Quirinale, ‘’il centrodestra rischia una Caporetto se non passa un suo candidato’’
Dieci domande a Gianfranco Rotondi

Intervista con il parlamentare di lungo corso, deputato di Forza Italia, noto per le sue analisi lucide e schiette. È autore di un libro uscito da poco: La variante Dc, Storia di un partito che non c’è più e di uno che non c’è ancora’’, editore Solferino.

Politica

Per cominciare: quali sono le sue impressioni su quel che sta succedendo in Parlamento?

 Siamo nella più classica situazione di stallo.

Berlusconi ha fatto bene a ritirarsi?

Non ho condiviso quella decisione, ma apparteneva alla sua discrezionalità e va rispettata.

Questo indebolirà la sua leadership e il suo peso nel centrodestra?

No, al contrario, da questo punto di vista il peso politico di Berlusconi è altissimo.

Girava la voce che se fosse eletto al Colle, Casini lo nominerebbe senatore a vita insieme a Prodi. Motivazione: un gesto di pacificazione nazionale dopo i duelli del bipolarismo. 

Non vi sono posti disponibili di senatore a vita e auguriamo a tutti lunga vita.

Il centrodestra riuscirà a far eleggere un suo candidato?

 Se non ci riesce è una Caporetto. 

Ma a proporre una rosa invece di trattare partendo da un azzeramento delle rose non si rischia che alla fine il presidente lo scelgano gli altri?

Oggi nessuno ha la forza di scegliere il presidente da solo. 

Secondo lei Draghi sta facendo bene a fare incontri, forse trattative essendo presidente del Consiglio in carica? C’è chi trova singolare, e comunque senza precedenti, questo modo di agire.

Il presidente del Consiglio è il principale protagonista politico, è normale che interloquisca coi partiti.

Anche stavolta una donna al Quirinale pare una ipotesi difficile?

 Non direi, anzi…

Non trova stucchevole e anche un po’ offensiva per le donne questa pantomima che va in scena tutte le volte? si dice: stavolta pensiamo a una donna. Poi puntualmente non se ne fa nulla.

Peggio: appena si manifesta una candidatura donna, tutti a spiegare che non è quella giusta. 

Qualche costituzionalista ha osservato la particolarità di queste elezioni presidenziali: a eleggere il capo dello Stato che durerà sette anni è chiamato un parlamento di fatto in scadenza, ma soprattutto un Parlamento alla sua ultima configurazione che ha dal 1948 – 630 deputati e 315 senatori- e che di fatto non rispecchia la volontà popolare espressa nel referendum per un Parlamento numericamente ridotto.

È un rilievo suggestivo ma non fondato. 

Che  succederà nel centrodestra:  si rafforzerà, si spaccherà? Chi darà le carte?

Non mi sembra che il centrodestra sia già strutturato nella definizione finale.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

 

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