La mala educación e i suoi rimedi, nel libro di Caligiuri

Maleducati-Educazione, disinformazione e democrazia in Italia, 2024, Luiss University Press, 2024

Mario Caligiuri appartiene a quella rara specie di accademici che definiremmo “rinascimentali”, nel senso della curiosità intellettuale con speciale attitudine a saltare la siepe delle specializzazioni. Le specializzazioni, infatti, spesso incatenano l’accademico a quella porzione infinitesimale di sapere di cui è “burocraticamente” legittimato a ficcare la bandierina della conquista, per andare in mare aperto, seguendo la pista, talvolta assai impervia, del gusto personale per la ricerca.

Insomma del genere “homo sum, humani nihil a me alienum puto” di antica sapienza terenziana. Così, accanto al pedagogista, in Caligiuri convive l’anima di attivissimo studioso del mondo dell’intelligence e della cybersecurity, entrambe sovrastate da una passione civile che si è fatta, in passato, anche politica in qualità di assessore nella sua Regione Calabria.

A ben vedere, si tratta di una coesistenza pacifica ed anche coerente: la pedagogia contiene l’educazione alla cittadinanza che è già dimensione politica e lo studio dell’intelligence e della sicurezza è la condizione fondamentale per poter esercitare una cittadinanza serena e non esposta a pericoli esterni.

Così possiamo dire che l’ultimo, importante, lavoro di Mario Caligiuri, Maleducati- Educazione, disinformazione e democrazia in Italia, 2024, Luiss University Press, 2024, se indubbiamente si situa nel suo spazio accademico di ordinario di pedagogia generale, non manca di farne anche oggetto di attenzione per la sicurezza nazionale, in una chiave “visionaria”, nel senso non allucinatorio, per carità, ma di capacità di visione politica.

Il libro, che può finire benissimo in mano dei non addetti ai lavori perché non è scritto per l’horto concluso degli specialisti, è una cavalcata sulle agenzie formative destinate alle giovani generazioni, in primis la scuola, partendo dalla riforma Gentile del 1923 e svolgendo con coerenza di ragionamento e capacità di esemplificazione un’analisi su tutti gli inciampi normativi prodotti dai vari governi in cent’anni, lavorando intorno al rapporto “formazione-informazione”.

È una riflessione decisiva che chiude il cerchio tra intelligence, pedagogia e politica, le tre chiavi della weltanschauung caligiuriana, mettendo al centro il tema della formazione del cittadino. E coglie nel segno, diremo noi, se l’idea che tutti condividiamo della democrazia ideale è quella dell’agora’ ateniese.

Nell’Agorà, infatti, la comunicazione è diretta e viva, tra i cittadini liberi riuniti in assemblea per decidere, perché può circolare senza intoppi o mediazioni esaltando il suo fondamentale ruolo di strumento per effettuare le scelte. La trasposizione di quell’ideale ai giorni nostri porrà inevitabilmente il problema dell’attingimento e dell’informazione, che ci fanno cittadini consapevoli in un contesto che ci sommerge di notizie fino allo sfinimento. Di notizie vere e di fake, e qui torna il Caligiuri cybersecuritario a ricordare che ci dobbiamo difendere dall’assalto dell’inutile e del falso, perché entrambi alterano il processo democratico.

La scuola, dunque, deve essere un’agenzia formativa capace di mettere nelle mani dei giovani capacità critiche, in grado di navigare in un mondo globale, che somministra overdose di informazioni, senza offrire profondità di penetrazione o capacità di stabilire una scala gerarchica della loro importanza. Aggiungeremmo: conformando i nostri processi neuronali ad uno schema duale – amico/nemico, buono/cattivo, in/out, che si attaglia alla natura binaria dell’algoritmo. Con effetti devastanti anche sul dibattito pubblico e sulla politica, ispirati dall’egemonia dell’immediato, dalla polarizzazione estrema e dalla banalizzazione incapace di promuovere pensieri complessi. Con una complicazione ulteriore: la stessa informazione delle istituzioni si rende sempre più indistinguibile dalla comunicazione pubblicitaria.

Sul tema della comunicazione l’autore è netto: per quanto ormai marginale il suo ruolo la carta stampata è un approdo di imprenditori del cemento o di altre e lontane attività e la televisione di Stato è il megafono del governo. Resta egemone la subcultura dei social che invadono le giovani e giovanissime generazioni, naturalmente permeabili, essendo state svezzate con lo smartphone. La scuola? Una scuola che non sia capace di offrire agli studenti gli strumenti critici per governare l’uso del digitale è una scuola che soccombe.

Caligiuri, però, non si sottrae alla responsabilità della proposta, chiedendo un ribaltamento nell’azione delle agenzie formative italiane, immaginando di farne luoghi di “apprendimento” aperti, in uno scambio continuo con la società che è fuori dall’istituzione. Proveremmo così a produrre “buona educazione” alla cittadinanza, piuttosto che la rumorosa e prevalente “maleducazione”.

 

Pino Pisicchio Professore di Diritto pubblico comparato. Deputato in varie legislature, presidente di commissione e capogruppo. Già sottosegretario. Saggista

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