Politiche industriali e del lavoro, sostenibilità sociale come metrica di efficacia, educazione al welfare per imprese e persone, innovazione nelle sue declinazioni digitale, organizzativa e contrattuale come leva per ridurre divari e tempi di accesso. Sono questi i cardini del confronto della seconda edizione del Global Welfare Summit, che si terrà questa mattina a Roma.
Istituzioni, imprese, fondi pensione e sanitari, esperti e attori del territorio si confronteranno per offrire una visione integrata del welfare italiano. In questo quadro, tra i fili che tengono insieme un sistema davvero efficace c’è anche la solidarietà intergenerazionale: non un auspicio, ma un criterio operativo che distribuisce il rischio, regge l’urto demografico e rende la tutela realmente continuativa. Di questo specifico tema parlerà Daniele Damele, presidente del Fasi, il fondo sanitario integrativo dei dirigenti d’azienda, in una delle tavole rotonde più attese: Politiche di welfare e impatto sulla sostenibilità sociale. Lo abbiamo intervistato per comprendere come questo principio, insieme a mutualità e a non selezione del rischio, previsti dall’articolo 1 dello Statuto Fasi, si traducano in governance, tutele aggiornate e risultati misurabili, contribuendo a rendere il Fondo uno dei più grandi d’Europa e un riferimento di sostenibilità sociale.
Presidente, il Fasi nasce in una storia precisa di rappresentanza. Cosa resta di quell’imprinting nella governance e nella vostra identità di oggi?
Resta l’idea di un Fondo negoziale che vive dentro il sistema delle imprese e della dirigenza. Nato nel 1977 su iniziativa sindacale di categoria, dal 1982 la gestione paritetica Confindustria–Federmanager è la garanzia di equilibrio degli interessi. A questa cornice si è aggiunta, negli anni, la capacità di aggiornare strumenti e tutele senza tradire la missione originaria.
Quanti sono oggi gli assistiti Fasi e come si è evoluta questa platea nel tempo?
Parliamo di circa 135 mila dirigenti tra attivi e pensionati e, includendo i familiari, di oltre 310mila persone: il dato più alto di sempre, per uno dei fondi negoziali più grandi d’Europa. È la prova che continuità e affidabilità generano fiducia lungo l’intero ciclo di vita professionale e personale.
Se dovesse indicare due scelte di policy che spiegano l’identità del Fasi quali citerebbe e perché?
La prima è la mutualità: i contributi di tutti sostengono i rimborsi di chi, in un dato momento, ne ha più bisogno. La seconda è la non selezione del rischio: non discriminiamo per età o stato di salute. Sono principi sanciti dall’art. 1 del nostro Statuto. Insieme, queste scelte costruiscono un patto che rende il Fondo prevedibile e giusto, anche quando i bisogni aumentano.
In concreto, come si bilancia il contributo tra attivi e pensionati?
Con un meccanismo di solidarietà intergenerazionale: in media gli attivi utilizzano meno prestazioni, i pensionati di più, ma entrambi concorrono alla sostenibilità del sistema. È una dinamica simile ai sistemi a ripartizione: protegge la continuità della tutela.
Qual è il vostro tratto distintivo rispetto a una polizza sanitaria tradizionale?
Il Fondo negoziale non è un prodotto a rischio selezionato, è una comunità regolata da un patto. Questo si traduce in maggiore protezione anche dei più deboli nei momenti fragili e in rimborsi che, quando necessario, possono superare i contributi individuali. È una scelta valoriale, non un dettaglio tecnico.
A febbraio con un evento molto partecipato avete presentato le novità del Fondo per il nuovo anno. Pensiamo all’aumento delle prestazioni rimborsabili e delle nuove tariffe. Quali sono le innovazioni sul welfare che cambiano davvero la vita agli iscritti?
Cito tre assi. Prevenzione mirata: più prestazioni di screening oncologico e odontoiatrico, perché anticipare i rischi riduce costi e sofferenze. Cronicità e riabilitazione: ampliamento delle tutele in fisiatria, psicologia e percorsi di lungo periodo, con attenzione alla non autosufficienza. Digitale utile: telemedicina e monitoraggi a distanza dove migliorano accesso e tempestività. In parallelo, abbiamo semplificato alcuni iter amministrativi per accorciare i tempi di risposta. Ricordo che solo nel 2025 sono state introdotte 163 nuove prestazioni soggette a rimborso nell’area della riabilitazione, psicologia, diagnostica, oncologia, telemedicina, prevenzione oncologica e odontoiatrica.
Dal palco alla pratica: come misurate l’adozione di queste novità e dove vi aspettate gli effetti più significativi?
Guardiamo a indicatori come tempi medi di rimborso, tasso di utilizzo delle nuove prestazioni e appropriatezza clinico-organizzativa. L’impatto maggiore ci aspettiamo di vederlo nella prevenzione e nella gestione delle cronicità, dove la continuità di cura fa la differenza.
Prevenzione, cronicità, digitale: che idea di presa in carico state costruendo?
Una presa in carico continua e non episodica. La prevenzione come investimento, non come costo, la cronicità con percorsi strutturati e il digitale come leva per prossimità e tempestività, mai come orpello.
Che ruolo hanno imprese e territori nel definire le priorità del Fondo?
Decisivo. Il dialogo con aziende e comunità locali ci aiuta a leggere i bisogni reali e a orientare il Nomenclatore. È il vantaggio di essere un Fondo negoziale: possiamo ascoltare e correggere la rotta rapidamente.
Guardando ai prossimi dodici mesi, su cosa investirà il Fasi?
Tre cantieri: prevenzione mirata nelle fasce a maggior rischio, semplificazione dei processi per ridurre ulteriormente i tempi, e integrazione intelligente con i servizi territoriali dove il digitale può davvero amplificare l’accesso.
Se dovesse condensare in una sola frase la vostra bussola strategica, quale sarebbe?
Coerenza significa tenere la rotta: mutualità, solidarietà intergenerazionale, non selezione del rischio. È grazie a questa bussola che la nostra missione diventa valore tangibile per gli iscritti di oggi e domani.