‘’Mamma li Turchi’’. ‘’Le mani sulla città“ di Otranto. Ma non è un film

Da Fratello a fratello, di padre in figlio, di madre in figlia, il familismo nella “nuova” generazione di sindaci implicata nel malaffare. Sistema marcio da cima a fondo. Esagerata ogni ammirazione per l’attuale sistema di votazione dei sindaci. Travolti dalle indagini tanti piccoli e medi centri. Nel Salento, clamoroso, tra gli altri, i casi di Carmiano e Neviano. Su tutto e su tutti, campeggia Otranto, ‘’regina del turismo salentino’’, che torna a essere la ‘’città martire’’, travolta da uno scandalo senza precedenti.

L’inizio è beffardo e forse provocatorio.

Di sicuro, imprudente, quantomeno nella scelta dei tempi (anzi, delle ore). Infatti, è appena apparsa sulla pagina web del Comune di Otranto la notizia della presentazione del dossier di candidatura a “Capitale Italiana della Cultura”. Titolo che Otranto meriterebbe, ma che avviene proprio nelle stesse ore in cui Otranto è travolta da uno scandalo gigantesco, uno tsunami per essere una città di mare, tanto da dover parlare, come pure è stato suggerito, di devastazione morale, politica ed economica.

Sono questi i termini esatti per spiegare quanto è successo a Otranto, la notissima mèta del turismo salentino, investita da una fittissima rete di corruzione oggi al vaglio degli inquirenti. E tanta è la disperazione che circola in città dopo aver appreso della sua “svendita” al miglior offerente; Otranto  calpestata e oltraggiata oltre ogni dire nella sua articolazione politico-amministrativa. Assediata da malandrini che hanno messo mani sul suo turismo; per fare un solo e limitato esempio, politici e imprenditori avevano allestito un PUG “personale”, in spregio a ogni regola, mirante all’esclusivo interesse privato. Un marchio d’infamia.

Si è trattato di un’improvvisa tempesta settembrina che ha travolto la città, e tale nella sua portata, da far venire alla mente di qualche suo abitante la notissima vicenda storica del 1480, quando Otranto fu attaccata e distrutta dai turchi. Non è un riferimento azzardato. Ma quella stessa volta “anche a costo della vita, Otranto riuscì a resistere”, per ripetere le parole del compianto Don Grazio Gianfreda, medievista di fama internazionale, parroco della “città martire” nella superba Cattedrale romanica. “Dopo la mattanza e il fuggi fuggi generale, Otranto fu ridotta a sole poche decine, tra uomini e donne ma – ricorda ancora Don Grazio – resistette al turco, non volle abiurare la fede cristiana, né ribellarsi e al Re di Napoli”.

 

Cattedrale di Otranto

 

Bella lezione, incompresa per i personaggi in questione. Anche tempi remoti, di lutto e anche di riscatto che si sono per un attimo come riverberati, sia pure con diversa modalità alla lettura dei giornali e in giornate di sole che vedono Otranto ancora accogliere tanti turisti. “Chissà se un giorno mai ci riprenderemo” – è questa una delle poche cose ascoltate. Da lontano, in città, si nota qualche crocchio che discute animatamente (ovvio, si tratta di locali) E’ certo che torneranno a farlo nei prossimi giorni.

Appaiono così gravi i termini dell’inchiesta da non lasciare dubbi sulle reale commissione di reiterate trame criminose. Da portare all’attenzione nazionale, sulla famosa agenda di governo, in prima di copertina. Chissà se questo avverrà o, invece, si realizzi la profezia di chi asserisce che dove c’è degrado, quest’ultimo è capace di ottundere e far morire in culla ogni manifestazione di riscatto morale. E dunque – viene anche detto –  tutto sarà svalutato, per poi finire nel dimenticatoio. Forse troppo pessimismo. Sta di fatto, però, che riguardo proprio a Otranto, non si potrà dire che i giudici staranno con le mani in mano o che non sappiano come occupare la giornata.

No, nel Salento da tempo purtroppo questo non succede. Ce ne siamo anche occupati col recente scandalo (ma, se possibile, è qualcosa di più), del terremoto politico-amministrativo che ha interessato figure di primo piano del panorama politico e sanitario pugliese (con un nome tra tanti: l’ex senatore, l’onnipotente, nonché presente in tutte le inchieste, “Totò” Ruggeri, poi arrestato), poiché  oggi il capitolo si arricchisce di nuovi fatti ( e che fatti!), conferma il coinvolgimento di vecchie figure, ne aggiunge di nuove (importanti per  numero e  qualità), tanto da poter tranquillamente parlare di un sistema marcio sin dalla radice. Per rendersene conto, basta la madre di tutte le intercettazioni tra due esponenti di spicco che è poi un’esplicita ammissione di colpa: “ Se scoprono le carte (false, ndr) andremo tutti in galera!”

Si potrebbe pensare a mere notizie di cronaca, come tante e,  pur nella loro obiettiva gravità, confinate a fenomeno locale. Niente di tutto questo. Coincidenza vuole che le indagini ricadano in un periodo non tanto di silenzio elettorale (per fortuna ci lasciano ancora impunemente scrivere), quanto di vera assenza dal programma delle forze politiche di misure di contrasto alla criminalità. Una materia semplicemente scansata. Eppure da decenni magistratura e forze dell’ordine combattono organizzazioni mafiose come Sacra Corona e Camorra radicate in alcuni territori, capaci di inabissarsi, di sparare meno, ma abili e certo corrisposte, se facilmente riescono a infiltrarsi nell’apparato della pubblica amministrazione.

Ma andiamo dritti all’argomento – Otranto dove– parole di gip – “da tempo si è sviluppato un raffinato sistema d’affari”; e per primi in manette sono finiti i due sindaci, fratelli Cariddi, che per un ventennio hanno tenuto in mano il potere del noto centro turistico. Il “sistema Cariddi”- viene detto.

Lo stesso sindaco Pierpaolo Cariddi è stato coinvolto nell’indagine “Re Artù” e con la degradante disposizione di “divieto di dimora”. Arrestato anche il fratello Luciano, già sindaco d’annata. È il pericolo che incombe su tanti centri che confermano per decenni il familismo nell’elezione del sindaco, come nel caso di Otranto o di Neviano, altro comune leccese, sciolto per infiltrazione mafiosa e dove tra mamma- sindaco (Càfaro) e figlia- sindaco (Mastria), una sola famiglia ha stazionato in Comune per oltre un quindicennio.

Per quanto riguarda Otranto, contestato un radicato sistema associativo di natura corruttiva politico-imprenditoriale, fatto di interessi economici e con gravi reati nella gestione pubblica, corruzione elettorale, frode in processo penale e depistaggio, turbativa d’asta, truffa ai danni dello Stato e della Comunità Europea. Roba da perdere il conto ed essere necessario far ricorso al taccuino. Per il momento, ai due sindaci vanno aggiunti una sessantina di indagati, tra i quali spicca per notorietà Raffaele De Santis, presidente di Federalberghi. Un gran lavoro per il gip del Tribunale di Lecce, Cinzia Vergine, su richiesta della Procura della Repubblica e del pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci.

Tutto nero su bianco nelle carte del Nucleo investigativo dell’Arma dei Carabinieri e di riflesso al vaglio della Procura per un’indagine nell’arco di oltre cinque anni, dal 2017 al 2022 per un modus operandi perfettamente collaudato che prevedeva l’apparato pubblico messo al proprio servizio. Piccole grandi faccende che garantivano l’arricchimento personale, l’assicurarsi bacini elettorali attraverso una “gestione personalistica di presìdi di potere a livello sia locale sia regionale”.

Affollato, come si diceva, il taccuino della sessantina di indagati e fittamente scritto per tutte le misure prese: sequestro preventivo finalizzato alla confisca di strutture turistico-ricettive, stabilimenti balneari, aziende agrituristiche, diverse unità immobiliari e numerose somme di denaro, per un valore stimato di diversi milioni di euro, “illecitamente  autorizzati o realizzati” – così il dispositivo, in violazione delle norme in materia edilizia e paesaggistica. Ancora: favori per lidi e ristoranti in cambio di voti, licenze a go-gò per infittire il carniere, e sul filone-parcheggi rispunta sempre l’ex assessore al welfare “Toto” Ruggeri che, tra l’altro, risponde di abusi edilizi e di deturpamento di bellezze naturali. Otranto tramortita.

In tanti casi si tratta dei “predoni del turismo salentino”, a significare la ramificazione e la forza corruttiva anche di personaggi al di sopra di ogni sospetto. Una storia che parte da lontano, anni ’80-‘90, analizzata, studiata a fondo, allarmata, con nomi e cognomi. Un buco nell’acqua. Scarsa cultura del fenomeno, disattenzione nel migliore dei casi; in altri, invece, veniva messo in atto un criminale progetto di asservimento del bene pubblico all’interesse privato. Licenze e permessi, “l’arma letale” in mano a tante amministrazioni per conquistare il consenso. Anche se, poi, si abbrutisce una città, si smantellano le dune, si fa fare una vita d’inferno ad alcune città turistiche, si realizzano parcheggi a vantaggio personale, se ne tollerano altri in mano alle cosche criminali.

 

Porto di Otranto

 

Come è potuto succedere? E’ successo, con un collaudato meccanismo corruttivo dove figure di primo piano l’hanno fatta sempre franca. Ma non c’è otrantino/a (abitante di Otranto) che oggi non dica: è cosa risaputa, tutti sapevano, non s’è fatto mai niente, oggi sì, s’interviene, ma con che ritardo! L’ammissione di una sconfitta e amaro disincanto, per un sistema duro a morire.

Nulla s’è potuto di fronte all’arroganza di soggetti politico-istituzionali che hanno abusato del loro potere con spregiudicatezza, imbastendo alleanze criminali con mondi contigui. Questo, almeno dice il gip nel suo dispositivo. Cose anche sapute se non risapute. Accuse, però, che non avevano avuto seguito. Perché niente succedeva, non c’era modo per incidere su quel sistema. Com’è stato possibile? Ci sono voluti cinque anni di indagini, forse troppi. Gli avvocati difensori cercheranno di smontarle.

Cosa significa questa pur chiara allocuzione? Che da tempo era attiva una vasta rete di corruttela tra amministrazione e imprenditori, tutti con interessi economici in quel centro, “coltivate attraverso artefatte aggiudicazioni di appalti e rilasci di concessioni comunali, offrendo utilità di diversa natura”, fino ad assicurare un “bacino di voti” per il sostegno elettorale ricevuto da alcuni degli indagati, nonché vantaggi economico-patrimoniali per i restanti. Si tratta di un quadro accusatorio robustissimo (restando il fatto che il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari).

Senza infingimenti, si tratta in ogni caso di un colpo mortale per Otranto e il turismo, non solo salentino. Prova ne è la stessa copertura mediatica e giornalistica data al caso in tutta Italia. Restano intatti dubbi e una malevola supposizione, sul fatto di come certi episodi criminosi si siano così manifestati nel tempo senza opporvi il dovuto contrasto. Eppure qualche segnale era stato lanciato e non una sola volta. Qualcuno dovrebbe saper rispondere a questa osservazione.

 

Luigi NanniPubblicista, analista politico

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