Xi Jinping e il capitalismo autoritario del suo nuovo mondo. Un profilo del capo: da “figlio di un traditore” all’interprete del “sogno cinese”

A fine novembre 2022 esplodeva in Cina una rivolta contro il lockdown imposto dal programma governativo ‘Zero-Covid-19’ volto a contenere il dilagare della pandemia, sul proprio territorio.

Il 24 novembre 2022, accadeva in Urumqi la tragedia che vedeva bruciare vive dieci persone bloccate nel loro appartamento e che i pompieri non riuscivano a salvare. Questo fatto gravissimo era l’inizio di una ribellione che, a catena, si diffondeva in manifestazioni popolari di portata mai vista dopo la protesta di Tiananmen del 1989, conclusasi nel sangue con un massacro sui cui numeri non si è potuta mai avere chiarezza.

I giornali occidentali già scrivevano di crisi del sistema cinese e di possibile uscita di scena di Xi Jinping, quando il Presidente cinese spiazzava le possibili aspirazioni statunitensi di un rovesciamento interno. Da un giorno all’altro l’intero Paese era liberalizzato ed era dichiarata la fine della pandemia. I cinesi potevano così riprendere pienamente la loro vita e viaggiare anche all’Estero. Il problema ritornava, in tal modo, all’Occidente che, non riconoscendo il vaccino cinese (eseguito secondo i canoni tradizionali e non m-RNA) imponeva test a chiunque provenisse dalla Cina.

Pechino protestava vedendo in questo più una ritorsione che una reale preoccupazione. Se, infatti, il nostro vaccino m-RNA è efficace, nulla dovremmo temere e poiché, tra vaccino e malattia, dovremmo essere pienamente immunizzati, l’allarmismo occidentale aveva poco motivo di esistere.

Xi Jinping, più saldo che mai, è alla guida del suo Paese e dopo la flessione dovuta alla pandemia, l’economia cinese, non toccata dalla guerra d’Ucraina, può riprendere la sua corsa. Molto è stato scritto su Xi Jinping ed è quasi impossibile voler decodificare con mezzi occidentali l’enigmatico mondo che lui stesso rappresenta. Figlio di Xi Zhongxung, parente e compagno di Mao Tse Tung, da una vita privilegiata, nel 1962, a nove anni, conosce l’inferno nel momento in cui suo padre è accusato di alto tradimento. Classificato quale ‘figlio di un traditore’, deve rinnegare il padre, subisce un durissimo trattamento di rieducazione e, successivamente, le più spietate leggi della ‘rivoluzione culturale’.

 

 

Mao Tse Tung

 

 

A 15 anni è mandato a lavorare nei campi più aridi, dorme in una spelonca ed è sottoposto a tutte le umiliazioni possibili e a traumi ripetuti, quali le finte esecuzioni. Nella sua famiglia, sconvolta dagli eventi, la sorella maggiore si uccide. Xi, tra le due vie, quella della ribellione e quella della sottomissione, sceglie la seconda. Quale figlio di un nemico del partito deve dimostrare molto più degli altri la fedeltà al partito e vi si impegna. Nessuno meglio di lui conosce a memoria il ‘libretto rosso’ e i discorsi di Mao. Non è possibile sapere se tutto questo agisce su di lui come un autentico lavaggio del cervello o è un mezzo che utilizza con lucidità.

Il suo scopo è essere accolto nel Partito. Dopo diversi tentativi falliti, vi è ammesso, grazie, pare, ad un amico. Lavora alacremente e mantiene una posizione volutamente di medio profilo, dando di sé un’immagine affidabile, anche gestibile. La riabilitazione del padre, nel 1978 da parte di Hua Guofeng, successore di Mao, e, otto anni dopo, l’incontro con Peng Liyuan, intelligente, bella, giovane, popolarissima attrice e cantante lirica, ‘Generale Maggiore dell’Esercito di Liberazione Popolare’ grazie ai meriti artistici, dà un giro di volta alla sua vita.

Nel 1987 la sposa e, sempre mantenendo un profilo rassicurante e mai di spicco, scala i vertici. Nel novembre 2012 diventa Segretario generale del Partito comunista cinese e chiede di prestare giuramento davanti al monumento dei Padri fondatori. Lo fa col pugno chiuso, giurando di lottare per la causa comunista che dichiara essere l’unica Verità da realizzarsi non solo in Cina, ma nel mondo intero. Quando si tratta di votare il nuovo Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping ha il profilo ideale e nel 2013 prende il posto di Hu Jintao.

La sua missione è di rivendicare per la Cina il ruolo che di diritto le spetta nella scacchiera mondiale. Dopo la rivoluzione di Mao che aveva il proprio collante nella lotta, dopo Deng Xiaoping che prometteva ai cinesi la ricchezza, Xi Jinping fa del nazionalismo la sua forza. Nasce il ‘Sogno Cinese’: la Cina deve diventare la prima potenza economica e militare e tutti devono impegnarsi a questo fine. L’Occidente, veicolo di corruzione ovunque arrivi, diventa il primo nemico da combattere. Nelle scuole primarie si studia la storia del colonialismo che aveva distrutto il Paese, la ‘guerra dell’oppio’, astutamente condotta dall’Impero britannico per sottomettere, nel XIX secolo, rendendoli dipendenti dalla droga, governanti e popolazione.

 

 

Deng Xiaoping

 

 

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La penetrazione cinese in Europa

Dipinti, poster, disegni, foto, film illustrano tutte le umiliazioni subite e gli accordi iniqui che si dovettero sottoscrivere e che videro la perdita di Hong Kong e del porto di Shanghai e la messa a sacco e distruzione del Palazzo d’Estate di Pechino per mano francese e britannica. Tra apertura democratica e totalitarismo, Xi Jinping, sceglie il secondo, come strada obbligata attraverso cui passare per garantire la stabilità. In questa scelta è fondamentale l’apporto di Wang Huning, il ‘teorico’, l’ uomo ombra anche dei due precedenti Presidenti.

Via maestra è la ‘Lotta alla corruzione’ che ricalca quella della ‘Rivoluzione culturale’. È il momento della grande epurazione che interessa circa un milione e mezzo di persone, tra ministri, generali, intellettuali e vertici di famiglie divenute troppo potenti. Le confessioni e punizioni pubbliche si susseguono e la maggior parte della popolazione plaude. Il ‘Sogno Cinese’ ha ora bisogno di realizzarsi. Nasce il faraonico progetto ‘Vie della Seta’ volto a percorrere l’intero pianeta. Per la prima volta sono investite enormi risorse in altri Paesi.

Mille miliardi di dollari per costruire ferrovie, porti, ponti, strade, rotte terrestri e marittime verso l’Asia, l’Europa, il Medio Oriente, l’Africa, l’America Latina e implementare il commercio e la distribuzione di prodotti che si sostituiscano a quelli statunitensi. Tutto avviene in piena legalità, su precisi accordi bilaterali. Una sessantina di Paesi tra i più poveri stipulano accordi. L’Europa è un grande passo. Mentre l’UE massacra con la Troika Portogallo e Grecia, la Cina tende loro la mano. Il Portogallo, di strategica importanza anche per i legami con Mozambico, Angola e Brasile, sue ex-colonie, diventa un pilastro dell’espansionismo cinese che ha, come carta vincente, quella di non portare sconvolgimenti nelle società che acquisisce, ma di lasciare i manager ed il personale, che diventano, così, sostenitori del cambiamento.

La Grecia, messa dall’UE in ginocchio, cede, per 99 anni, a Pechino il Pireo che diventa essenziale per la rotta marittima della via della Seta, unitamente a quello di Hambantota, costruito nello Sri Lanka, anch’esso in mano cinese per 99 anni. Xi Jinping, calmo e affidabile è sempre più presente sulla scacchiera internazionale. La Francia di Hollande, con la disoccupazione dilagante, si accorda per 18 miliardi di euro in cambio di parte dell’aeroporto di Tolosa.

Trieste è un altro passo importante e, grazie alla guerra di Ucraina e all’economia tedesca dissanguata dopo il sabotaggio dei gasdotti costruiti con la Russia, Berlino prende la mano tesa di Pechino e cede parte del Porto di Amburgo. Questo si aggiunge a una miriade di porti ‘minori’ che garantiscono alla Cina ampio movimento via acqua. Nel 2016 la Germania, alla Münchner Sicherheitsconferenz, aveva fatto notare l’incongruenza di accordi troppo vincolanti con un Paese troppo lontano dai criteri democratici, ma l’Europa, disunita e disorganizzata, non aveva trovato risposte comuni.

Nel 2018 la Cina controlla già oltre il 10% dei porti europei e le ripercussioni politiche diventano visibili. Non solo il Portogallo si era schierato contro Macron e Merkel (Conseil européen 23.6.2017) che volevano disciplinare gli accordi con Pechino, ma per la prima volta, nel 2018 l’Europa non può depositare al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU il suo rapporto annuale sulla Cina per il veto della Grecia. Australia e Nuova Zelanda si aprono a piani d’investimento con Pechino, mentre l’emigrazione cinese, silenziosa, legale, sostenuta dal governo, ha visto il crescere di consistenti comunità in tutti e quattro i Continenti.

La penetrazione cinese in Africa

Ma è all’Africa, soprattutto, che Xi Jinping si volge con un piano economico, finanziario, politico ideologico di notevole spessore. Da quando è al potere, organizza annualmente incontri con i leader di Paesi africani (Forum Cina-Africa) per promuovere il suo modello politico che chiama “Modello-Soluzione Cinese” in cui il primo diritto umano è quello economico e pone la Cina ad esempio di quello sviluppo che, senza aprirsi alla corrotta democrazia occidentale, è riuscito in trent’anni a diventare la seconda potenza economica mondiale e a dare dignità e fierezza al proprio popolo.

 

 

Xi Jinping

 

 

Questa sorta di capitalismo autoritario incontra consenso in oltre la metà dei capi di Stato africani nei cui Paesi Xi Jinping investe oltre 120 miliardi costruendo dal ponte più lungo d’Africa a ferrovie, ospedali e scuole e diventando il primo partner commerciale del Continente Nero oltre che il paladino della libertà dal colonialismo occidentale. In Africa, a Gibuti, nel 2017, installa la sua prima base militare navale all’Estero. Un Esercito, forte, addestrato, ben fornito diventa, intanto, uno dei principali obiettivi da raggiungere, il controllo della demografia è un ricordo e l’apertura al ‘terzo figlio’ è incentivata. Con circa un miliardo e quattrocentoventisei milioni di abitanti sul suolo nazionale oltre ad almeno cento milioni all’Estero con cui la madre Patria è impegnata a mantenere legami, la Cina, può contare, numericamente su un capitale umano tanto più notevole quanto più ideologicamente convinto.

Mosse per evitare l’accerchiamento

In soli quattro anni ha costruito in potenziale navale il corrispondente della marina militare francese e non è pura ipotesi il progetto di diventare prima del 2050 il Paese militarmente più forte del Pianeta. È, tuttavia, al Pacifico che la Cina guarda e alle basi americane e Nato disseminate alle sue porte. Non vuole essere accerchiata passivamente come accaduto alla Russia dopo la dissoluzione dell’URSS. Vengono militarizzate le isole cinesi e sorgono isole artificiali militari al confine delle proprie acque. Sorprendendo tutti a metà aprile 2022 Pechino firma un accordo di sicurezza con le Isole Salomone strappandole all’influenza di USA e Australia. Punta di spicco dei BRICS (Brasile Russia India Cina Sud Africa), la Cina di Xi Jinping ha operato come elemento di frammentazione ovunque possibile e, nel contempo, su altri fronti, come collante, creando blocchi d’influenza contrapposti ed eterogenei. Mentre la devastante guerra d’Ucraina impegna un’Europa disgregata, dalla diplomazia in pezzi, un pallone aerostatico meteorologico cinese migra pigramente negli spazi USA, presso una base militare del Montana. Esplode il caso USA-Cina che porta all’annullamento del viaggio di Blinken a Pechino.

Taiwan l’Ucraina del Pacifico?

I  cittadini statunitensi che hanno sommerso i centralini per segnalarlo si chiedono se, troppo occupati a impegnarsi sui cieli degli altri, gli USA stiano adeguatamente proteggendo i propri (BBC 4.2.23 h.21). Taiwan, armata dagli Stati Uniti con razzi a lunga gittata che possono raggiungere la Cina, sempre più concretamente può diventare l’Ucraina del Pacifico, troppo ridotta, tuttavia, per permettere una guerra per procura. Xi Jinping sembra guardare lontano, dai giganteschi posters che lo raffigurano.

 

 

L’isola artificiale di Mischief Reef, Mare cinese del Sud ( photo RFA 25.10.2022)

 

 

 

Maurizia LeonciniGiornalista Freelance, studiosa di Geopolitica

Bibliografia:

Liu Mingfu, The China Dream: Great Power Thinking & Strategic Posture in the Post-American Era, New York, CN Times, 2015

François Bourgon, Dans la tête de Xi Jinping, Actes/Sud, Arles-Paris 2017

Arte Thema, Die neue Welt des Xi Jinping, 2019

 

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