, storia politica la sua di un leader vecchia maniera, con tanto cuore e tanta passione civile al servizio del Paese, e un fortissimo senso dello Stato. Suo fratello, Vito Napoli, era stato prima di lui sottosegretario di Stato alle Attività produttive, uomo chiave del gruppo di Forze Nuove che in seno alla DC faceva riferimento a Carlo Donatt Cattin. Osvaldo Napoli, classe 1944, nato a Torino, sindaco di Giaveno per quattro mandati, tra il 1985 e il 2004, nel 1994 aderisce a Forza Italia. Nel 2001 è deputato alla Camera nelle liste di Forza Italia nel collegio di Giaveno e riconfermato poi nel 2006. Viene rieletto alla Camera dei deputati nelle file del Popolo della Libertà durante la XVI Legislatura. Nel dicembre 2010 è Vicecapogruppo del PdL alla Camera. Nel febbraio 2013 si ricandida alla Camera dei deputati al sesto posto della lista PdL nella Circoscrizione Piemonte 1, ma il PDL ottiene soltanto tre seggi e lui rimane fuori dal Parlamento. Nel 2013, dopo lo scioglimento del PdL, aderisce alla nuova Forza Italia rifondata da Silvio Berlusconi. Eletto sindaco di Valgioiei nel 2009, nel 2011 diventa presidente facente funzioni dell’ANCI al posto di Sergio Chiamparino appena eletto sindaco di Torino. Nel maggio 2014 viene rieletto Sindaco di Valgioie, incarico dal quale si dimette nel maggio 2016 per candidarsi sindaco a Torino. Il 5 giugno 2016, alle elezioni comunali di Torino raccoglie il 5,31% che gli valgono l’elezione in Consiglio Comunale. Dal 17 marzo 2022, dopo aver lasciato il gruppo parlamentare di Coraggio Italia, aderisce alla componente parlamentare del gruppo misto di Azione di Carlo Calenda.

 

Pino Nano Giornalista. Già caporedattore centrale Rai

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