Le stanche liturgie del “bicameralismo perfetto”

Due giorni con Draghi a dire, tra Camera e Senato, le medesime cose sull’Ucraina Con il nuovo Parlamento forse si potrà rimediare con le sedute comuni, superando alcuni ostacoli.

MondoPolitica

È un tasto su cui abbiamo già battuto altre volte.

Il bersaglio polemico è il cosiddetto bicameralismo perfetto (c’è un ironia oggettiva nelle parole, nel senso in cui si parla di lacrymae rerum).

Un Parlamento con due Camere che hanno  identiche funzioni è un lusso che un Paese industrializzato e una potenza (o ex potenza?) economica come l’Italia non si può permettere. Troppa perdita di tempo. Troppa lentezza nel processo decisionale. Se il Parlamento tiene, e farebbe bene ad averla cara come la luce dei suoi occhi, alla sua centralità, la strada migliore per riconquistarla non è certo continuare con i difetti delle due Camere fotocopia l’una dell’altra.

Pensate: il 21 giugno il presidente del Consiglio Draghi si è recato dai senatori a fare, come prescrive una legge approvata nel 2012 (governo Monti), le sue “comunicazioni” prima del Consiglio europeo del 23 -24 giugno. Dopo il discorso di Draghi,  si è svolto il dibattito, in cui sono intervenuti, com’è giusto, tutti i gruppi parlamentari, anche i senatori che rappresentano solo se stessi.

Poi il  voto di una “risoluzione”, partorita dalla maggioranza dopo un lungo travaglio, durante il quale si sono registrati alcuni effetti collaterali, di cui ancora non è facile calcolare la portata e gli sviluppi politici futuri.

Si è visto lo spettacolo inedito, e credo unico nel mondo delle democrazie occidentali,  di un ministro degli Esteri, seduto accanto al presidente del Consiglio durante il dibattito sulla politica estera, che abbandona il partito portandosi appresso alcune decine di seguaci. Per andare dove? Per fare cosa? Indovinala grillo, stavolta rigorosamente scritto con la lettera minuscola.

Intendiamoci.

Poteva bastare al governo il voto di un solo ramo del Parlamento,  per sentirsi autorizzato di fronte al consesso europeo?  Facendo un discorso di buon senso, e non in punto di diritto costituzionale, altrimenti i costituzionalisti giustamente ci bacchetterebbero, e avrebbero ragione,  la risposta potrebbe essere: certo che bastava. Anche perché la maggioranza politica che sostiene il governo è la stessa a Palazzo Madama e a Montecitorio.

E allora perché Draghi, appena 24 ore dopo il Senato, è dovuto andare alla Camera a leggere le stesse dichiarazioni che aveva fatto a a Palazzo Madama?

Poteva non andare? Certo che no. I deputati avrebbero linciato prima Draghi e poi Fico.  In nome delle ragioni del bicameralismo perfetto che la ragione (tranne quella costituzionale)  non conosce, Draghi si è sobbarcato a un’altra giornata di dibattito.

E sia pure non replicando e mantenendo un atteggiamento imperturbabile, e quel sorriso enigmatico appena accennato che alcuni  tacciano di sovrano disprezzo e altri di espressione di un’ambigua Gioconda, il presidente del Consiglio si è beccato al Senato l’appellativo di chef che serve piatti succulenti per i poteri forti, e alla Camera, nientemeno, condividendolo con Di Maio, il grido di “assassini, criminali”.

A gridarlo è stata una deputata non nuova a simili perfomance da avanspettacolo parlamentare, una simil pasionaria che non si fa sfuggire l’occasione per finire sui giornali. E perciò non  ne diremo il nome, ma solo il cognome: Cunial! Richiamata prontamente per due volte dal presidente Fico, ma in realtà era da cartellino rosso immediato, non da ammonizione, perché, come poi ha rilevato il deputato Fornaro di Leu, certe espressioni non dovrebbero mai risuonare nelle aule parlamentari. Ma “o tempora o mores!”.

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Alla Camera Draghi nella replica non ha aggiunto nulla di nuovo, rispetto alle “Comunicazioni” iniziali (e già note dal giorno prima) e questa è una novità, perché di solito, e ,specialmente nei congressi politici, le repliche sono più interessanti delle relazioni introduttive.

A parte alcune sottolineature sul come arrivare alla pace, c’è un passaggio della replica di Draghi che ci preme segnalare: è quando dice che il discorso sulla guerra, a parte ogni considerazione politica e diplomatica, introduce anche una nota personale; e parlava di se stesso, volendo esprimere un turbamento, una preoccupazione anche di ordine morale.

Ecco: chi si diverte a presentare l’ex presidente della Bce come un uomo algido, dal sorriso appena accennato che molti scambiano per atteggiamento di superiorità e di alterità, tenga presente questo momento di confessione, che Draghi ha voluto consegnare agli stenografici parlamentari. Una nota di umanità e di virile debolezza nello scontro politico che si vuole a tutti costi gladiatorio.

Per il resto, c’è stata la riproposizione anche alla Camera del dibattito, nel quale sono intervenuti due segretari di partito: Letta, del Pd, e Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia’ E Conte? Non è deputato, e hanno parlato per lui il capogruppo e altri deputati agguerriti per spiegare con veemenza  che i 5 Stelle  non hanno fatto giochini, e si sono sempre sacrificati per il Paese facendo anche scelte impopolari ( tra queste non hanno citato, chissà perché, forse perché se ne sono pentiti amaramente, la proposta di tagliare il numero dei parlamentari, un taglio peraltro imposto dai tempi, ma fatto con tecnica da macellaio istituzionale).

A parte i leader di partito, si è dipanato il gomitolo di interventi compresi nel dibattito e interventi per dichiarazioni di voto. In gran parte, duole dirlo, molto ripetitivi.

E c’è una ragione: perché il deputato o senatore che interviene di solito ha davanti a sé un discorso che si è preparato, e se un collega prima di lui ha detto le stesse cose, per es, il refrain “sono ormai 120 giorni dall’inizio della guerra”, non modifica in corsa, no; continua imperterrito a leggere il suo bravo compitino.

L’effetto complessivo che ne deriva è un evidente senso di noia, di ripetitività, perfino se si tratta di questioni che grondano lacrime e sangue.

In conclusione: Draghi, che certamente da presidente del Consiglio avrà l’agenda nazionale e internazionale piuttosto fitta,  è stato in Parlamento due giorni (e c’è stato, come vedremo,  un deputato, Forciniti, che  l’ha pure sbeffeggiato e deriso).

Una speranza e un pro-memoria per il prossimo Parlamento

C’è da sperare che nella prossima legislatura si faccia una scelta politica e, se non basterà,  una modifica costituzionale in forza della quale dibattiti come questi possano svolgersi in una seduta comune del Parlamento. Così si dimezzano i tempi, si semplificano le questioni, si chiacchiera meno e si conclude di più.

Anche logisticamente la soluzione è facilitata dal fatto che i 400 deputati e i 200 senatori (più qualche senatore a vita) potranno tranquillamente sedere sugli scranni di Montecitorio, che attualmente sono 630!

Nella replica Draghi ringrazia e precisa

1) Per il sostegno ad aiutare l’Ucraina a difendere la libertà e la democrazia;

2) a continuare con le sanzioni contro il Paese invasore;

3) a sostenere il potere d’acquisto degli italiani;

4) a preparare con tutti gli altri la ricostruzione dell’Ucraina;

5) a sostenerne lo stato di candidato nell’Unione europea;

6) a ricercare una pace duratura che rispetti i diritti, la volontà e la libertà in Ucraina.

Poi con qualche autoironia ha detto che non si ricordava più a quale punto era arrivato.

Ha preso l’impegno di cercare di far di tutto per evitare la tragedia della crisi alimentare nei Paesi più poveri del mondo.

Le sanzioni: sono efficaci, non sono efficaci?

Quando io dico che sono efficaci, ripeto quello che tutte le organizzazioni internazionali mi dicono; ho la sensazione, da tutti i dati, che siano molto efficaci e, anzi, che diventino ancora più efficaci quest’estate. Da tutti i segnali che si hanno da parte russa, questa è l’evidenza: una grande preoccupazione che sta crescendo.

Il secondo punto sollevato dall’onorevole Maniero riguarda i concimi. Ha ragione, ho sollevato questo punto tre mesi e mezzo fa con la Commissione europea e sto aspettando una risposta . L’on. Maniero, del Gruppo Misto, aveva fatto pesente a Draghi che l’Italia ha messo l’embargo sui concimi, mentre gli Stati Uniti, dopo le pressioni degli agricoltori, quell’embargo lo hanno tolto. Con un danno per l’Italia.

Sulla pace, qual è il punto

C’è una fondamentale differenza tra due punti di vista: in base a uno, il mio sostanzialmente, l’Ucraina si deve difendere.

Le sanzioni, l’invio di armi servono a questo. L’altro punto di vista è diverso: l’Ucraina non si deve difendere, non dobbiamo fare le sanzioni, non dobbiamo mandare le armi; la Russia è troppo forte, perché combatterla? Lasciamo che entri, lasciamo che l’Ucraina si sottometta; dopotutto, cosa vogliono questi.

Il secondo punto riguarda quella che ho definito più volte una tragedia umanitaria derivante dalla carestia, dalla crisi alimentare che sta per abbattersi sui Paesi, su coloro che hanno meno di tutti al mondo, su coloro che sono i più poveri; ma naturalmente la colpa è delle sanzioni, la colpa è dell’Europa…No! La colpa è della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina (Applausi)!

Draghi, ecco le esatte parole “intimiste”

“Vorrei fare, come ieri, una considerazione di carattere personale. Alcune di queste decisioni, soprattutto quando vedono l’Italia coinvolta sia pure indirettamente in una situazione di guerra, sono decisioni importanti, complesse e profonde anche dal punto di vista personale, hanno dei risvolti morali molto profondi, molto complicati e, quindi, il vostro sostegno è fondamentale e vi ringrazio”.

(Prolungati applausi – Commenti).

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Spulciando  tra gli stenografici del dibattito

Osvaldo Napoli (Gruppo Misto)

Il Governo corre il rischio di nuove e continue mediazioni tra la cosiddetta parte contiana e quella di Di Maio.

La gente non ci segue più e la credibilità della politica, con questo scontro all’interno del MoVimento 5 Stelle, e non solo, è a livello zero, con una situazione economica delle famiglie in gravi difficoltà.

Torniamo a discutere di fatti concreti, non del sesso degli angeli alla ricerca di consensi, perché è quello che ci chiede la gente e credo che la nostra linearità, a livello nazionale, ma, in modo particolare a livello internazionale, e la linea di questo Governo siano state estremamente chiare. Non possiamo confrontarci in continuazione e continuamente mettere in dubbio la volontà dichiarata.

Romaniello ( Gruppo misto- Europa verde)

Che le  sanzioni funzionano lo deve dire in televisione o nelle piazze ai cittadini italiani che stanno pagando bollette allucinanti, tre volte quelle che pagavano l’anno scorso. Ci sono intere famiglie che facevano fatica lo scorso anno; come fanno ad essere in grado adesso di pagare le bollette? Questo riguarda anche la questione dei prezzi.

Alvise Maniero ( Gruppo misto),  il controcanto a Draghi: il rublo moneta superstar

Vede, ci avevano raccontato, ci aveva raccontato, che le sanzioni servono a far finire la guerra, a indebolire la Russia, a impedirle di finanziare lo sforzo militare della guerra con l’Ucraina, Paese che è stato invaso.

Allora, guardiamo il rublo. Il rublo doveva collassare. Infatti, parte di tutte le manovre sul sistema SWIFT, dei blocchi, degli scambi e delle riserve era mirato a quello. Penso che l’avrà notato: il rublo è esploso di valore, ai massimi dal 2017, e continua a salire. Bloomberg l’ha eletto a moneta dell’anno; ha superato il real (non la squadra di calcio, ovviamente, ma la valuta).

Vede, questo risultato io non lo porterei come esempio che queste sanzioni funzionino. Adesso la Banca centrale russa sta ragionando su come svalutare la sua moneta, perché si è rafforzata troppo. Secondo punto: dovevano mancare alla Russia gli introiti per finanziare lo sforzo bellico.

Ebbene, guardiamo ai dati: nell’anno scorso, il 2021, l’attivo di bilancia commerciale russa – cioè, quanti soldi entrano meno quanti soldi escono – era di 120 miliardi di dollari, mentre per il 2022 si aggirerà sui 250 miliardi di dollari. Io non ho capito queste sanzioni, atteso che funzionino, per chi stanno funzionando, perché per fermare la guerra assolutamente no.

La guerra la vogliamo davvero far finire?

Ecco cosa sta facendo la Germania.

“L’Ucraina è una vittima. Guardi le do uno scoop, perché adesso lei penserà che io sia James Bond. Le leggo l’elenco degli armamenti inviati e da inviare e il relativo costo da parte della Repubblica Federale di Germania.

Non glielo leggo tutto, ma vedo che ci sono 3 mila testate per Panzerfaust, 900 lanciatori, 14.900 mine anticarro, qualche milione di munizioni e via così per due o tre pagine. Io non sono James Bond e non ho fatto un’incursione.

Questi sono dati pubblicati ieri sui siti del Ministero della Difesa della Germania  La Germania ha un piano di riarmo da 100 miliardi. Non lo so noi a confronto cosa abbiamo inviato. È la sua riforma del catasto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), Presidente Draghi, è il libro del Ministro Di Maio? Deve essere una cosa veramente distruttiva!”

Rixi (Lega)

Se pensiamo di indebolire la Russia nel momento in cui i costi delle materie prime schizzano ai massimi storici ed è la stessa Russia la più grande esportatrice di materia prima a livello mondiale, forse non capiamo quello che sta succedendo e quello che succederà tra pochi mesi.

Sono fortemente preoccupato, la mia forza politica è fortemente preoccupata, non è filorussa, come dice qualcuno, è filoeuropeista, ma nella accezione migliore, quella che vuole un’Europa di fratellanza tra i popoli, che crede ai grandi fondamenti di chi costituì l’Europa, un’Europa di pace, un’Europa che tende a unire, e non a dividere.

Lia Quartapelle (Pd)

Siamo l’unico partito che finora ha proposto alcuni punti organici complessivi per rafforzare l’integrazione europea. Ci piacerebbe ascoltare cosa ne pensano gli altri gruppi politici, chi dice improvvisamente di essere filoeuropeista, quando stava organizzando un viaggio a Mosca, senza che il Governo lo sapesse  ( il riferimento è a Salvini, NdR).

Ci piacerebbe ascoltarlo anche dai partiti di opposizione, con cui in queste settimane abbiamo trovato una convergenza sulle linee di politica estera, ma che vediamo in Europa sostenere partiti e Governi che, troppo spesso poi, nei consessi europei, minano la posizione del nostro Paese. (il riferimento è a Fratelli d’Italia, e le replicherà a muso duro l’on. Del Mastro)

Fassina ( Leu) si dissocia

Siamo in un’economia di guerra. Certo, la responsabilità dell’economia di guerra è della Russia, nessuna ambiguità su questo punto, nessuna equidistanza, siamo dalla parte dell’Ucraina.

Con realismo, però, dobbiamo prendere atto che la distanza che ancora ci separa da un cessate il fuoco è dipesa anche dalla continua affermazione di obiettivi che non aiutano ad avvicinarlo: prima, il regime change a Mosca, poi, ripetutamente, la vittoria dell’Ucraina, la riconquista dell’intero territorio ucraino.

La pace? è difficile che, prima delle elezioni di midterm, negli Stati Uniti si avvii seriamente un negoziato. Quindi, siamo in un’economia di guerra. Allora, caro Presidente Draghi, il punto politico è molto chiaro: in un’economia di guerra non puoi normalizzare la politica economica e la politica di bilancio, perché altrimenti pagano le lavoratrici, i lavoratori e le piccole imprese.

Per quanto riguarda il price-cap, siamo totalmente a sostegno della scelta che il Governo ha fatto di percorrere la strada europea.

Dopodiché, Presidente, sono quattro mesi di guerra: bene che vada, ci vorranno mesi prima che quel meccanismo prenda piede. Allora, nel frattempo, si deve attivare un price cap nazionale, come hanno fatto Spagna e Portogallo, con effetti certamente minori, ma, comunque, significativi e, poi, bisogna sostenere i redditi di chi è colpito sul proprio potere d’acquisto.

A titolo personale, le ragioni che le ho sottolineato mi impongono di non poter sostenere la risoluzione della maggioranza.

Guido Germano Pettarin (Con l’Italia)

“Wir sind alle Ukrainer”: siamo tutti ucraini.

È fondamentale che, nelle prossime ore, nell’immediato, l’Italia si faccia portavoce della necessità di revisionare i Trattati europei. Lei lo ha detto mille volte, noi cerchiamo di rafforzarla: i Trattati europei non sono più adeguati a quella che è l’esigenza attuale dell’Unione europea. Principi come quelli della possibilità di porre un veto fanno ormai a pugni con quella che è la realtà che ogni giorno noi stiamo respirando. Dbbiamo bisogno di finanziare l’uscita dalla crisi e di avviare quelle riforme che da troppo tempo sono attese.

Lupi  (Noi con l’Italia) cita Tacito

Ieri ho sentito nel dibattito al Senato uno slogan semplicistico, come tutti gli slogan, e falso: passiamo dalla diplomazia delle armi, alle armi della diplomazia. Scusate, non è un gioco di parole, ma questa affermazione è disarmante, non degna delle istituzioni.

Che non si possa mai dire dell’Ucraina quello che si diceva degli antichi romani: desertum fecerunt et pacem appellaverunt, fecero un deserto e lo chiamarono pace. Le molte città e i villaggi rasi al suolo dai russi…purtroppo non ci fanno ben sperare.

Riccardo Ricciardi, precisa la linea dei 5 Stelle con alcune rivendicazioni polemiche

Viviamo in un meraviglioso Paese, ma in un Paese molto strano.

Ho sentito ora parlare di centralità del Parlamento: qui c’è una forza politica che chiede proprio questo, ma non è una forza politica che si è messa in contrapposizione rispetto all’azione di questo Governo.

Qui parliamo della forza politica che, all’indomani dell’invasione russa in Ucraina, ha dato sostegno immediato, incondizionato, totale, alla difesa del popolo ucraino contro questa aggressione scellerata.

Non c’è mai stata un’esitazione.

Noi siamo stati i primi a dire: parliamo di mercato energetico comune, di politica energetica comune in Europa, parliamo del tetto al prezzo del gas, parliamo di stoccaggi comuni, parliamo di un’Europa che finalmente acquisti un potere negoziale rispetto al tema delle energie e non dove tutti i Paesi sostanzialmente viaggiano individualmente.

C’è anche la speculazione di Putin, perché Putin, grazie alla speculazione sul prezzo del gas – e qua dentro ce lo dobbiamo dire – quest’anno incasserà 100 miliardi di più di quanti ne ha incassati nel 2021.

Noi abbiamo pensato alla stabilità del Paese. Poi, qualcuno ( il riferimento a Di Maio è puramente casuale?, NdR)  usa la parola “stabilità” probabilmente pensando alla stabilità della propria posizione e non alla stabilità del Paese. Per noi al centro c’è la stabilità del Paese e la storia già ci ha dato ragione.
(Excusatio non petita)

“Nessuno può dire che il MoVimento 5 Stelle ragioni per calcolo elettorale. Questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra e la rivendichiamo fin dall’inizio di questo Governo, Presidente, perché, se avessimo voluto fare calcoli elettorali, sia l’anno scorso sia quest’anno, avremmo compiuto altre scelte. A noi interessa sempre quello per cui i cittadini ci hanno votato e mandato qui”.

Del Mastro delle Vedove ( Fratelli d’Italia)

“È nelle corde del cuore di una destra patriottica sulla politica estera scegliere sempre e comunque, a prescindere, l’interesse nazionale. Per questo tralasciamo ogni commento, Presidente, alle miserie domestiche che si stanno consumando nell’ex galassia pentastellata.

Sarebbe una ghiotta occasione per ribadire che l’Italia non si governa con la cultura confusa dei “vaffa”, ma in Europa è tempo di storia, tragica, ma pur sempre storia. Non ci immiseriremo a commentare una cronaca domestica meschina, che rischia di pregiudicare l’immagine italiana nei consessi europei e, segnatamente, la sua e la nostra immagine nel consesso del 23 e 24 giugno.

Chi oggi come Lia Quartapelle approfitta del suo intervento per fare polemica, chiedendo dove stia Fratelli d’Italia a livello internazionale, perde un’ottima occasione per tacere, dimostra di non capire la grandezza del momento storico , ma soprattutto non comprende che la nostra risposta è semplice:

dalla parte delle Nazioni libere e democratiche, nella cornice euro-atlantica, senza “se” e senza “ma”.

Si chieda se la sua maggioranza è in quell’alveo o distilla una maleodorante cultura anti-Occidente, che si traduce anche in semi-crisi di Governo!

Fratoianni (Leu)

Si disse: se noi non inviamo anche le armi, non ci sarà più neanche lo spazio di una trattativa. In poche ore Putin sarà a Kiev e la possibilità di una via diplomatica sarà cancellata.

Faccio però oggi a lei, signor Presidente del Consiglio, a quest’Aula, una domanda: dopo quasi quattro mesi di guerra, di una guerra devastante, che ogni giorno alimenta la catena dei lutti, il numero dei profughi, il numero delle vittime, sempre più civili, sempre più incolpevoli, quella strada non mostra qualche limite?

Quando sarà raggiunto il punto di equilibrio sul piano delle forze tale da consentire che dalle armi, come unica strada, si passi all’investimento deciso sulla diplomazia? Quando arriverà quel momento? Perché qualcosa, Presidente, noi dobbiamo anche dire. Ho appreso a un certo punto davvero con grande gioia la notizia che l’Italia aveva preparato un proprio piano di pace.

Mi spiace che non ci sia qui il Ministro degli Affari esteri, avrei voluto chiederlo anche a lui e lo faccio per suo tramite. Dove è finito quel piano di pace? Il Parlamento non ne ha mai discusso, non ne abbiamo mai saputo nulla. È il piano di pace del Governo? È il piano di pace della Farnesina? È scomparso dai radar.

Forciniti ( Gruppo misto) irridente ma Draghi non si scompone

Presidente Draghi, intanto io le manifesto la nostra sincera solidarietà perché oggi lei è costretto a passare con noi la mattinata in questo orribile postaccio chiamato Parlamento, che lei disprezza sistematicamente così tanto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), al punto da non voler mai venire qui.

Non è venuto qui prima di andare da Biden a prendere la lista delle cose da fare. Non è venuto qui prima dell’ultimo Consiglio straordinario del 30 e del 31 maggio. L’ultima volta che è stato qui ci ha fatto una altezzosa informativa, nella quale ci ha detto le cose che intende fare senza nemmeno permetterci di dare un orientamento con un misero voto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Scusi se vorremmo, ogni tanto, poter dire qualcosa.

E vengo al tema della guerra: se lei parlasse meno con Biden e più con i cittadini italiani, a caso, le basterebbe andare in un bar o per strada e si renderebbe conto che i cittadini italiani e l’opinione pubblica non vogliono le proprie mani sporche di sangue, non vogliono assumere una postura di Paese cobelligerante, ma vogliono piuttosto che l’Italia valorizzi ed esalti la sua vocazione diplomatica.

Anche perché noi avremmo una “cosetta” che a lei non piace molto, chiamata Costituzione italiana, che in teoria ci vieterebbe di entrare come parte cobelligerante in un conflitto.

Conseguenze economiche di quello a cui stiamo andando incontro non riguardano solo i condizionatori, come lei scioccamente ha detto qualche settimana fa, perché qui si tratta veramente di mandare a gambe all’aria l’intero sistema produttivo di questo Paese.

PRESIDENTE. Deputato Forciniti, misuri le parole!

Forciniti: Allora, le cose sono due: o lei è totalmente inconsapevole, se dice quelle cose sui condizionatori, riducendo tutto a questo, oppure è in malafede perché nasconde agli italiani il baratro verso il quale sta cacciando questo Paese.

Allora, io glielo dico: se veramente lei vuole fare qualcosa di filo-italiano per una volta nella sua storia, vada in Europa e vada a dire che l’Italia vuole rivendicare un ruolo diplomatico in questa faccenda, magari convocando una conferenza di pace, magari facendosi portatore di altre cose, ma non vuole le proprie mani sporche di sangue.

Allora, se lei è capace, se è capace di fare questo, vada in Europa e lo faccia; altrimenti, se ne vada via dove vuole lei, alla NATO – al Quirinale non l’hanno voluta, e mi dispiace, me ne dolgo con lei – ma anche ai giardinetti ma  lasci questo Paese libero di autodeterminarsi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa, che espongono cartelli con le scritte: “Stop invio armi”, “No war”, “No alle armi”, “Assassini”, “Criminali”).

PRESIDENTE. Colleghi, abbassate i cartelli. Prego gli assistenti parlamentari di intervenire. Vi richiamo all’ordine! Abbassate i cartelli (Gli assistenti parlamentari ottemperano all’invito del Presidente).

Fornaro (Leu) – Mi si lasci solo una battuta iniziale: questo luogo, per chi crede nella democrazia, è un luogo sacro e sentire certe cose, devo dire, fa semplicemente male, male alla democrazia. Io credo che il dibattito, il confronto, la critica, il ruolo dell’opposizione siano sacri, ma certi limiti non dovrebbero essere oltrepassati.

Michela Biancofiore ( con l’Italia)

Dopo aver criticato i 5 Stelle, l’on. Biancofiore sottolinea che “per paradosso, è l’opposizione di Fratelli d’Italia che sta dimostrando più responsabilità. Si chiama interesse nazionale e dovrebbe essere fatto proprio da tutte le forze politiche democratiche dell’arco parlamentare” (Applausi di deputati del gruppo Fratelli d’Italia).

“Non è un caso che il Ministro degli Affari esteri sieda sempre accanto al Presidente del Consiglio, ma ciò perché la politica estera è la funzione più importante, dopo quella di direzione generale e di responsabilità del Governo in capo al Premier.

Lo spettacolo mai visto nella storia di queste ultime ore, di un ministro degli Affari esteri che, alla vigilia di un fondamentale Consiglio europeo, si affranca dal suo partito per divergenze sostanziali sugli obiettivi strategici di politica estera, non solo offre un assist inquietante all’estero su chi intende scommettere sulle divisioni interne di un Paese nel Patto atlantico, ma soprattutto lascia basito il nostro popolo, che dalla politica si aspetta innanzitutto la garanzia di poter vivere nella pace e soluzioni a una crisi economica, sociale, sanitaria e di sicurezza che sembra non avere più fine”.

Boschi (Italia viva) , un po’ di sassolini dalle scarpe e li lancia sui 5 Stelle

“Allora, cosa è successo? Il Governo è saldo, il Governo va avanti, ma c’è una novità politica.

È sotto gli occhi di tutti e non possiamo far finta di non vederla: non esiste più il primo partito uscito dalle elezioni del 2018, che è stato fino a ieri primo gruppo parlamentare in questa legislatura. Il MoVimento 5 Stelle, per come lo abbiamo conosciuto, non c’è più. È nato anni fa nel giorno di San Francesco ed ha finito il proprio percorso politico oggi, primo giorno d’estate del 2022, un’estate che si annuncia calda, non solo da un punto di vista climatico.

Il ministro degli Affari esteri ha fatto un’inversione di rotta, si potrebbe dire un’inversione a U. Ieri abbiamo ascoltato le parole con cui ha giustificato la scelta di questa scissione e in alcuni passaggi ci ha fatto nascere un sorriso, però, perché il Ministro ha spiegato che uno non vale uno, dopo che per anni la propaganda vuota grillina ci ha spiegato il contrario.

(Di Maio) Ha elogiato il Presidente Mattarella, dopo averne chiesto la messa in stato di accusa; ha abbracciato la scelta atlantista europeista, dopo aver promosso un referendum contro l’euro; ha chiesto una svolta sull’energia, dopo quello che ha detto e fatto su ENI, TAP e trivelle. Sembra addirittura aver abbandonato il giustizialismo e l’aggressione ad personam – vorrei dire familiare, per chi, come alcuni di noi, sono passati dalle barbarie del MoVimento 5 Stelle in questi anni (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) – per aprire a un timido garantismo.

Meloni (segretario Fdi) denuncia crepe nella maggioranza e si attesta su una linea di responsabilità nazionale ( pur non votando la risoluzione della maggioranza di governo)

Pensavamo di avere già visto tutto in questi giorni, con lo spettacolo, francamente desolante, andato in scena durante la stesura della risoluzione di maggioranza in tema di invasione russa dell’Ucraina.

Però, purtroppo, da ieri noi siamo andati oltre la desolazione, con il principale gruppo politico che sostiene la sua maggioranza che, di fatto, consuma il suo harakiri e il Ministro degli Affari esteri che denuncia di essere stato messo in discussione proprio sul posizionamento internazionale dell’Italia.

Certo, questo dimostra quanto Fratelli d’Italia avesse ragione quando tentava di spiegare che un Governo che ha la pretesa di mettere insieme tutto e il contrario di tutto non può produrre nulla di buono e, certo, siamo oggi più fieri di ieri di trovarci all’opposizione di un Governo privo di visione e privo d’ identità anche di fronte alle grandi sfide della storia.

Lei si presenterà al Consiglio europeo – mi dispiace – con una risoluzione che è, di fatto, il manuale Cencelli applicato alla geopolitica. C’è qualcosa per tutti, qualcosa per i finti pacifisti, qualcosa per i nostalgici dell’Unione Sovietica, qualcosa per i filoamericani, qualcosa per gli addetti di Bruxelles, tutto rigorosamente scritto in maniera tale che ciascuno possa rivendicare di averla spuntata. Quindi, inevitabilmente, una risoluzione che, mi dispiace, non chiarisce bene la posizione dell’Italia.

Parliamoci chiaro: voi pensate che noi, come Italia, decidiamo il destino della guerra in Ucraina? Temo di no, cioè se domani l’Italia decidesse vergognosamente di sfilarsi dal fronte occidentale, non cambierebbe molto: il resto dell’Occidente continuerebbe a sostenere gli ucraini, solo che noi avremmo totalmente compromesso qualsiasi credibilità e ci ritroveremmo ad aver confermato l’eterno stereotipo dell’Italia spaghetti e mandolino e lo pagheremmo signori.

Questa guerra, non ci può essere chi paga e chi ci guadagna, per questo, per primi, abbiamo chiesto un Fondo di compensazione per le Nazioni più colpite dalle sanzioni ; per questo, mi aspetto che il Presidente Draghi, con ancora maggiore forza, ponga alcune questioni al Consiglio europeo, che sono il tema del tetto al prezzo del gas, il tema alimentare, ma anche il tema – Presidente Draghi, lei questo lo capisce bene – che noi non possiamo permetterci dichiarazioni come quelle che ha fatto la Presidente della Banca centrale, Christine Lagarde, in giorni come questi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d’Italia e di deputati del gruppo Misto). Ce lo possiamo permettere?

Letta ( segretario Pd) pensa al profilo della nuova Europa

Sappiamo tutti bene che la storia del nostro Paese e della sua politica estera è sempre una storia in bilico tra giocare nei primi posti della serie B o giocare nella serie A. Quella storia è legata al ruolo del G7, al fatto che noi siamo il terzo Paese europeo del G7, e non ce ne sono altri, al fatto che noi facciamo parte del G20, terzo Paese europeo del G20, e non ce ne sono altri, e al fatto che non sempre questo nostro ruolo è riuscito a raggiungere i risultati che in questo caso sta raggiungendo.

Mi faccia dire, onorevole Meloni, che per noi questo è l’interesse nazionale ed è l’interesse nazionale che il nostro partito, il nostro Governo e il nostro Paese stanno portando avanti col Governo Draghi.

Domani, signor Presidente del Consiglio, lei avrà il compito, insieme ai suoi colleghi, di cominciare i passi fondamentali per costruire la nuova Europa, quella nuova Europa che è necessaria dopo quello che è successo a partire dal 24 febbraio. Le voglio dire, qui, le parole che domani in modo più disteso esprimerò nella riunione del prevertice della nostra famiglia dei progressisti europei, insieme al Cancelliere tedesco e ai Primi Ministri spagnolo, portoghese, finlandese e svedese: costruire la nuova Europa, avere l’ambizione domani di scegliere e di fare delle scelte impegnative che non sono retorica. La scelta, anche qui, è dire: “o di qua o di là”.

La prima, lei l’ha citata nel suo intervento: bisogna aprire la stagione di una convenzione europea, come ha chiesto la Conferenza sul futuro dell’Europa, come ha chiesto il Parlamento europeo, sede della sovranità popolare dei cittadini europei, con l’obiettivo principale, mi faccia dire, di togliere il diritto di veto e il voto all’unanimità all’interno dell’Unione europea .

Togliere quel diritto di veto vuol dire evitare che succeda, come è successo, anche in questi mesi, avere il solito Orban, alleato di Putin in ogni passaggio, a fare di tutto per bloccare l’Europa. Non è questa l’Europa che possiamo costruire. Noi abbiamo bisogno di quella convenzione e di quelle scelte istituzionali.

Abbiamo bisogno di una scelta: noi l’abbiamo chiamata “confederazione europea“; l’espressione che oggi è più in voga è “comunità politica europea” o quella del Presidente del Consiglio europeo “comunità geopolitica europea”. Io insisto sul punto per un motivo molto semplice: se non creiamo questo luogo nel quale i 36 Paesi, i 27 più i 9 Paesi candidati, stanno insieme, condividendo lo Stato di diritto, condividendo alcune scelte di costruzione di un’area di libero scambio, si riporterà la storia all’ultimo decennio del Novecento, che, da questo punto di vista, è stato negativo, con tutti i Paesi candidati dell’Europa centrale e orientale a cui abbiamo fatto tante promesse, si sono create tantissime attese e, poi, ci sono voluti, per alcuni di loro, 15 anni per entrare.

Tante frustrazioni di quei Paesi oggi sono figlie del fatto che quella scelta fu costruita in un rapporto esclusivamente bilaterale tra le singole capitali dei Paesi candidati e Bruxelles, senza la creazione di quello spazio multilaterale, che, invece, noi vogliamo oggi e che non è – onorevole Valentini, mi consenta di contraddire quello che lei ha detto prima – la sala d’attesa, ma è il modo migliore per far sì che questi Paesi comincino a condividere lo spirito multilaterale dell’Unione europea. La forza dell’Unione europea, come ripeteva sempre, come ha sempre ripetuto Romano Prodi, è che siamo l’unica istituzione al mondo fatta di un’unione di minoranze. Bisogna saper vivere dentro un’unione di minoranze, avere rispetto nei confronti degli altri e soltanto la vita dentro un organo multilaterale come quello lo consente.

Crippa (5 stelle) ancora una precisazione sulla linea

Presidente, è mutata e continua a mutare la situazione, per questo le abbiamo chiesto di coinvolgere il Parlamento nelle prossime scelte, in vista dei prossimi passi.

No. Non è una richiesta per indebolire il Governo, è una richiesta, anzi, che in ogni mandato lo rafforza, perché risponde alle esigenze di tutti i gruppi politici che sostengono convintamente la necessità di un’azione coordinata e condivisa, oggi, su un tema così rilevante, così come la necessità di dare risposte a una crisi, prima pandemica, oggi energetica, domani alimentare. Ci sono processi che oggi hanno un’urgenza.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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