Molti cristiani si segnano quando vedono le bandiere nere al vento, confondendo l’anarchia con il disordine e il caos. Troppi discepoli di Bakunin continuano a considerare Dio alla stregua di un “padrone o di un sovrano assoluto”, dimenticando che Gesù Cristo – dopo essere scampato in tenera età all’uccisione per ordine di Re Erode – è stato mandato a morte proprio da un’inedita alleanza tra Trono e Altare: Ponzio Pilato e il Sinedrio.
È possibile essere cristiani e anarchici? Contro la vulgata dell’assoluta inconciliabilità, il teologo protestante Jacques Ellul sostiene – in un agile libretto dal titolo “Anarchia e cristianesimo” – che un fedele può camminare con la Signora Libertà e la signorina Anarchia senza per questo rinnegare Cristo.
Mescolando teologia e filosofia, Ellul, che è anche sociologo, prende per mano il lettore e lo accompagna in un cammino lungo più di duemila anni: una storia fatta di libertà e per la libertà.
Ellul non è uno di quelli autori che si mette in testa di conciliare il diavolo e l’acqua Santa. È un pastore di una Chiesa riformata che cerca e trova nella Bibbia le sue risposte. Non è vero, tanto per rimanere alle basi, che nell’Antico Testamento si trovi la consacrazione del principio d’autorità.
È chiaro semmai- spiega il filosofo – che di fronte a ogni re d’Israele si erge un profeta, quasi sempre severo critico dell’azione monarchica. Questi uomini vengono a criticare in nome di Dio la politica dei re e spesso vengono espulsi, costretti a fuggire, imprigionati, minacciati di morte: proprio come i sovversivi.
C’è poi che in quella pepita di libro biblico che prende il nome di Ecclesiaste, la critica – lungi dal mettere sotto accusa questo o quell’aspetto del potere – finisce per abbracciarne radicalmente l’essenza. “Solo vanità, è come inseguire il vento”, si legge. E ancora: “Il luogo sotto il sole, dove al posto del diritto c’è l’iniquità e al posto della giustizia c’è l’empietà”. Sino a scavare nel mondezzaio più profondo dell’anima: “L’uomo domina sull’altro uomo per renderlo infelice”.
Da raffinato giurista Ellul è bravo a non eludere quei passi più ostici del Vangelo che sembrano mostrare un Cristo tollerante con il potere, ma anzi a fare emergere la veemenza con cui Gesù resiste alle tentazione del Diavolo che offre al figlio di Dio, in cambio di un atto di sottomissione, il dominio su tutti i regni della terra (di cui il maligno è dunque in totale sovranità).
“Date a Cesare quel che è di Cesare e date a Dio quel che è di Dio”, non è allora l’unzione sacra del potere assoluto dell’imperatore ma un limite grande quanto il Creatore alla sfera di signoria dello Stato.
Dove non c’è il segno di Cesare – come nelle monete – lì c’è il segno di Dio. Lo Stato non ha diritto di vita e di morte, lo Stato non può mandare gli uomini in guerra, lo Stato non ha diritto di devastare un Paese.
La vita appartiene all’Altissimo: il fondamento dell’obiezione di coscienza è tutto qua. Una storia millenaria in direzione ostinata e contraria dalla parte degli ultimi che muove da Fra Dolcino e Francesco d’Assisi, passa per Felicité de Lamennais e giunge ai giorni nostri: alla Teologia della Liberazione, ai preti di strada, a Don Gallo.
Rifiutando tanto l’impotenza elettorale che l’arroganza armata – il cuore del Vangelo è l’amore e non si scappa- un cristiano può trovarsi fianco a fianco con i seguaci di Bakunin proprio nella resistenza civile contro tutte le imposizioni incivili.
Secondo Ellul non tocca spaccare vetrine, ma neanche diventare così sciocchi “da non riuscire a più capire che non ci sono poteri buoni” (copyright De Andrè): basta svelare a tutti le menzogne dei media, manifestare contro gli abusi del potere e studiare azioni giudiziarie contro quei grandi progetti utili al Capitale ma inutili per la collettività: insieme. “Se un contribuente rifiuta di pagare le tasse, non ci sarà alcun problema visto che avrà la casa pignorata. Se ventimila contribuenti si accordano in vista di un’azione comune metteranno lo Stato in una situazione difficile”, esemplifica il pastore protestante.
Alla fine della lotta – se non l’utopia della meta di una società senza Stati – rimane la verità della strada: la conquista di nuovi spazi di libertà.
Da vero protestante nato con il gusto per l’agone intellettuale, Ellul non si accontenta dei Santi ma mette in riga pure i fanti della A cerchiata. Si lancia dall’altra parte della barricata questa volta per denunciare i pregiudizi degli anarchici nei confronti del cristianesimo: materia incandescente se si pensa che da quelle parti ancora girano manifesti con scritto “Né Dio né padrone”.
Per molti libertari il Dio della verità negherebbe radicalmente all’uomo la possibilità di essere libero. Per Ellul invece è l’esatto opposto. Lungi da dogmi, obblighi e dottrine sclerotiche, la verità del cristianesimo consiste in un atto di fede in una persona: Gesù Cristo morto in croce per la salvezza dell’umanità.
Per essere vero cristiano, non bisogna rispettare un codice: tocca lasciare tutto, seguire Gesù e vivere a sua imitazione.
Non si può, spiega Ellul, costringere qualcuno a dare fiducia a una persona di cui diffida. San Paolo – già preoccupato di quanto il fan club avrebbe potuto fare in nome del Dio della misericordia – disse: “Seguite la verità nell’amore”.
Regge assai poco anche la critica per cui Dio – giacché onnipotente – si comporterebbe verso l’uomo come un padrone nei confronti di uno schiavo. È vero semmai il contrario: il Dio dei cristiani – che è puro Amore – ha autolimitato la sua onnipotenza donando il bene più prezioso che un anarchico possa desiderare: il libero arbitrio.
E si capisce, con la forza puoi ottenere rispetto e sottomissione: mai amore, e Dio ha creato l’uomo per esserne amato.
Gli anarchici potranno pure dire “né Dio né padrone”, ma non possono affermare – a meno di non sembrare stupidi o luciferini – “né Amore né padrone”.
Più calzante è l’attacco che i seguaci di Bakunin sferrano a una Chiesa che ha finito per servire la religione del potere anziché il potere della religione.
Nessuno – a parte qualche nostalgico della battaglia di Lepanto – può negare la blasfemia delle crociate, delle conversioni forzate, dell’Inquisizione.
C’è però il fatto che l’alleanza tra Trono e Altare – che da Costantino in poi ha infestato la storia della Chiesa – è roba di religione, mica di fede.
Per ogni vescovo che ha ordinato a una contadina di accettare in pace gli abusi del re in quanto unto del Signore, ci sono stati centinaia di parroci morti per aver difeso gli ultimi contro le angherie dei più potenti proprio in nome della Santa Croce.
Che la vera Chiesa (militante) – spiega Ellul – sia quella dei missionari e non delle alte gerarchie ecclesiastiche non lo dicono i teologi della Liberazione: basta comprendere il senso della parola ministero alla luce del Vangelo.
Il libro è un manuale di sopravvivenza per chi, pure credente, non si rassegna all’idea di dare in appalto ai conservatori la difesa della profonda umanità del cristianesimo.
Andrea Persili – Giornalista