Torna il dr. Cavendish. Stavolta in cerca dei drammi perduti di Euripide

Il personaggio dell’investigatore, restauratore e ricercatore di antichi manoscritti e papiri, creato da Mario Capasso, papirologo di fama internazionale, questa volta va in Egitto per recuperare sette codici che contengono i drammi perduti di Euripide. Avventure e colpi di scena

Come si fa per i gialli, naturalmente non racconteremo come va a finire l’avventura del dr. George Cavendish, elegante figura di inglese, che tra le sue corde, oltre ad acume, competenza ed esperienza, ha il senso dell’umorismo e intuizioni folgoranti, conosce le lingue e perfino il dialetto berbero, che gli tornerà utile in questa impresa.

Cavendish lascia la quiete ovattata del suo studio di restauratore di antichi manoscritti a Manchester e parte per l’Egitto, invano scoraggiato dall’apprensiva e fedele segretaria Dorothy, che lo mette in guardia contro pericoli e insidie.

Il dr. Cavendish non si lascia distogliere da quella che è la sua passione e la sua missione: stavolta – la vicenda si svolge a metà degli Anni Trenta –  deve recuperare sette codici contenenti le tragedie perdute di Euripide. Egli le aveva scoperte durante una sua missione archeologica  in un luogo dove c’è il Monastero della Seconda luna, con una biblioteca copta, vicino all’altipiano del Gebel Qatrani, ai confini con il deserto libico, e una foresta pietrificata di 35 mila metri quadrati e alberi alti fino a 20 metri .

Cavendish era stato poi tradito dal suo principale collaboratore che gli aveva sottratto i codici, ma  poi, pentito, aveva indicato al suo capo missione il luogo dove poterli recuperare. Una parola!

Il nuovo libro del professor Capasso è il racconto dei tentativi messi in atto dal suo personaggio  per recuperare i codici, tra colpi di scena, pericoli, insidie, tentativi di raggiro, mercanti di finte antichità e di falsi manoscritti, polizia egiziana inaffidabile e corrotta.

Qui ci fermiamo con la narrazione per non sciupare il gusto della lettura e della scoperta.

 

 

 

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Però facciamo alcune annotazioni che pagina dopo pagina ci è venuto di fermare sul foglio.

Anzitutto la scrittura.

Il professor Capasso conferma ,anche in questa nuova puntata di quella che ormai si può chiamare “la saga del dr. Cavendish,  le sue doti di narratore, di affabulatore. Leggendo i venticinque brevi capitoli, in cui egli ha scandito la storia, come  tanti quadri di una rappresentazione teatrale, sembra di ascoltare la voce dell’’autore, mentre si è seduti davanti a un caminetto:  non solo per la chiarezza cristallina della prosa ma anche per un timbro quasi confidenziale della narrazione., come di chi racconta forse una propria esperienza ma per interposta persona.

E poi l’ambiente in cui la vicenda si dipana con un ritmo incalzante senza pause e si ha voglia di sapere presto come va a finire. Il narratore, il professor Capasso, che in Egitto ha condotto alcune campagne di scavo per la ricerca di papiri, si muove a suo agio in queste contrade, conosce personaggi, le vie, i quartieri del Cairo, il modo di fare degli abitanti, la loro propensione al mercanteggiamento. E poi deve aver fatto esperienza diretta di tutto un sottobosco dove pullulano venditori di documenti antichi veri e falsi, di papiri, testi spacciati per veri e invece sono patacche rifilate agli occidentali, scavatori clandestini, guardie che invece di vigilare scavano anch’esse di notte e vendono a loro volta a trafficanti infidi e famelici.

Fa un certo effetto vedere personaggi di dubbia o nulla cultura, alcuni perfino beduini, cercare di mettere le mani sui codici che il dr. Cavendish va tentando di recuperare, cioè sui drammi perduti di Euripide. Che ne sanno costoro del famoso tragediografo greco? Senza dubbio non lo hanno mai sentito nominare, ma evidentemente, mentre Cavendish vuole recuperare i codici per il loro inestimabile valore storico e culturale per l’umanità, i beduini li considerano semplicemente da un punto di vista commerciale, hanno fiutato l’affare e cercano di scipparli.

C’è poi chi – come la direttrice del Museo egizio, dottoressa Davenport, dalla descrizione una signora di un certo fascino, – verso la quale Cavendish da buon inglese si mostra galante e cortese, e la invita a cena – che espressamente chiede che i testi di Euripide, una volta che siano stati recuperati, debbano essere consegnati alle istituzioni del Paese, perché non bisogna depredare l’Egitto dei tesori che si trovano nel suo territorio.

Capasso nella vivacità ma anche nell’accento ispirato di certe descrizioni tradisce quello che può chiamarsi un mal d’Africa o un mal d’Egitto. Ce lo fa supporre, per esempio,  un’altra caratteristica ricorrente nelle pagine di questo libro: la descrizione delle pietanze egiziane, tanto che sarebbe istruttivo – lo suggeriamo al benemerito editore PENSA per le prossime puntate della saga – far seguire in fondo al romanzo un glossario particolareggiato di cibi, bevande e piatti citati nel libro  con dovizia di particolari. E descrizione fin nei dettagli.

Il soffermarsi su questi momenti gastronomici, in un modo più accentuato, mi è parso, che negli altri volumi, perlomeno nel penultimo, mi ha suggerito l’ipotesi che in realtà queste pause, chiamiamole così, culinarie abbiano una funzione di breve intermezzo all’interno dell’incalzante ritmo narrativo che suscita crescente interesse nel lettore. Oppure, ipotizziamo, è un segno di una passione dell’autore per la cucina?

Suggestive, perché ci dà il colore e il calore del tempo e dei luoghi, sono alcune descrizioni, come quella della Città dei Morti, al Cairo, un labirinto di tombe, piccoli mausolei, dove vive quasi un milione di persone e dove avventurarsi è appunto un’avventura dagli esiti imprevedibili; o la descrizione del groviglio di stradine nel malfamato quartiere di Imbaba.

Ma non colpiscono meno, perché ricche di pathos, le scene vissute attraversando il deserto libico, con la sabbia dai colori cangianti, e le sabbie mobili dentro le quali sprofondano i cammelli. Indimenticabile la figura della guida Adli che conduce il gruppo di ricerca attraverso il deserto e che ha stupefacenti capacità: dal colore della sabbia intuisce il pericolo di sabbie mobili; “sente”, mentre gli altri della comitiva non vedono nulla, che qualcuno li sta seguendo; avverte il sudore che gli scorre per la schiena e spiega: quando un arabo dice di avvertire questa sensazione, una tempesta è in arrivo.

 

 

 

E mentre la vicenda si complica e conosce nuove sorprese e cambi di scena, colpisce la calma olimpica del dr. Cavendish, che non è flemma britannica ma equilibrio interiore, tipico dell’uomo che pondera, riflette e spesso si illumina di intuizioni risolutrici.

É questa imperturbabilità del dr. Cavendish, conservata anche nei momenti più drammatici della storia, a dare al romanzo pur nel ritmo senza sosta del dipanarsi delle vicende, un potere rilassante sul lettore.

Questo è, lo ripetiamo per sottolinearlo come una delle qualità del romanzo, anche merito di una scrittura fresca e limpida come acqua di sorgente.

E poi, come nei film di James Bond, e altre serie consimili, il lettore si appassiona alla vicenda ma è tranquillo, tanto sa che il protagonista alla fine vince sempre.

Vincerà anche il dr. Cavendish in questo romanzo? Lasciamolo scoprire al lettore.

Una cosa però ci preme dire ed è una preghiera che rivolgiamo al professor Capasso: il dr. Cavendish si muove in un mondo in cui Lei ha profuso passione, lavoro, tempo e senso dell’avventura scientifica. Non ci privi di altre puntate.

 

Simone Massaccesi Redattore

 

 

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