Non oltre il 9 maggio.
È questa la data in cui deve finire la guerra per la Russia. Non una giornata qualsiasi, ma quella in cui a Mosca si celebra la “giornata della vittoria” in memoria della capitolazione della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Oltre un mese di conflitto sta logorando il presidente della Federazione Russa: sia internamente sia esternamente. “La paura più grande per Putin è che questo conflitto duri tantissimo. Come nel caso dell’invasione russa dell’Afghanistan, che doveva essere una guerra lampo e invece è durata dieci anni”.
Intervistiamo Salvatore Custureri, PhD, Post-Doc in International Law alla LUISS Guido Carli e Project Manager presso Luiss Data Lab.
Qual è la principale preoccupazione di Putin in questo momento?
A livello geopolitico ci sono una serie di questioni che possono più o meno preoccupare il presidente della Federazione Russa: una è la Cina, che potrebbe essere la grande vincitrice strategica di questa guerra. Perché se diventa una lunga prova di forza tra la Russia e l’Occidente, aumenterebbe il potere globale del Paese asiatico, anche se danneggiato dall’aumento dei costi delle materie prime.
Putin ha paura dell’Europa?
Non credo. La paura più grande è di perdere la presa sulla popolazione, per questo insiste con la propaganda.
La Corte internazionale di giustizia ha ordinato alla Russia di sospendere immediatamente le “operazioni militari” iniziate in Ucraina. Quale importanza ha questo pronunciamento?
Si tratta innanzitutto di un preliminary ruling, ovvero di una sentenza che ha ad oggetto la richiesta di misure cautelari. Per arrivare alla sentenza di merito ci possono volere anni. Dei 15 giudici della Corte, 13 hanno votato a favore per la sospendere la special military operation della Russia in Ucraina. Gli unici due che hanno votato contro sono quello russo e cinese. E questo la dice lunga sui rapporti tra le diverse Nazioni. Per avere la cartina di tornasole della polarizzazione politica dei soggetti che operano nell’arena internazionale basta vedere l’Assemblea generale, che ha approvato una risoluzione che condannava l’invasione russa con l’unica opposizione di qualche Stato africano, della Siria (amica di Putin) e della Cina, che sta facendo melina perché deve mantenere la pace per la Belt and Road initiative, quindi non può inimicarsi la Russia né tantomeno l’America.
La Russia rispetterà questa sentenza?
Non c’è alcun segnale che possa far pensare che Mosca abbia deciso di rispettare quest’ordine, perché nessun rappresentante russo si è costituito in giudizio quando l’Ucraina ha discusso il caso. Successivamente i russi hanno poi presentato un documento in cui affermavano che la Corte non avesse la giurisdizione per decidere il caso.
Quanto conta il fattore tempo?
Se la sentenza arriva dopo anni, chiaramente il suo impatto potrebbe essere trascurabile. E questo è un problema perché la Corte internazionale di Giustizia, in realtà, allo stato non sembra avere una strada sicura, percorribile, per far sì che la decisione venga rispettata. Perché le sanzioni possono essere imposte solamente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui però la Russia, in quanto membro permanente, ha il potere di veto.
Quali differenze ci sono tra l’organo delle Nazioni Unite e la Corte penale internazionale?
Entrambe hanno sede all’AJA. La prima differenza è che la Corte Internazionale di Giustizia è un organo delle Nazioni Unite, mentre la Corte penale internazionale non ne fa parte ma lavora insieme al Consiglio di sicurezza dell’ONU. La Corte Internazionale di Giustizia si occupa di giudicare gli Stati, mentre la CPI le persone.
Come notato da un procuratore della CPI (approfondisci qui) gli Stati che hanno aderito alla decisione dovranno anche offrire sostegno economico e politico per finanziare le indagini. Come sarà possibile?
Il procuratore capo della Corte penale internazionale ha già una squadra di investigatori operativi in Ucraina. Un mutamento importante per quanto riguarda la prassi della Corte, perché di solito evitava il rischio di mandare sul terreno investigatori in situazione di attività ostile. Con gli investigatori sul terreno, invece, si pensa che alcuni belligeranti potrebbero ragionare un pochino di più sulle azioni che pongono in essere.
Alessandro Rosi – Giornalista