Da Azov ad Azovstal. Il punto, la storia. Ma intanto la guerra continua.

Un breve riepilogo – premessa,

Il ministero della Difesa della Federazione russa ha dato l’annuncio della completa conquista dell’acciaieria Azovstal, ultimo centro di resistenza della città di Mariupol. La notizia fa seguito alla resa di quasi 2500 soldati ucraini, che nei giorni scorsi si erano consegnati alla spicciolata dopo l’evacuazione di molti civili rifugiati nei sotterranei degli impianti. Sempre il ministero della Difesa russo ha diffuso un video in cui si vedono gli ultimi militari del battaglione Azov mentre vengono perquisiti prima di lasciare l’acciaieria. Tra di loro vi sarebbero anche dei volontari, molti dei quali europei o provenienti da vari Paesi e anche dal Canada. Secondo i russi si tratterebbe in gran parte di contrattisti, l’altro nome dei mercenari.

I difensori di Azovstal avevano ricevuto dal comando supremo ucraino l’ordine di smettere di combattere. Denys Prokopenko, il comandante del battaglione Azov, lo ha annunciato in un videomessaggio mentre era ancora nel bunker dell’acciaieria, dichiarando che “Il comando militare superiore ha dato l’ordine di salvare la vita dei soldati del nostro presidio e di smettere di difendere la città. Nonostante gli intensi combattimenti e la mancanza di rifornimenti, dobbiamo costantemente sottolineare le tre condizioni più importanti per noi, e cioè: l’evacuazione dei civili, i feriti e i morti. I civili sono stati evacuati. I feriti gravi hanno ricevuto le cure necessarie e siamo riusciti a evacuarli per un ulteriore scambio e trasporto nei territori controllati dall’Ucraina”.

L’agenzia Tass ha rilanciato un commento del generale maggiore Igor Konashenkov secondo il quale il comandante Prokopenko sarebbe stato trasferito “con un veicolo blindato speciale» verso un luogo sicuro, sotto il controllo dell’esercito russo. Le particolari modalità sarebbero state scelte per motivi di sicurezza, infatti secondo quanto riferito dalle fonti russe «i residenti lo odiavano e volevano ucciderlo per le numerose atrocità commesse”.

Qualche giorno primai anche Sviatoslav ‘Kalina’ Palamar, vicecomandante e portavoce del reggimento Azov, aveva diffuso un breve videomessaggio sull’Ukrainska Pravda. “Oggi (19 maggio) è l’85esimo giorno di guerra. Io e il mio comando siamo sul territorio dello stabilimento Azovstal. È in corso un’operazione, i cui dettagli non annuncerò. Grazie al mondo, grazie all’Ucraina. Ci vediamo”. Successivamente anche lui si è arreso.

 

Il battaglione Azov, il Corpo Civile Azov ed il Corpo Nazionale.

Il controverso Battaglione “Azov”  è un’unità paramilitare do orientamento neonazista nato nel febbraio 2014, all’ inizio della guerra del Donbass, per combattere contro i secessionisti filo-russi e contro i cosiddetti “omini verdi” (truppe della Federazione Russa, ma prive di distintivi) . Il corpo fu inquadrato nella Guardia nazionale dell’Ucraina l’11 novembre 2014, quindi dal gennaio 2015 il nome è cambiato in Distaccamento autonomo operazioni speciali “Azov” ( brutto dirlo, ma “operazioni speciali” è un termine ricorrente in questo periodo).

Su Wikipedia si legge che Amnesty International, dopo un incontro avvenuto l’8 settembre 2014 tra il segretario generale di Amnesty Salil Shetty con il primo ministro Arsenij Jacenjuk, ha chiesto al governo ucraino di porre fine agli abusi e ai crimini di guerra commessi dai battaglioni di volontari che operano unitamente alle forze armate di Kiev. In seguito a tale richiesta il Governo ucraino ha aperto un’inchiesta ufficiale, dichiarando infine che non risultano indagati ufficiali o soldati del battaglione “Azov”.

Due anni dopo, nel 2016, la Foundation for the Study of Democracy ha presentato un rapporto all’OSCE in cui il battaglione “Azov” veniva ritenuto responsabile dell’uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica.

Il fondatore di Azov è il militare e suprematista bianco Andrіj Bіlec’kyj, classe 1979, discendente di una antica famiglia cosacca. Il personaggio, noto come “Führer bianco”, è stato nel 2008 cofondatore del movimento Assemblea Social-nazionale, salvo poi diventare leader del partito Corpo Nazionale, anch’ esso di orientamento neo-nazista. Gli iscritti sono in buona parte veterani dello stesso Battaglione Azov  (i cui effettivi, secondo fonti vicine al governo ucraino, sarebbero all’ 80 % politicamente neutri)  o in alternativa membri del Corpo Civile Azov, un’organizzazione sempre associata al battaglione ma non di natura militare. Tra queste entità parallele vi è una stretta commistione, non facile da decifrare.

Il partito Corpo Nazionale, prima denominato “Patriots of Ukraine”, nasce sempre come espressione del battaglione Azov da un congresso di fondazione  tenutosi a Kiev il 14 ottobre 2016, con la partecipazione di circa 300 delegati provenienti da tutta l’Ucraina. Tale congresso ha eletto all’unanimità il presidente Andrіj Bіlec’kij (membro del parlamento ucraino) e Nazariy Kravchenko (il Comandante della Guardia Nazionale di Azov) quale vice.

A conclusione dei lavori è partita una affollata “Marcia Nazionale”, organizzata assieme ad un altro partito di estrema destra, Pravyj Sektor, che ha portato circa 5.000 partecipanti partiti dalla Statua della Madre Patria Ucraina, un famoso e titanico monumento dai molteplici significati, fino alla Cattedrale di Santa Sofia. Nell’ occasione molti manifestanti portavano il simbolo giallo e blu ( i colori della bandiera ucraina) con la runa Wolfsangel del Battaglione Azov.

Il Wolfsangel, noto come simbolo nazista, è un antico gancio per la caccia al lupo da inserire in pezzi di carne lasciati all’ aperto perché l’ animale li mangi, rimanendo crudelmente uncinato senza possibilità di fuggire. Il morivo della runa era raffigurata nell’ 800 sui bottoni delle divise da guardiacaccia di alcune regioni della Germania.

Esso divenne uno dei primi simboli nazisti ancor prima dell’ adozione della svastica, e successivamente venne adottato dalla Panzer Division SS Das Reich e da altre formazioni SS olandesi diventando tristemente famoso.

La data del 14 ottobre per il congresso del Corpo Nazionale non era stata scelta a caso trattandosi del Giorno dei Difensori dell’Ucraina, festivo dal 2015.

Anche la Statua della Madre Patria Ucraina non era stata scelta a caso, dato che essa rappresenta a pieno titolo il paese con la sua storia lunga e controversa.

L’opera, costruita negli anni ‘70, nasce in epoca sovietica e fu inaugurata nel 1981 da Leonid Breznev, comunista ucraino che fece una gran carriera politica diventando primo segretario del Pcus. La statua ricorda lo sforzo bellico (unitario e sovietico ) che portò alla vittoria contro la Germania nazista nella Grande Guerra Patriottica (la seconda guerra mondiale). Alta in tutto 102 metri, di cui 62 di statua e 40 di piedistallo, essa sembra ancora più alta essendo collocata su una collina e rappresenta una donna guerriera che con la mano destra brandisce una spada di 16 metri, mentre con la sinistra tiene un grande scudo su cui è impresso lo stemma dell’URSS. Come si legge in un articolo di Matteo Albanese la spada è stata accorciata per non superare il Grande Campanile del Monastero delle Grotte di Kiev, alto 96,5 metri, mentre lo scudo con la falce e martello è di impronta sovietica chiarissima.

Nel 2015 il Parlamento ucraino aveva dichiarato fuori legge i monumenti sovietici, e la Grande Madre si è salvata solo perché considerata un monumento alla seconda guerra mondiale.

Ciononostante, nel 2018, lo storico Volodymyr Viatrovych ha chiesto che falce e martello venissero rimosse.

Il monumento sorge sulla riva destra del fiume Dnepr, che nasce in Russia per sfociare nel Mar Nero, e gli abitanti di Kiev la chiamano affettuosamente Berehynia, “protettrice”, La Madre Patria pesa 500 tonnellate e poggia su un enorme piedistallo che in caso di guerra – come oggi, ad esempio – può diventare un fortino. I tecnici stimano che  possa reggere un terremoto del nono grado di magnitudo.

Questa Madre Patria con lo scudo e la spada oggi ha assunto un nuovo e diverso significato, e rappresenta la resistenza ucraina all’invasione russa.

È di questo parere Yuri Rybtschynskyi, poeta e drammaturgo, il quale dichiara: «Ho come la sensazione che chi ha eretto la statua pensasse al futuro. L’Ucraina ha uno scudo, ma anche la spada. E guarda verso la Russia». Idem per lo storico Serhy Yekelchyk:, che si spinge oltre, ancora più lontano: «Abbiamo capito perché guarda verso est. Il nemico arriva da est…».

Torniamo alla politica, o per meglio dire alla storia del partito. IL Corpo Nazionale ebbe da subito una grande affermazione, tanto da promuovere insieme alle organizzazioni di estrema destra Svoboda e Right Sector una “marcia della dignità” che si tenne il 22 febbraio 2017, con un corteo di circa 10.000 persone.

Due anni dopo, alle elezioni presidenziali del 2019 , il Corpo Nazionale candidò proprio il suo presidente, Andri Biletsky. già membro del Parlamento ucraino dal novembre 2014 al luglio 2019.

Il partito ha un’impostazione decisamente antirussa, chiusa e con tinte autarchiche. Oltre a promuovere il nazionalismo e il protezionismo sostiene la rinazionalizzazione delle imprese ucraine già pubbliche al momento dell’ indipendenza, e spinge per la rottura di ogni rapporto con la Russia, a partire dalle relazioni diplomatiche per arrivare fino al campo commerciale e persino a quello culturale, dato che viene promossa solo la tradizione ucraina.

I militanti hanno organizzato campagne ed azioni di disturbo contro locali ove si svolgono il gioco d’azzardo o attività di prostituzione, ma anche iniziative violente contro i campi rom di Kiev. Il partito promuove anche squadre che avrebbero lo scopo di mantenere l’ ordine, dette druzina (dal nome delle guardie del corpo dei capi slavi nel medio evo) e sostiene naturalmente in ogni circostanza il battaglione Azov, integrato – come reggimento – nelle FFAA ucraine dal 2014 in occasione della guerra del Donbass.

Nel campo dei rapporti internazionali (dove il partito si mostra piuttosto selettivo) ufficialmente non vengono promosse l’ adesione alla Nato o all’ UE, ma solo il progetto Intermarium, una forma di integrazione tra i paesi che si collocano tra il Mar Baltico e il Mar Nero, Dal sud al nord i paesi interessati sono Ucraina, Bielorussia , Repubblica Ceca e Repubblica  Slovacca, Polonia , Lituania, Lettonia ed Estonia, Guardando la carta geografica si vede che sono tutti paesi dell’ex impero esterno sovietico, molti dei quali hanno avuto un rapporto difficilissimo con l’ Urss. Basti pensare alla invasione della Cecoslovacchia nel 1968 ed al golpe polacco del 1981.

 

Le violenze dei gruppi paramilitari

Le violenze dell’ Azov di altri gruppi paramilitari sono da tempo al centro di furiose polemiche. Cominciamo col dire che l’articolo 37 della Costituzione ucraina proibisce i gruppi paramilitari nei partiti e nelle istituzioni pubbliche, ma nei fatti esso sono presenti e ben più che tollerati.

Come ricorda Barbara Spinelli in un suo documentato articolo (Gli orrori neonazisti in Ucraina e la guerra senza fine della Nato) la Fondazione per lo Studio della Democrazia (una associazione civile russa) nel 2015 ha inviato un rapporto all’Osce sulle violenze dello Sbu (servizi segreti ucraini) e da paramilitari neo-nazi, naturalmente non solo dell’ Azov, rivolte non solo contro i militanti separatisti ma anche contro i civili russofoni non-combattenti del Donbass che erano stati catturati assieme ai combattenti.

Il rapporto fa seguito ad un primo resoconto del 24 novembre 2014. Nel secondo si fa riferimento a pratiche quali elettrocuzioni, torture con bastoni di ferro e coltelli, waterboarding  (simulazioni di annegamento impiegate dagli Usa in Afghanistan, Iraq e a Guantanamo), soffocamento con sacchi di plastica, torture dell’unghia nonchè strangolamenti tramite la garrota come nella Spagna di Franco. L’ attrezzo, che causa una lunga e terribile agonia, è detta anche “garrota banderista” in omaggio a Stepan Bandera, noto collaboratore dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, un eroe nazionale per l’estrema destra ucraina). In altri casi i prigionieri erano stati spinti a forza su campi minati o anche stritolati da carri armati.

L’elenco delle torture è lungo, come ad esempio la frantumazione di ossa, il gelo e la fame nelle prigioni e financo la somministrazione di psicotropi letali. Numerosi prigionieri vennero marchiati a fuoco con la svastica o con lo stampiglio della parola “SEPR” (separatista) sul petto o sulle natiche.

L’ articolo citato fa riferimento anche a documenti successivi, tra cui quello dell’associazione ucraina “Successful Guards” (14 settembre 2018), che elenca una serie di atrocità che vedono coinvolti partiti di estrema destra come National Druzhina, Bratstvo, Right Sector, e più di tutti il gruppo C14, che avrebbe stretto con numerose amministrazioni distrettuali – Kiev compresa – un Memorandum di Partnership e Cooperazione. Il C14 si è reso responsabile non solo di azioni violente nel Donbass ma anche di azioni contro i rom e di azioni violente contro le commemorazioni annuali di eroi antinazisti russi come Anastasia Baburova e Stanislav Markelov.

 

Mariupol, ma perché?

Come mai la guerra ha travolto e distrutto Mariupol? Cominciamo col dire che la città è tradizionalmente russofona anche se la popolazione è divisa a metà fra russi e ucraini. Conta circa 430 mila abitanti ed è, dopo Donetsk, la più grande del Donbas. Vista la composizione etnica e la sua importanza geostrategica ed industriale (basti pensare alle acciaierie ed al porto) Mariupol è stata la capitale della “primavera russa” sbocciata nel 2014 in Ucraina orientale.

In seguito alle proteste di Euromaidan a Mariupol nel marzo 2014 si sono tenute una serie di manifestazioni contrapposte, e dopo il 7 aprile ( data di proclamazione della DNR, la Repubblica del Donetsk) sono scoppiati nuovi scontri tra ucraini e separatisti filorussi. Una settimana dopo, il 13 aprile, il municipio di Mariupol è stato espugnato dai soldati della DNR.

Il 13 giugno 2014, giusto due mesi dopo, la città fu riconquistata dal battaglione Azov di Andriy Biletskyi (vedi sopra) diventando solo temporaneamente capoluogo dell’ oblast (il territorio di riferimento) visto che Donetsk era ormai la capitale della repubblica secessionista russa. Oggi il capoluogo è  Kramatorsk.

Mariupol, città contesa, da allora è rimasta sempre presidiata da milizie ucraine ed ai primi del 2015 è stata colpita da missili della DNR che hanno causato alcune vittime civili. Ai primi di  settembre ci sono stati altri scontri e le ostilità sono cessate solo con il  Protocollo di Minsk (5 settembre 2014) che stabiliva, tra l’altro, un immediato cessate il fuoco.

Nel gennaio 2015 c’è stato un nuovo  bombardamento, che secondo il governo ucraino e una missione speciale dell’OSCE sarebbe da attribuirsi ai miliziani della Repubblica Popolare di Doneck. Da allora in poi alla periferia della città sono sempre stati in funzione vari posti di blocco e di controllo.

 

AZOVSTAL, l’ Ilva fortificata ucraina

Il battaglione Azov ha passato gli ultimi giorni prima della resa nei sotterranei  di Azovstal, che oltre ad essere una delle acciaierie più grandi d’ Europa probabilmente oggi è anche la  più famosa. Questo stabilimento metallurgico di Mariupol ha una storia quasi centenaria, che va raccontata.

La sua fondazione fu decisa il 2 febbraio 1930 dal Consiglio superiore dell’economia nazionale dell’URSS, di cui l’Ucraina fino al 1991 ha fatto parte. La costruzione dello stabilimento iniziò nel novembre dello stesso anno; subito dopo, nel 1931, cominciarono anche i lavori per il porto sul mar d’Azov. Tutto fu completato a tempo di record e la produzione di acciaio iniziò nel 1933, continuando regolarmente fino all’invasione tedesca del 1941.

La notte tra il 9 e il 10 settembre 1943, dopo combattimenti durissimi, i tedeschi furono cacciati e poco dopo la liberazione di Mariupol la fabbrica fu ricostruita.

Dopo il crollo dell’Urss le cose cambiarono e lo stabilimento ad un certo punto fu privatizzato, venendo quotato in borsa tra il 2010 e il 2016 presso PFTS Ukraine Stock Exchange (la borsa di Kiev). Fino alla data dell’ invasione l’acciaieria aveva circa 11 mila dipendenti e faceva parte del gruppo Metinvest di Vadym Novynskiy e Rinat Akhmetov, noto per essere l’ uomo più ricco dell’Ucraina.

Il 24 febbraio scorso, data dell’invasione russa, tutto si è fermato. La sospensione della produzione ha causato un grave danno all’ economia dell’ Ucraina che è dodicesimo produttore di acciaio al mondo, ma anche al nostro paese che nel 2020 ha acquistato quasi la metà (circa il 46 %) della produzione di Azovstal. Va ricordato che nel 2021 lo stabilimento ha prodotto 4,3 milioni di tonnellate di semilavorati, cioè il 20% di tutto l’ acciaio ucraino.

L’ultimo documento ufficiale di Metinvest è il rapporto agli azionisti del 28 gennaio scorso, poi più nulla anche se il sito è ancora on line. Secondo la rivista specializzata Siderweb oggi il gruppo va verso la perdita di oltre il 70% del fatturato, un disastro inimmaginabile.

Azovstal è enorme, occupa oltre 11.000 metri quadrati. Vista la sua importanza economica e strategica lo stabilimento fu via via modificato per resistere anche ad attacchi nucleari, per cui è considerato quasi inespugnabile. In superficie si incrociano lunghi tratti di binari mentre sotto gli impianti ci sono ampi sotterranei e una fitta rete di tunnell e cunicoli a più piani, che lo rendono un luogo ideale per la guerriglia. Come diceva Rinat Akhmetov, il padrone del complesso industriale,  Azovstal “è una fortezza in una città”.

L’esercito russo non ha attaccato frontalmente lo stabilimento perché sarebbe stata un’ecatombe; ha preferito accerchiarlo, scegliendo la tattica della guerra di posizione. Solo successivamente, dai primi dello scorso aprile 2022, sono iniziati gli attacchi aerei e i bombardamenti con l’ artiglieria, pur essendo ancora presenti alcuni civili. Da metà maggio le forze russe hanno proseguito i bombardamenti con ordigni anti-bunker, già utilizzate nella guerra di Siria, e nei giorni scorsi la vicenda è giunta all’ epilogo con la resa dei militari asserragliati nei sotterranei.

L’acciaieria di Mariupol – come del resto l’Ilva di Taranto – è stato al centro di polemiche per motivi ambientali. In molti infatti la accusavano di inquinare l’aria, che è la più sporca del paese ed odora di aromi “chimici” come formaldeide e zinco, oltre ad avere  un’ alta percentuale di polvere di ferro.

Azovstal sarà anche colpevole, ma non è la sola. Il fatto è che a pochi passi dal centro abitato di Mariupol sorgono non una, ma due grandi acciaierie.

La più antica è la Illic, nata alla fine dell’ 800 e così rinominata in onore di Vladimir Illic Lenin nel 1920. A poca distanza sorge invece l’ ormai famosa Azovstal.

Ma di ambiente, oggi, si parla poco.

 

Gianluca Ruotolo – Avvocato

Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide