Oramai è chiaro che quel che resta di questa bizzarra campagna elettorale- ritorno amaro dal mare e tiggì- s’arrotola intorno al famoso messaggio del segretario di Stato americano Antony Blinken alle ambasciate e consolati USA nel mondo.
È l’affaire, valutato in 300 milioni di dollari americani come minimo, dell’intervento russo, a partire dal 2014, a sostegno di partiti “amici” agenti nella politica di paesi europei, africani e asiatici. Insomma: in piena coerenza con lo stile dell’antica disinformatzya sovietica, che ha nutrito le nuove generazioni di hacker putiniani, il sostegno numismatico ai partiti amici di mezzo mondo, come al tempo della Guerra Fredda, avrebbe avuto il doppio intento di tenersi stretti gli amici del cuore, spesso oppositori dei governi in carica ma domani chissà, e, attraverso loro, anche di raccontare favole sulla Russia, rappresentata come un paradiso di democrazia e di virtù.
Naturalmente non sono stati fatti i nomi degli Stati sovrani interessati e, ovviamente, men che meno quelli dei partiti politici percettori delle regalie. Ma il segretario di Stato ha fatto sapere, con fare larvatamente sibillino, che queste informazioni, tutte di fonte CIA, sarebbero state somministrate attraverso la diplomazia americana ai governi interessati. Da cui le frettolose rassicurazioni del presidente del Copasir (“allo stato dell’arte non risulta niente che riguardi i nostri partiti ”) citando i Servizi italiani, e le sdegnate excusatio di qualche storico “non antipatizzante” di Putin.
Manca una manciata di giorni al voto e sono quelli decisivi. Se, come ha già detto, la segreteria di Stato americana procedesse nelle prossime ore alla diffusione delle informazioni riservate presso le ambasciate USA dei Paesi colpiti dalle indebite ingerenze russe, e tra questi dovesse essere coinvolto il nostro, c’è da giurare che sarebbe difficile impedire fughe di notizie, estratti di documenti top secret, gole profonde in azione e quant’altro, in una operazione che potrebbe avere un’influenza importante sulle sorti elettorali.
Il voto da anni ormai non si presenta più in Italia come un gesto di coerenza identitaria, una testimonianza di appartenenza ad una visione ideologica, ad una bandiera. Perché bandiere, ideologie, visioni non se ne vedono più in giro e allora la scelta dell’elettore che va a votare (sempre più sparuto) diventa una scelta “emozionale”, dunque fluttuante e mutevole, per cui c’è un gran turnover di partiti e di consensi, passando dalla maggioranza assoluta al minimo consentito per ottenere qualche seggio.
In questo turbinìo di umori piuttosto che di razionalità, basta poco per mandare a carte quarantotto un’opinione. Se quel poco, poi, è condito da danari ed ha a che fare con potenze straniere, oggi protagoniste dell’azione bellica d’invasione di uno Stato sovrano, può buttare a gambe all’aria l’aspettativa “giuliva” di vittorie già in tasca.
È quello che potrebbe accadere in Italia per qualche formazione politica notoriamente “non antipatizzante” nei confronti della Russia di Putin? Francamente non crediamo che nei prossimi giorni potrebbe verificarsi la disclosure dei nomi (dei paesi coinvolti) e cognomi (dei capi partito percettori) da parte di Blinken. Né in via diretta, né in via traversa, attraverso rumors fatti trapelare in qualche modo.
A ben vedere, se ciò accedesse sarebbe come un’ingerenza nella campagna elettorale seppure a canone inverso, e gli americani non lo faranno. Anche perché l’obiettivo che dovevano raggiungere, quello del warning a qualcuno tra i nuovi candidati alla vittoria elettorale, e quindi al governo, l’hanno già messo in tasca: sarà difficile per chiunque adesso mostrarsi troppo morbido con i russi.
No, non credo proprio che circoleranno nomi e cognomi. Piuttosto ci sarà la conferma del principio, sempre valido in politica, dell’eterogenesi dei fini: quando progetti qualcosa per danneggiare gli avversari (in questo caso Putin con il finanziamento “anti-occidentale”), stai tranquillo che quel qualcosa ti si ritorcerà contro: ove mai ci fossero stati amici dei russi in Italia, adesso dovranno dichiararsi più filo-ucraini di Zelenzky per fugare i sospetti!
Pino Pisicchio – Professore Ordinario di Diritto pubblico comparato, Deputato in numerose legislature