“Combattiamo per difendere le famiglie e Dio”. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dopo “l’io sono Cristiana” urlato al comizio dell’estrema destra spagnola, richiama il Padre Eterno nell’incontro con l’ungherese Viktor Orban. Giuseppe Conte, leader del movimento Cinque stelle, replica che ‘Dio si difende da solo’. La divinità irrompe nel dibattito politico, contesa tra una destra conservatrice e una sinistra progressista. Tra spirito di crociata e cristianesimo rivoluzionario, tra identità e cambiamento si annida la domanda che è insieme politica e religiosa: il dio di chi?
Lo scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle, nel romanzo Gilles, descrive un anarchico che durante la guerra civile spagnola finisce per combattere dalla parte dei falangisti mirando con il fucile nella direzione delle linee repubblicane. Il protagonista afferma: “Devo difendere Dio, il dio delle Cattedrali, un Dio bianco, figlio di re”.
È l’immagine della verticalità che, spiega lo storico Franco Cardini nel libro Destra e sinistra, è attributo del dio della destra: un dio che nulla ha di umano, lontano dalla sostanza del Cristianesimo, un dio giudice, un dio re, un dio sovrano. Cardini cita il pamphlet del giornalista Giano Accame, dal titolo ‘Dio è fascista’, e passa alla descrizione: il Dio della destra si incarna nel senso della tradizione, della gerarchia e della disciplina. La divinità, che non è corpo ma spirito, e che nulla ha di un padre, non esige dall’uomo il bene: vuole fedeltà. È il dio, canta Fabrizio De Andrè, adorato da chi conosce a memoria il diritto divino ma scorda sempre il perdono.
Il dio della sinistra, al contrario, afferma il giornalista Gad Lerner, non abita il cielo ma la terra: è Cristo che si è fatto uomo per noi e ha come attributo l’orizzontalità. È il Dio dell’accoglienza, non delle crociate, che ama disertare le cattedrali e preferisce vivere ‘nel mondo che faremo’ (copyright Nomadi in Dio è morto). Dio è un messia collettivo che sta dalla parte dell’umanità sofferente: è un dio che non esige fedeltà, vuole il bene. Il Padre Eterno della destra ha la bellezza triste del capitano della guardia di ferro, Corneliu Zelea Codreanu: un mistico capace, per un verso, di avvelenare la Romania con massicce dosi di antisemitismo, per l’altro, di accettare il martirio in carcere con calma ascetica. “Non aveva nessuna idea dei soldi. Sua moglie doveva sottrargli di nascosto il denaro, quando ce n’era, per impedirgli di farne dono ai poveri e agli amici, che erano poveri anch’essi”, scrive Indro Montanelli che lo ha conosciuto e intervistato.
La divinità della sinistra ha il sorriso radioso di Camilo Torres: il sacerdote guerrigliero, ispiratore della Teologia della liberazione, che muore con il mitra in mano nell’Esercito di liberazione nazionale combattendo contro il regime colombiano. “Se Gesù fosse vivo, sarebbe nella guerriglia”, proclama. L’uomo, mortale e al di sotto di Dio, ha da sempre la tentazione di tirarlo giù dal Paradiso e farlo parteggiare in beghe fin troppo umane. La voce e la mimica di Giorgio Gaber ironizzano in versi: “Ultimamente il Papa è un po’ a sinistra. È il demonio che è andato a destra”. Nel settembre del 1946 il democristiano Giorgio La Pira propone in Assemblea costituente di inserire all’inizio della Carta Costituzionale la formula: “In nome di Dio il popolo si dà la presente costituzione”. Francesco Saverio Nitti, l’ex presidente del Consiglio dell’Italia liberale, si rivolge a laici e credenti: “Iddio è troppo grande, Iddio è al di sopra di tutte le cose: perché dovremmo dividerci sul nome di Dio?”.
Il comunista Concetto Marchesi invita l’Assemblea ad astenersi dal mettere la Divinità ai voti: “Dio è nel mistero del mondo e delle anime umane: questo supremo mistero non può essere risoluto in un articolo della Costituzione che riguarda tutti i cittadini: quelli che credono, quelli che non credono, quelli che crederanno”. Il latinista, che Italo Calvino definisce “il più solitario e pessimista di tutti i comunisti”, lancia l’appello a non lasciare in mano ai soli marxisti il controllo sul rispetto del secondo comandamento: “Non nominare il nome di Dio invano”. La Pira, il futuro sindaco di Firenze dalla parte dei bisogni della povera gente, vuole evitare il germe diabolico delle divisioni e ritira la proposta. La laicità, da prerogativa esclusiva di sinistre, liberali e azionisti, diventa un valore condiviso da tutti: quelli che credono, quelli che non credono, quelli che crederanno.
Andrea Persili – Giornalista