Dacia Maraini: la scuola è stata dissacrata negli ultimi decenni e ne paghiamo le conseguenze. Vorrei una donna al Quirinale ma alla fine come al solito vincerà un uomo

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Intervista alla scrittrice sui temi della letteratura, della violenza sulle donne, sul maschilismo perdurante nella società, sul ruolo dell’intellettuale, su alcuni pregiudizi e luoghi comuni di una cultura patriarcale duri a morire e a cui indulgono anche le donne. Alcuni consigli ai giovani scrittori.

Lei è una delle più importanti, e delle più lette, scrittrici italiane. Perciò è importante conoscere il suo punto di vista: che funzione può svolgere la letteratura  nel nostro tempo?

La letteratura non può cambiare il mondo, ma può cambiare le persone, creando coscienza e consapevolezza. Lo può fare sviluppando l’immaginazione che è il motore più importante del nostro corpo. L’immaginazione aiuta a capire le ragioni degli altri, i dolori e i sogni degli altri  e questo aiuta a cambiare il mondo, se non altro a migliorarlo. Si chiama anche etica ed è una costruzione nobile, bellissima, tutta umana, ma che purtroppo si  perde troppo spesso di vista. 

Nei suoi romanzi ha dato vita a numerosi personaggi: c’è un personaggio a cui è particolarmente affezionata?

No, sono sempre gli ultimi, che mi hanno tenuto compagnia per il tempo della scrittura del libro, a cui sono più affezionata, a essere i preferiti.

Oggi c’è una diffusa tendenza a scrivere, a scrivere libri.  Quali consigli darebbe a un giovane scrittore?

Prima di tutto gli direi di leggere. Ma non un libro ogni due mesi, come succede a molti, ma in continuazione. Come il pesce dentro il suo mare, uno scrittore deve stare immerso nell’acqua della scrittura altrui. La lettura dei grandi classici, ma anche dei suoi contemporanei, gli servirà per costruire una propria scrittura originale e unica.

Il suo impegno per le pari opportunità è noto e costante. La cultura femminista ha dato un impulso forte a un riequilibrio tra uomini e donne rispetto alla gestione del potere. Quali sono gli obiettivi finora non raggiunti secondo Lei?

Purtroppo le conquiste non avvengono una volta per sempre. La storia ci insegna che i diritti civili si possono guadagnare e perdere. Insomma il progresso ha un andamento sinusoidale, va avanti e indietro, procede, si interrompe, magari per esplodere dopo anni  improvvisamente inaspettato. Lascia sempre delle tracce, ma a volte non fa tesoro neanche delle esperienze  del passato. In questo momento c’è una tendenza a tornare indietro rispetto alle conquiste di dignità e autonomia delle donne. Un segnale grave e pericoloso è l’aumento della violenza giovanile maschile. Gruppi di ragazzi, lo racconta la cronaca, tendono a sequestrare, infierire sul corpo femminile. Di questi giorni i fatti del Capodanno a Milano. Ma non vorrei che si equivocasse: la brutalità non riguarda gli stranieri. Si registrano  continuamente casi di ragazzi italiani che fanno la stessa cosa, e la cronaca lo conferma. Tutto quello che viene dai giovanissimi è allarmante. Sono punte di un iceberg che viaggia sotto le acque della convivenza sociale.  

Il movimento femminista, dicevamo, ha avuto grandi meriti. Ma crede che ci siano delle esagerazioni sul versante del politically correct, sulle tematiche di genere, anche dal punto di vista linguistico?

 Ci sono sempre esagerazioni e fanatismi nei movimenti di protesta. Ma le intolleranze delle donne direi che sono spesso comprensibili. Se si pensa che la grammatica, ovvero il codice linguistico con cui ci esprimiamo, è tutto androcentrico. Il maschile nella nostra grammatica è universale, il femminile particolare. Se dico Uomo io includo anche le donne, se dico Donna non includo il genere maschile. Per questo credo che sia importante usare i femminili nelle professioni che addirittura non hanno mai avuti il femminile, come ingegnere, architetto, medico ecc.  

Si parla del pericolo della “cancel culture”. Debbono preoccupare questi tentativi, quali rischi intravede?

Come ho detto, tutto quello che eccede dal buon senso può rivoltarsi contro, ma non bisogna diventare intolleranti verso l’intolleranza, altrimenti si cade nello stesso errore.

Lei nei suoi scritti e nei suoi interventi dedica una particolare attenzione alla scuola. Quali sono, secondo lei, se ci sono,  le cose che non funzionano nella scuola italiana, nella formazione delle nuove generazioni?

Non funziona la dissacrazione che è stata fatta della scuola negli ultimi decenni. Oggi ne paghiamo le conseguenze. La scuola deve essere centrale per una società civile, rappresenta il futuro e sulla scuola uno Stato dovrebbe investire e investire, invece finora si è solo tagliato. Nonostante questo c’è una rete di insegnanti coraggiosi e motivati che mantengono la scuola in piedi e penso che dovremmo essere loro grati. 

Come scrittrice, cosa pensa dei social? Ne fa uso? Che aiuto possono dare alla letteratura?

Sto alla larga dai social. Non mi piace il linguaggio che adoperano. Non mi piace la pratica dell’anonimato, che è vile  e spregevole.

Come se la cava con la lettura digitale? O preferisce il libro, il giornale cartaceo?

Uso il digitale solo quando sono in viaggio e non posso portarmi dietro i libri che vorrei. I libri pesano, e in un tablet posso portarmi dietro cento volumi. Ma quando sono a casa preferisco il cartaceo. La carta è organica e più vicina al corpo umano. 

Per finire: lei è una scrittrice, è una intellettuale. Quale pensa debba essere oggi, nel nostro tempo, il ruolo degli intellettuali?

Quello che ho detto prima: creare consapevolezza e responsabilità attraverso il racconto  del mondo .

Lei ha detto di recente: della pandemia si scrive tanto, saggi, libri, ma per il romanzo ci vuole tempo, distanziamento. Crede che lo avremo un romanzo che  racconti una storia nella cornice pandemica, come fece Manzoni ambientando la storia al tempo della peste?

Credo di sì.. Il romanzo però  non è l’istant book, che si curva sull’attualità e la afferra per la coda. Il romanzo ha bisogno di accumulare memoria. Il romanzo vero, non assemblato per ragioni di attualità cronachistica,  ha bisogno di tempo, di riflessione , per appropriarsi profondamente degli eventi in corso.  

Ha mai  pensato di fare politica?

No, sarei proprio negata. Sono abituata a una libertà di pensiero che la politica non permette. La politica vive sul compromesso. Purtroppo però il compromesso si trasforma troppo spesso in rissa. Non è un bel vivere. 

Pensa che la avremo una donna al Quirinale, come Lei ha auspicato nel manifesto firmato da tante personalità?

Lo spero. Ma temo che, come al solito, finirà per vincere un maschio. Sia chiaro: quando dico una donna, non intendo una donna qualsiasi purché sia donna. Sarebbe una idiozia. Dico: prima accettiamo il principio che le donne hanno il diritto alla rappresentanza, poi passiamo ai nomi. Ma riconoscere il diritto alla rappresentanza femminile vuol dire ripercorrere  la storia dell’esclusione e e capirne l’ingiustizia.   La cultura dei Padri  ha sempre impedito alle donne di entrare nel prestigioso mondo della rappresentatività. Tutti dicono sì, le donne hanno tutti i diritti,  ma quando si tratta di farne la rappresentante di un paese, si comincia a tentennare. Eppure ci sarebbero molte donne degne di rappresentare il nostro paese. 

La società italiana, al di là delle dichiarazioni di facciata, quanto è rimasta maschilista?

Lo è abbastanza, soprattutto  quando si tratta di rinunciare a certi privilegi , il  possesso di chi si pensa di amare, il comando, la guida, di chi si considera più debole e incapace. L’età, l’avvenenza. Un uomo anche a ottanta anni si sente in diritto di sedurre e accoppiarsi con una donna molto più giovane. La donna, magari lo desierebbe ma non troverebbe una risposta. L’avvenenza poi è determinante, soprattutto in epoca di apparizioni televisive. Troverete tanti uomini brutti, sgradevoli, a cui danno spazio e parola. Le donne debbono essere non solo intelligenti e preparate, ma anche belle, altrimenti non sono ammesse a parlare. 

C’è, da questo punto di vista, un pregiudizio duro a morire e che suscita indignazione persino in una persona mite come Lei?

Molti pregiudizi navigano ancora dentro il cervello delle persone. E dico persone, perché spesso ci sono anche donne che hanno introiettato i valori patriarcali e non sono capaci di liberarsene, ovvero scambiano la cultura, cioè la costruzione di una funzione, in un destino naturale e da lì derivano molti luoghi comuni.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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