La Francia verso un salto nel buio? Risponde Tosseri (Les Echos)

“Dal punto di vista economico il deficit non è più sotto controllo: il debito pubblico è schizzato al 114 per cento del PIL. Dal punto di vista sociale, i cittadini sono sempre più arrabbiati, come si è visto dagli scontri di ieri, mentre il 18 settembre i sindacati parlano di manifestazioni e di scioperi”

Una Francia nel caos. Un Paese unito per “bloccare tutto” e chiedere, quasi all’unanimità, le dimissioni di Macron. Circa cinquecento gli arresti in tutto l’Esagono che reincarnano, senza dubbio, la stanchezza dei cittadini francesi: a poche ore dalle dimissioni di Bayrou, insomma, il clima è tutt’altro che pacifico. Ne abbiamo parlato con Olivier Tosseri, corrisponde in Italia di Les Echos, nel nuovo episodio del format Skill Pro.

 

 

Il Premier francese si è dimesso ufficialmente e nel suo ultimo discorso ha affermato che “non c’è un bilancio in pareggio da 51 anni” e che “il Paese è ormai in pericolo di vita”. Come mai si è giunti a questa decisione e cosa succederà ora?

Le dimissioni del Primo ministro francese erano scontate perché doveva fronteggiare una situazione di stallo, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista politico. Non aveva una maggioranza ed era ostaggio di un parlamento molto diviso e arrabbiato nei suoi confronti. Da una parte, un’estrema destra e un’estrema sinistra che volevano farlo cadere, dall’altra – dal punto di vista economico – una situazione sempre più pesante con all’orizzonte una legge di bilancio “lacrime e sangue” che prevedeva tagli per 44 miliardi di euro.

Insomma, l’esito di questo voto di fiducia era scontato. Adesso la Francia è piombata in un’altra crisi politica, che ogni volta è sempre più grave. Il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron ha scelto Sébastien Lecornu come nuovo Primo ministro, il settimo da quando è stato eletto, ma diventa sempre più complicato trovare un nome per mettere tutti d’accordo.

Il nuovo Primo Ministro Sébastien Lecornu (Lapresse)

 

Bayrou ha parlato di un Paese “in pericolo di vita”. È solo retorica politica o davvero la Francia rischia una crisi sistemica, economica e sociale?

In effetti la situazione diventa sempre più grave e pericolosa per la Francia. Dal punto di vista economico è davanti agli occhi di tutti che il deficit non è più sotto controllo: il debito pubblico è schizzato al 114 per cento del Pil. C’è un sempre più grave pericolo di speculazione sul debito francese, un po’ come avvenne in Italia ormai 14 anni fa. Tra l’altro domani, sicuramente, l’agenzia di notazione Fitch abbasserà la nota del debito francese. Dal punto di vista sociale, invece, i cittadini sono sempre più arrabbiati, come si è visto dagli scontri di ieri, mentre il 18 settembre i sindacati parlano di manifestazioni e di scioperi.

Questa situazione quanto pesa sugli equilibri del mondo? Considerando specialmente le due guerre in corso in Medio Oriente e in Ucraina?

Per quanto riguarda il punto di vista politico e istituzionale è chiaro che la Francia sta vivendo una crisi di regime: la Quinta Repubblica, che era un governo molto stabile, è giunta a un punto fermo e la caduta di Bayrou lo dimostra in maniera eclatante. È ovvio che questa crisi potrebbe avere delle conseguenze per l’Europa e per il mondo, perché innanzitutto l’Esagono è la seconda economia della zona euro e potrebbe quindi portare a delle ripercussioni sugli altri paesi, tra cui l’Italia, di cui la Francia è uno dei mercati di riferimento.

Dal punto di vista delle guerre e degli scenari internazionali, la Francia rimane comunque la prima potenza militare europea, un membro permanente del consiglio di sicurezza dell’Onu ed era in prima linea sulla crisi ucraina. Essendo poi alla guida della famosa coalizione dei volenterosi per Gaza era il paese che spingeva di più per il riconoscimento dello stato palestinese. È scontato, quindi, che se la Francia entra in una fase di gravissima instabilità la sua voce si farà sentire di meno e sui dossier internazionali sarà sempre più complicato per l’Europa far sentire la sua voce.

I nemici di Macron, l’estrema destra e l’estrema sinistra, per esempio, hanno dimostrato una linea molto vicina a quella russa: se per caso dovesse cadere il Presidente della Repubblica, per fare spazio per esempio al Rassemblement National, la diplomazia francese cambierebbe radicalmente.

Se il premier lascia, la responsabilità ricade interamente sull’Eliseo: come ne esce la figura di Macron da questa vicenda? È un segno di forza o di debolezza della sua leadership?

I francesi erano già molto delusi da Macron e c’è un colera che sta crescendo sempre di più nel paese. La sua popolarità ha raggiunto i minimi storici e non ha più il controllo della situazione dato che il Parlamento non ha più la maggioranza. Ha già sciolto le camere una volta ed è stata una catastrofe per il suo partito, ovviamente potrebbe rifarlo ma vorrebbe dire aprire la strada a un’eventuale vittoria dell’estrema destra. Se invece mantenesse questo stallo, con il nuovo Primo ministro, sarebbe un po’ la sua ultima chance perché se Lecornu dovesse fallire non ci sono tante opzioni se non sciogliere di nuovo il Parlamento.

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