Miseria del materialismo. Miseria dello storicismo. E possiamo dire, nullismo di ogni freudismo, pansessuale e meccanicismo.
Sono frasi un po’ forti, lo riconosco, ma ogni tanto ci vogliono, anche quando sono suscitate da gente che in buona fede, credendo di essere illuminista è magica è in effetti positivista e occultista, anche parlando del fenomeno delle arti inventive (che altri chiamano creative) che sono l’espressione non di uno sgarbo al sistema dato, ma di un profondo bisogno di rappresentazione, che attraversa di trasverso la nostra società in maniera da tagliarla, inciderla, spaccarla, facendosi strada in tutte le categorie sociali e in tutti i popoli che hanno messo il naso nella nostra modernità.
Ci sono alcuni, tanti, che non vedono altro che complotti, complotti per aver successo, complotti per essere acclamati, acquistati, collezionati, museificati, in grande meccano che non conosce altro che l’interesse, il profitto, in una grande macchina orwelliana che tutto detta, tutto comanda, tutto controlla.
Non c’è dubbio che esistano dei manipolatori, dei persuasori, dei potenti, e che in una società come la nostra, i punti di fuga, di dissenso, di libertà, siano maggioritari e alla lunga avviene che non tutte le ciambelle fanno il buco, ma vale la pena giocare, fare la propria parte, sapendo che la vita (e non solo l’arte) non è un walzer in maschera carnevalesca, ma un grande scontro reale, realissimo.
La questione del mercato, da alcuni esaltato (parlo dei sistemisti e del brutale guadagno e profitto) da altri denigrato (parlo dei rousseauviani, del buon selvaggio) non c’entra niente, perché in esso si regolano i principi basilari, della produzione e dello scambio. Il resto è burocratismo, cavilloso, anti culturale e anti scientifico. Tutto viene. E tutto non avviene. Per me il primato va dato all’artista. Alla sua libertà inventiva, alla sua folle pretesa di grandezza e di unicità, che spinge alla teatralità, alla festa, in una dionisiaca festa, dove si contano anche “morti” e “feriti”. Per me il mercato non è il luogo dove si schiaccia l’uomo, l’artista, non è solo il terreno di scontro di culture e ideologie, è il luogo dove si compra e si vende, ma in quel comprare e in quel vendere si fonda la libertà, bene supremo che dà la possibilità a mille fiori di fiorire e mille scuole di gareggiare.
Francesco Gallo Mazzeo – Docente emerito ABA di Roma, Docente di Linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive in Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano