Ho sentito su Radio Radicale. La trasmissione Media e Dintorni
con Eduardo Fleischner, di domenica 1 maggio, dedicata alla
lenta e inesorabile penetrazione dell’intelligenza artificiale, nella
nostra vita individuale e sociale, aggiungendo la specificità di quanto
è intorno a noi, come atmosfera e avvolgente nuvola genetica e quanto
si sta gia instaurando dentro di noi, in tutti i nostri organi, partendo
da microcip, che possono essere impiantati nel nostro cervello, ampliandone
conoscenza, possibilità connettiva, intuizioni, modifiche emozionali e fantastiche.
Si tratta di un entusiasmante ed inquietante prologo ad un ragionamento
che ci può portare molto lontano, e mette già adesso, in questione, i rapporti
tra natura e artificio, svegliando entusiasmi dei soliti integrati e allarmi
sconvolti, degli apocalittici, che si assommano a terrapiattisti, complottisti
facendo un complesso di azioni e reazioni, comprensibili, ma termometro
di come la vittoria dell’intelligenza ( toutcourt ) sul pregiudizio e sulla
pigrizia mentale, sia tuttaltro che raggiunta e consolidata. D’altra parte
le condotte virali dei social, hanno scatenato tutta una sottocultura,
aggressiva e reazionaria, che quella della vecchia Vandea, sembra essere una
ricordo all’acqua di rose. Una delle domante porte a Fleischner verteva
sulla possibilità che l’intelligenza artificiale, se adeguatamente attrezzata, possa
essere in grado di fare un’opera d’arte. E apriti cielo, no! No! Si tratta di capire
che cosa si chiede ad un opera d’arte, che nella nostra modernità, declinata
in postmodernità, iper modernità e alter modernità che sono i nomi
scientifici di quella che è malintesa come contemporaneità (che come ci hanno
insegnato Croce, Goethe, Bergson) non è una succedanea della modernità
più vicina a noi, ma una acronia, una affinità elettiva. Se le si chiede estrosità,
spettacolarità, allora la risposta è positiva. Se le si chiede emozionalità, complessità,
allora la risposta è negativa. La compenetrazione futura tra il nostro cervello
e l’intelligenza artificiale, genererà un Tertium, su cui oggi è difficile dire qualche
cosa di fondato, che è un discorso aperto, fantascientifico per quanto si vuole, ma del
tutto ineluttabile. La via di integrazione e di evoluzione naturale e artificio della
tecnica è già iscritta nel novum organum di Francesco Bacone, negli azzardi
di Giordano Bruno, nelle visioni di Galileo Galilei, nelle comparazioni di Darwin.
Oggi l’opera d’arte è umana, e per ora ci piace così. Domani vedremo…!
Francesco Gallo Mazzeo – Professore di Storia dell’Arte nell’Accademia di Belle Arti, saggista