Vladimir Putin, o del “nuovo” ordine geo-politico mondiale, e che, con la guerra scatenata contro l’Ucraina, ha mandato a morire migliaia di suoi giovani connazionali, forse non ha mai letto il poeta russo Michail Svetlov, né amato la grande poesia del suo Paese.
“O giovane nato a Napoli, che cosa cercavi sui campi della Russia? Perché non sei rimasto là, felice, nel celebre tuo golfo?”.
Il poeta assisté sgomento alla tragedia che si consumava sotto i suoi occhi, visse il dramma del suo Paese aggredito dall’orda nazifascista, con l’armata scomparsa degli alpini dell’Armir, lì inviati a morire come mosche, assiderati dal gelo artico.
E nella lirica “L’Italiano”, tra fierezza e invettiva, trova il posto per la compassione, per quel giovane napoletano mandato al macello, per la crudeltà di una guerra che aveva procurato lutti e dolore; “Tu non sei stato né vissuto qui! Ma si è disteso nei campi innevati il cielo azzurro della tua Italia, ora vitreo nei tuoi occhi sbarrati”.
Forse Svetlov era stato in viaggio in Italia, anche a Napoli , o ne aveva soltanto letto e sentito parlare. Oggi, a parti invertite, impegnate in un conflitto crudele che tarda a cessare, un’altra lirica può far aprire la mente e il cuore.
Un altro poeta, un poeta ucraino (ma anche russo, non importa). E Napoli, stavolta, sarebbe sostituita con Mosca e San Pietroburgo (ma anche tanti umili villaggi), belle città russe e luoghi remoti da cui provenivano i tanti soldati russi caduti sul terreno invaso.
Al giovane soldato russo, richiamandosi a Svetlov, il poeta ucraino potrebbe chiedere il conto: “cosa cercavi sui campi dell’Ucraina…”, campi intrisi del sangue di soldati e civili. Citati nella “nuova” lirica, per rinnovare un dolore universale.
Luigi Nanni – Pubblicista