Intervista a Elisabetta Sgarbi, timoniera della ‘’Nave di Teseo’’.
E il faro resta Umberto Eco. Il fascino di scegliere libri che durano

"L’Italiano medio è cresciuto in mezzo a una quantità di bellezza superiore a quella toccata in sorte a un qualsiasi altro cittadino del mondo. E perlopiù non è cosciente"

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Una domanda da “curioso giornalista”, per incominciare questa intervista:  Com’è venuto in mente il nome della Sua Casa editrice “La nave di Teseo”? 

È un passo da Le vite parallele di Plutarco, la Vita di Teseo. La nave di Teseo venne spiaggiata ad Atene, via via che si deterioravano le componenti originali, venivano sostituite con componenti nuove, finché tutte le componenti originali vennero sostituite. Così la Nave divenne il perno di un dilemma sull’identità: è la stessa nave o è una nave diversa? Cosa è che rende una cosa ciò che è? La sua “forma” o la sua “materialità”. Il gioco per Umberto Eco stava nel fatto che i fondatori della “Nave” lasciavano tutti una casa editrice in cui avevano lavorato e vissuto per lungo tempo, la Bompiani, per fondarne una nuova. Era una nuova casa editrice o la “vera” Bompiani? 

Un editore è affezionato a tutti i suoi autori, e parafrasando Arthur Miller, “sono tutti miei figli”. Ma c’è un’opera in particolare, se non un autore, che Lei è particolarmente fiera di aver pubblicato

Moltissimi e, come dice Miller, tutti. Ci sono però imprese editoriali molto importanti e coraggiose che mi hanno formato: la pubblicazione delle opere di Carmelo Bene nei “Classici” Bompiani, quando Carmelo era in vita. Paura e desiderio di Enrico Ghezzi. La fondazione della rivista Panta – ora Pantagruel – con Pier Vittorio Tondelli. E ovviamente la fondazione della Nave di Teseo.

Fare l’editore oggi in Italia quali problemi comporta? quali difficoltà si debbono affrontare?

Le difficoltà che hanno sempre accompagnato questo mestiere. In più, una crescente concentrazione – in Italia molto pronunciata – degli editori da una parte e dall’altra dei punti vendita (peraltro sempre più di proprietà di editori). 

Elvira Sellerio, fondatrice della omonima casa editrice, leggeva tutti i manoscritti che riceveva e a tutti rispondeva; a volte anche dopo anni, ma rispondeva. E Lei come fa?

Sospetto che arrivassero meno manoscritti. Ora la mail induce chiunque a proporre testi. Impossibile prestare adeguata cura ai libri che si pubblicano e contemporaneamente leggere tutto quello che arriva e rispondere in modo articolato e motivato a ognuno di essi. Poi ci sono figure professionali importanti nell’editoria, come la figura del lettore che, nel migliore dei casi, sono suggeritori che un editore ha imparato a conoscere e di cui si fida. Poi la decisione spetta all’editore, ma non è, quello dell’editore, un lavoro solitario.

Che consigli darebbe a un giovane scrittore che volesse mandarle un testo da pubblicare?

Di porsi molte domande, prima di mandarlo. Di essere spietato con se stesso. Di cercare di informarsi al meglio sulla linea editoriale dell’editore che si sta contattando. 

Dal suo angolo di osservazione, gli italiani quanto leggono? E che  tipo i libri preferiscono?

I dati dicono che il mercato è in crescita. Rispetto ad altri Paesi (Francia e Germania) possiamo contare su un nucleo più ristretto di lettori forti, cioè di lettori che leggono una decina o più di libri l’anno. È un fenomeno con radici storiche profonde.

Oltre al cartaceo, come va la vendita degli ebook?

Cresciuto sensibilmente nell’anno della pandemia, dopo anni di delusione, nel senso che non era cresciuto quanto alcuni prospettavano. Dopo il primo Lockdown la vendita degli eBook si è stabilizzata ma su una quota più alta. Diversa è la questione dell’ecommerce che, invece, come noto, è cresciuto moltissimo. 

Se dovesse rivolgersi al governo, come casa editrice, quali richieste farebbe?

Aiuterei le librerie indipendenti. 

C’è un libro che le è capitato per le mani e che si è poi pentita di non averlo pubblicato, e magari è stato pubblicato da un’altra casa editrice?

Un editore non può vivere di pentimenti o rimpianti. Certo mi è spiaciuto perdere libri in aste con altri editori. Ma quello può capitare. 

Alcune case editrici hanno avuto il loro mentore, o autore principale e quasi “identificato” con la casa editrice: per fare qualche esempio, Bompiani ha avuto Moravia e Umberto Eco, Sellerio ha avuto Sciascia e Camilleri; e “La nave di Teseo”?

Beh, fondata da Eco, con gli editori di Eco, il nome è stato scelto da Eco. Direi che Eco rimane il faro della Nave di Teseo. 

Lei è anche un critico d’arte. Le faccio una domanda che ancora non ho avuto modo di fare a suo fratello Vittorio: Dottoressa Sgarbi, qual è l’atteggiamento dell’italiano medio di fronte all’arte?

Critico d’arte mi pare troppo. L’arte mi ha sfiorato spesso a causa di mio fratello, questo sì. L’italiano medio cresce in una quantità di bellezza superiore a quella toccata in sorte a un qualsiasi altro cittadino del mondo. E per lo più non ne è cosciente.

Lei i libri li pubblica, ma ovviamente li legge. Quali sono le sue letture preferite?

Poesia. Da sempre. Indipendentemente dall’editore.

La pandemia ha giovato o nociuto alla vendita di libri? Ha dei dati al riguardo?

La mia idea è che la pandemia ha favorito l’ecommerce, e che l’ecommerce abbia aumentato il mercato del libro. 

Una domanda da giornalista ma anche da autore: la figura del correttore di bozze non va rilanciata? Molti libri, per non parlare dei giornali, contengono sviste, refusi…

La figura del correttore di bozza è fondamentale e la sua preparazione è un architrave della vita delle case di editrici. Certo le case editrici devono sempre più professionalizzare queste figure. Però non ci si può certo sostituire alle scuole che insegnano le regole della sintassi e della grammatica. 

Del fare l’editore, mi indica un tratto affascinante, e un aspetto che lo è molto meno?

È un mestiere che ha a che fare con qualcosa di sacro come è la letteratura. Si possono incrociare testi che verranno letti nei prossimi decenni, e si ha la fortuna di leggerli per primi e di sceglierli. E nello stesso tempo è in mestiere che ha a che fare con i meccanismi e i tempi di un processo industriale. E questo rende il lavoro editoriale una comunità di persone e funzioni. Ne scrissi nella introduzione a un numero di Panta dedicato alla editoria.

Non le chiedo di fare l’indovina. Ma come vede il futuro del libro?

Come il suo passato. Pieno di problemi ma resistente.


Mario Nanni – Direttore editoriale

 

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