Le due culture nell’età dell’Intelligenza Artificiale

Prosegue il dibattito sulle ‘’due culture’. Oggi si arricchisce del contributo di Antonio Leaci, Professore Ordinario di Analisi Matematica nella Facoltà di Ingegneria dell’Unisalento. Una illuminante citazione del matematico Ennio De Giorgi sulla sostanziale unicità della cultura, pur nella diversità delle discipline, ‘’rami dell’unico albero della sapienza’’.

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Il dibattito sulle due culture, avviato da Mario Capasso con il suo articolo “Cultura umanistica e sostenibilità. La ‘cancel culture’ è un pericoloso virus dello spirito”, è quanto mai rilevante e di estrema attualità.

Veniamo da oltre due anni di pandemia in cui si sono spesso fronteggiate visioni molto differenti nei confronti della ricerca scientifica e delle indicazioni che ne derivavano. In particolare, la capacità di inventare, in brevissimo lasso di tempo, vaccini appropriati spesso non è stata adeguatamente riconosciuta e, anzi, si è diffusa in maniera molto preoccupante, anche ad altissimi livelli, una visione antiscientifica, negazionista o cospirazionista. Analogo discorso si potrebbe fare nel caso dell’emergenza climatica, studiata da almeno mezzo secolo e che diventa ogni anno più drammatica.

Volendo ampliare il periodo in considerazione, nell’ultimo decennio la ricerca scientifica ha ottenuto altri risultati straordinari. Ne cito solo due: la scoperta del Bosone di Higgs (2012) e la rilevazione delle onde gravitazionali (2018). L’esistenza del Bosone era stata prevista circa cinquant’anni prima da diversi fisici teorici, tra cui F.Englert e P.W.Higgs, ai quali è stato assegnato il Premio Nobel per la Fisica nel 2013. L’esistenza delle onde gravitazionali era stata prevista da A.Einstein, un secolo prima della loro effettiva rilevazione, nell’ambito della Teoria della Relatività Generale.

Quindi ancora una volta, come spesso è accaduto nella storia della Scienza, previsioni fatte in ambito di ricerche “pure”, sulla base dello studio di equazioni matematiche, sono state confermate grazie allo straordinario sforzo di molte centinaia di scienziati in ambito “applicato”, con ricadute tecnologiche enormi.

Questa distinzione tra “pura” e “applicata” si presenta anche nel campo della Matematica. Il grande matematico Ennio De Giorgi (Lecce 1928 – Pisa 1996) scriveva “I confini tra matematica pura e applicata sono sfumati. Un teorema può essere considerato importante nella matematica pura e poi divenire d’uso corrente in quella applicata. La distinzione tra le due non risiede nella diversa qualità dei teoremi, ma nei diversi criteri di interesse che inizialmente le ispirano.”[1]

De Giorgi portava come esempio le ricerche di Pascal sulla Teoria della Probabilità. Partita dalla riflessione sul gioco dei dadi, la probabilità ha avuto un ruolo fondamentale in innumerevoli ricerche scientifiche e oggi anche nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale.

Il criterio “utilitaristico” nel campo culturale e educativo è estremamente pericoloso.

Nella sua autobiografia[2], per la quale non a caso proprio C.P.Snow ha scritto la prefazione alla II edizione nel 1967, il matematico britannico G.H.Hardy (Cranleigh 1877 – Cambridge 1947) affermava (§ 21) “E innegabile che una buona parte della matematica elementare (uso il termine ‘elementare’ nel senso in cui lo usano i matematici professionisti, e che comprende, per esempio, una buona conoscenza del calcolo differenziale e integrale) ha una considerevole utilità pratica.

Questa parte della matematica in complesso è piuttosto noiosa ed è proprio quella che ha minore valore estetico. La ‘vera’ matematica dei ‘veri’ matematici, quella di Fermat, di Eulero, di Gauss, di Abel e di Riemann, è quasi totalmente ‘inutile’ (e questo vale sia per la matematica ‘applicata’ sia per la matematica ‘pura’).” Questa idea di Hardy è stata poi smentita dai fatti poiché la disciplina di cui si è principalmente interessato, la Teoria dei numeri, nella sua visione sicuramente “pura” e priva di applicazioni utili, ha un ruolo fondamentale nella crittografia e nella sicurezza informatica.

Il problema dell’utilità di una disciplina rimane sempre presente nel dibattito culturale, accademico e scolastico. È proprio di questi giorni l’idea di una revisione dell’insegnamento della Matematica in senso “pratico” e “concreto”. Su questo problema rinvio al bell’articolo di Pietro Di Martino e Roberto Natalini sul sito Corriere.it da cui estraggo un passaggio. “La tecnologia cambia molto velocemente, il mondo del lavoro richiede duttilità e versatilità, capacità di studio e aggiornamento. E dunque, anche nell’ottica della futura spendibilità per il mondo del lavoro, la scuola deve evitare la tentazione di ridurre il suo insegnamento a una trasmissione acritica di «saperi pratici» che, soprattutto nelle discipline STEM, possono diventare obsoleti in pochissimo tempo.”

Questo tipo di considerazioni valgono anche per le discipline umanistiche, su cui altre colleghe e colleghi, con maggiore competenza di me, hanno già presentato le loro considerazioni. Personalmente considero imprescindibile lo studio di discipline come la storia, la filosofia, il diritto, la letteratura per la formazione di cittadini consapevoli e dotati di autonomo senso critico. Vorrei qui citare l’incipit della Lectio Magistralis di Ennio De Giorgi in occasione della Laurea honoris causa in Filosofia a Lui conferita dall’Università di Lecce il 28 febbraio 1992.

“Desidero ringraziare gli amici di Lecce che, conferendomi la laurea in un ramo del sapere umano apparentemente lontano dalla matematica, hanno voluto dimostrare non solo la loro stima e amicizia nei miei confronti, ma anche il loro desiderio di dialogo e di collaborazione tra studiosi di discipline diverse. Ho detto apparentemente lontano perché credo che, in ultima analisi, le scienze, le arti, le tradizioni di civiltà di ogni popolo, di ogni città sono, per così dire, rami dell’unico albero della sapienza. Tutte le forme di impegno in queste discipline sono forme, in senso etimologico, di “filosofia”, cioè manifestazioni di amore per la sapienza, e questo vale anche per la matematica, di cui vorrei illustrare il ‘valore sapienziale’.”[3]

Concludo ora con qualche osservazione, estremamente sintetica, sulla Intelligenza Artificiale (IA), a cui faccio riferimento nel titolo. Potremmo far risalire l’idea di Intelligenza Artificiale all’articolo “Computing machinery and intelligence” in “Mind” del matematico e logico britannico A.M.Turing (Londra 1912 – Manchester 1954) poi sviluppata da J.McCarthy, M.Minsky, C.Shannon, N.Rochester e numerosissimi altri studiosi. I metodi dell’IA sono stati applicati al riconoscimento di caratteri, alla teoria della visione, al controllo del movimento, all’imaging medico, alla videosorveglianza e tanto altro.

Questa fase culminò nel 1997, quando Deep Blue di IBM riuscì a sconfiggere il campione mondiale di scacchi Garry Kasparov. In realtà, più che di Intelligenza Artificiale potremmo in questo caso parlare di “forza bruta”, della possibilità di esaminare milioni di mosse in pochi istanti.

Successivamente si verificò un grande cambiamento. L’enorme sviluppo della potenza di calcolo e la disponibilità di grandissime quantità di dati provenienti da Internet consentirono di sviluppare le reti neurali e l’apprendimento automatico (Machine Learning). Miliardi di file caricati sulle piattaforme e i social sono usati per l’addestramento dei nuovi sistemi di intelligenze artificiali, che apprendono indipendentemente dal programmatore.

Vengono sviluppati sistemi di guida autonoma, interpretazione vocale, riconoscimento facciale, armi autonome (droni e altro), per ricordare solo pochi esempi. Questo pone enormi problemi etici, giuridici, politici e sociali. Ogni utente di internet viene profilato, classificato, riceve quello che si aspetta di ricevere. Teorie totalmente assurde, come quella della terra piatta, si diffondono a causa degli algoritmi che governano le grandi piattaforme digitali. A ogni utente viene proposto quello che a lui piace, dando così l’erronea impressione che si tratti di un argomento con grande seguito. È ben noto che la presenza in un testo di errori di ortografia, grammatica o sintassi sono segnali di origine fraudolenta o malevola di quel testo.  Ma per accorgersi di questo è necessario conoscere le regole della lingua utilizzata.

Mi sembra assolutamente necessaria la collaborazione di tutte le discipline per gestire una tecnologia che può rappresentare una minaccia per la società, la democrazia e addirittura, come ha avvertito il fisico britannico Stephen Hawking[4] (Oxford 1942 – Cambridge 2018), una minaccia per l’intera umanità.

Solo una piena capacità critica, la conoscenza della storia, della filosofia e del diritto, dell’economia e della scienza politica, dei canoni e dei principali risultati della ricerca scientifica e tecnologica possono aiutarci ad affrontare le sfide dei prossimi decenni.

 

 

Antonio Leaci – Ordinario di Analisi Matematica, Università del Salento

[1] Riportato in “Ennio De Giorgi, Pensieri” a cura di Andrea Parlangeli, 2022, Milella.

[2] G.H.Hardy, Apologia di un matematico, 1940, Ed. italiana, Garzanti, 2015.

[3] Ennio De Giorgi, Riflessioni su Matematica e Sapienza, Quaderni dell’Accademia Pontaniana, n.18, 1996.

[4] Stephen Hawking, Le mie risposte alle grandi domande, Rizzoli, 2019.

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