Lettura, una preziosa guida per “comprendere e conoscersi”

Un impegnativo saggio di Carlo Alberto Augieri, tra ermeneutica, letture bibliche e letterarie

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“Cosa accade dentro la coscienza dell’io che legge”?

Basterebbe già questa domanda per sentirsi di colpo proiettati nel magico mondo dei libri e della conoscenza.

Ma non facciamo in tempo a riaverci da questa scossa interrogativa che ci viene posto un altro quesito: “Può il modo, la forma, dell’atto di lettura influenzare l’identità più intima del soggetto, modellata non tanto dal contenuto del testo, ma da COME lo si legge?” (il corsivo è mio, NdR)

Carlo Alberto Augieri, Professore ordinario di Critica del testo, Università del Salento, pone queste due domande, tra tante altre, nel saggio Modi di lettura e risposte d’identità. Comprendere Credere Conoscersi, Edizioni Milella, Pagine 166, nella collana Teologia in Dialogo che, come si afferma nella seconda di copertina, “intende aprire la Teologia alle altre forme contemporanee dei saperi, umanistici e scientifici. Per un dialogo interdisciplinare, e in dialogo anche con le altre culture, con le differenti esperienze dei vissuti meditativi.  Insomma, Teologia plurale, moltiplicativa oltre che molteplice, entro cui l’intelligenza del pensiero chiede al cuore le ragioni del trascendere e dell’infinito cor-rispondere”.

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Un libro che sfugge alle definizioni, questo volume di Augieri.

In fondo, che necessità c’è di definire una materia come la lettura che, per definizione questo sì, sfugge alle delimitazioni, ai confinamenti, ai paletti che sono i segni tipici delle definizioni e quindi delle “chiusure” del testo?

Rifuggendo dunque da qualsiasi tentazione definitoria, cerchiamo di dire quello che c’è in questo libro, un denso saggio dal lessico impegnativo, a volte vertiginoso e in taluni passaggi impervio a una prima lettura, che richiede e merita un passo lento e meditativo.

C’è anzitutto una GRANDE IDEA della lettura.

C’è una gnoseologia, una metodologia, un’etica, una fenomenologia della lettura. Una visione della lettura come magia creativa e conoscitiva nell’incontro suggestivo tra lettore e autore. Del lettore che diventa, può diventare, leggendo, autore egli stesso. Poi vedremo perché.

Il libro di Augieri ha diversi piani, nel senso di un ascensore mentale, diversi livelli di analisi e di lettura. Non è di quelli, per intenderci, che si possa leggere così, in treno, o nell’intervallo, in una pausa caffè,  ma richiede una immedesimazione, uno speciale  “colloquio” lettore- autore.

Non stupisce dunque che per Augieri la lettura abbia un valore primario, una portata germinativa, una prospettiva di autosviluppo. La lettura – questo è il filo, anzi uno dei fili, che lega i densi capitoli del libro-  è un incontro di autocoscienza, con se stessi e con l’autore.

È  un atto conoscitivo del soggetto lettore che entra in contatto con un testo, con le parole e il messaggio del libro;  ma leggendo, il lettore oltre a incontrare,  crea egli stesso parole,  immagini, concetti, pensieri, che non sono nel testo che legge.

In un certo senso il lettore creando queste “nuove” parole è come se le scrivesse; quindi abbiamo un fenomeno per cui la lettura può diventare scrittura (a questo proposito c’è un’ampia citazione di Proust).

Ma seguiamo l’autore che, lo diciamo scherzosamente, sembra divertirsi a un certo punto, variando lessico e termini, a complicarci  il gioco, e riportiamo le sue stesse parole che ci ribadiscono il concetto con vocaboli  altrettanto densi, e a volte con dei neologismi: la lettura è un’avventura conoscitiva in nuovi spazi aperti che possono ben essere anche gli spazi  vuoti che ci sono tra le righe. (Infatti, non si dice anche, nel linguaggio comune: leggere tra le righe?)

Leggere è un atto compiuto  in solitudine, nella solitudine della coscienza, e questa è un’altra idea-forza del discorso dell’autore.

Quel che colpisce, di questo libro, è la dimensione di alta responsabilità – gnoseologica, ermeneutica ed etica –  che viene caricata sulle spalle del lettore. E se pensiamo a quanta considerazione Augieri ha per la quasi sacralità della lettura, fanno sorridere quei lettori che si vantano di aver divorato un libro in mezza giornata o addirittura in poche ore. E appae ancora più ridicola la pratica della cosiddetta “lettura veloce”, su cui Woody Allen con una fulminante battuta ha posto una pietra tombale: “Ho letto Guerra e Pace in 20 minuti. L’unica cosa che mi ricordo è che si svolge in Russia”.

Che cosa è dunque la lettura?

È un incontro, una provocazione anche, un atto conoscitivo

L’autore di un testo – sottolinea Augieri – non enuncia, incita. La lettura suscita interrogazioni nel lettore a cui l’autore, oltre a quello che ha detto nel testo, non può rispondere; e quindi il lavoro ricade sul lettore, che deve a sua volta cercare e creare la risposta.

Il concetto di oltrepassamento.

Il lettore legge il testo nella solitudine della sua coscienza, ma poi lo oltrepassa. E il lettore oltrepassando il testo diventa lui stesso qualcosa di diverso da quello di prima perché nel frattempo, nel corso della lettura, si è nutrito di parole apprese e poi si pone altri interrogativi, altre esigenze conoscitive.

C’è quindi, nel lettore, un bisogno creativo di non “chiudere” il testo ma di proseguirlo altrove, anche con altra scrittura e con altro autore.

In questo modo la forma della lettura diventa “metafora della vita autocosciente stessa, ricerca da parte di un personaggio – lettore di parole in funzione di autore, riconosciute in un libro ‘incontrato'”.

In questo incontro il lettore si fa  quindi autore.

Con questa visione metodologica Augieri applica la sua implacabile analisi ermeneutica a testi biblici, cominciando dallo ‘’scacco ermeneutico’’ di Mosé  che sul Monte Sinai non coglie il significato del roveto che arde ma non si consuma,  mentre attende che Dio gli parli e gli affidi le tavole della Legge;  e proseguendo con il Libro di Giobbe,  il  “modo di parlare” di Gesù, e “come leggeva” Agostino d’Ippona.

Seguendo il metodo delle variazioni musicali sul tema, e quasi un procedere tipico della sinfonia,  elementi e analisi sembrano riproporsi e ripetersi ma solo apparentemente: di fatto si arricchiscono e si “complicano” in una prospettiva ogni volta più larga.

Un saggio di questo tipo non si riassume come se fosse un romanzo, si possono dare però alcune linee del percorso analitico che si dipana come un gomitolo lungo i vari capitoli.

Una sfida, un appello al lettore a cimentarsi.

Starà poi al lettore accogliere quella che a me pare di intravedere, non come intenzione dichiarata dell’autore ma come risultato di fatto, una specie di sfida al lettore, per una “visione nuova e più ricca” della pratica di lettura.

Forse sfida non è parola appropriata, conoscendo la mitezza dell’approccio e la stessa personalità dell’autore; direi allora un appello, un forte invito a cimentarsi nella visione della lettura proposta da questo libro, a dar vita a una fruttuosa dialettica lettore-autore.

In altri termini – ci viene spontanea questa immagine – è come se Augieri abbia predisposto una sofisticata macchina ermeneutica dotata di leve e comandi, frecce direzionali e luci per illuminare il percorso, e il lettore sia chiamato a salire a bordo e fare la sua parte.

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Alcuni cenni sommari, solo per dare un’idea, di come Augieri ha interpretato testi biblici secondo le chiavi ermeneutiche che sa maneggiare con maestria.

Il Libro di Giobbe, tragico personaggio –simbolo delle sventure che si possano abbattere su un essere umano : il suo lamento, scrive Augieri, non è ricerca di consolazione, ma rivolta, in cui si esprimono il desiderio e la richiesta non di umiliarsi, ma di cercare un confronto “faccia a faccia” con Dio, che si vorrebbe non come Colui che mostra la sua forza, la sua onnipotenza nei confronti del richiedente, ma che gli offre il semplice, partecipe ascolto.

“Giobbe diventa qui un personaggio prototipo, precursore dei personaggi emblematici di Kafka, che domandano il giudizio, l’accesso al tribunale: il soggetto biblico chiede dove trovare Dio per essere ascoltato ‘alla pari’, senza una posizione verticistica e di onnipotenza: la coscienza interiore, insomma, non sa cosa farsene dell’onnipotenza di Dio, desidera e pretende solo l’ascolto di Lui. A Dio onnipotente subentra, nel lamento- rivolta di Giobbe, un Dio uditore, secondo un rapporto dialogico di oralità, e di scrittura, tra il Creatore e la sua creatura”.

Alla fine nel libro di Giobbe “Dio diventa un Personaggio che risponde al personaggio –uomo, il quale chiede, invocando la parola responsiva più della stessa guarigione”.

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Altro tema: come parlava Gesù? 

Gesù comunica con la parola e si esprime con il “suo oltre”, la non verbalità del gesto e dello sguardo.

“In questo uso semanticamente ‘trinitario’ della parola, dello sguardo e delle mani Gesù avvicina, de-verticalizzando, il cielo al particolare terreno; distribuisce il sacro nell’orizzontalità del rivolgersi  alla sua contigua comunità”.

“Egli non parla nei luoghi del potere, non al chiuso, nel non recinto,, né recintato dentro nessun confine’’. Parlava nelle strade nelle spiagge.  E a proposito di non-confine, il linguaggio di Gesù si ispira a una logica senza frontiere, e usando la retorica della somiglianza e dell’analogia abbatte le differenze, la contrarietà, la distinzione, la separazione, le ‘gabbie’ logiche”.

“La rivoluzione del linguaggio di Gesù consiste nel fondare e porre la somiglianza come logica oltrepassante ogni pensiero della differenza confinante  fino all’opposizione”. Da qui Augieri arriva a proporre, con le parole di Gesù, “una teologia della somiglianza con cui ‘parabolare’ la storia, cioè narrare il ‘minuscolo’ della storia come simile al ‘’maiuscolo’’ della grande storia, entrambi finalizzati a significarsi come semi per un futuro etico caratterizzato dal senza confine  e dal senza frontiere”.

Gesù “destruttura la dissomiglianza, facendo affiorare dal suo contrario la logica del simile, le cui conseguenze  antropologiche e culturali sono permanentemente  rivoluzionarie oggi come ieri, fino a quando l’uomo guarda l’altro uomo con la visione confinativa entro cui scorge nemici, barbari, selvaggi, incivili, schiavi, pazzi, uguali nella logica del mercato, omologati e uniformi nel senza logica della globalizzazione non glocale”.

Un esercizio di bravura ermeneutica è poi l’analisi di Sant’Agostino lettore, quale emerge dalle Confessioni.

L’autore  le definisce un “romanzo  di formazione” o, ispirandosi a Bachtin, un “romanzo di peregrinazioni”. E qui si coglie che Agostino è tra le fonti di ispirazione di Augieri. Bastano già queste parole per mostrarlo: “Attraverso l’autore ‘in dialogo’ con il lettore, la parola testuale si fa ‘seme’: acquista la potenzialità e la possibilità di una semantica germinativa, permettendosi, di conseguenza, di crescere e di moltiplicarsi… Il lettore è chi partecipa alla moltiplicazione significante della parola seminale: a patto, però, che ascolti e si lasci ‘suggerire’ dall’autore, che è la voce parlante. “L’ideale agostiniano di una ermeneutica del lettore ‘come’ autore è stato forse realizzato da Rousseau”, ipotizza Augieri.

Non possiamo infine trascurare un capitolo dedicato al sacrificio dei martiri otrantini.

Augieri ne propone una lettura interpretativa, secondo la quale Otranto del 1480 diventa una “retrospettiva di senso nei confronti del tempo presente”.

A questo evento che fece epoca, l’autore riserva uno “sguardo ermeneutico bi-prospettico della storia con cui costruire una ‘comunione’ interpretativa tra passato e presente, al fine di partecipare ad una intesa tra noi di ‘ora’ ed essi di ‘allora’, uomini resi vittime a causa di un’invasione, di un’occupazione, di una conquista: resi martiri a motivo di un loro ‘modo’ di morire, anzi di un loro stile ‘ volontario’ di ‘voler’ morire”.

Questo è un esempio ulteriore di come l’ermeneutica riesca a “leggere” – verbo più che mai appropriato in questi casi –  la vita, la storia, le vicende umane e divine.

Infine un auspicio: dopo il libro dedicato al “versante della lettura”, forse il professor Augieri, se non ci sta già pensando, potrebbe scrivere un libro “sul versante” della scrittura.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale       

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