Il grande inganno

Controstoria della (cosiddetta) seconda Repubblica

Nei tempi piccoli della informazione radiotelevisiva solo la presentazione di un libro diventa occasione per ragionare più diffusamente e con un pensiero più articolato. Così è stato per l’ultimo libro di Paolo Cirino Pomicino  “Il grande inganno”.

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La prefazione di Ferruccio De Bortoli tratteggia il lato umano dell’autore, e sullo sfondo,  le questioni, soprattutto economiche, ma lo fa in piena libertà senza acquiescenza, senza fare sconti, ma evidenziando, con eleganza, la sua opinione divergente su vicende rilevanti come le valutazioni sul ruolo dei poteri forti, della magistratura, sulle scelte per le privatizzazioni e sul debito pubblico.

Paolo Cirino Pomicino scrive una storia dei “vinti” diversa da quella raccontata dai “vincitori” in questi ultimi trenta anni.  Nella cornice del circolo Aniene si sono confrontati, con la presentazione di Luigi Compagna, Ernesto Galli della Loggia e Francesco Merlo. Un intreccio tra passato e presente, una confronto tra il realizzato e il raccontato, una visione non provinciale del Paese ma in una dimensione internazionale.

Pagine toccanti, quelle finali, in cui le vicende politiche si intrecciano con quelle personali e le tante sofferenze e i dolori superati dal dono della fede e degli affetti familiari, che escono dal privato per essere proiettati sia in quelli del prossimo più vicino che in quelli più lontano! In tutto questo, sullo sfondo c’è il ruolo della politica di quella vissuta intensamente da Paolo Cirino Pomicino come luogo e capacità di affrontare e promuovere passioni e generosità e non avidità di potere.

Luigi Compagna ha affermato che il libro è una Storia, non una controstoria soffermandosi in particolare sui due capitoli della trattativa Stato- Mafia – con la lunga sofferenza di Calogero Mannino – su cui la procura di Palermo non ha dato risposte. Riconosce altresì l’eleganza letteraria dell’autore verso De Gennaro. Riconosce come Cirino Pomicino, pur essendo stato sempre Dc, non abbia nostalgia tanto è che si tenne fuori dal disastro della lista Monti, guidata da chi non aveva statura politica pur sostenuta dalla comunità di Sant’Egidio. Nel libro, per Compagna, ci sono tutti i sentimenti di chi non si rassegna e coglie i sintomi del disastro nella vicenda Tangentopoli del ‘92-‘94. Esprime un giudizio amaro: l’antipolitica ha giocato contro la politica e ha stravinto.

Luigi Compagna scorge una concezione degasperiana della storia d’Italia, lo statista che non solo vinse le elezioni del ’48, ma rifiutò “l’operazione Sturzo” in polemica con il Vaticano dimostrando una fermezza di laicità che non ha avuto più nessuno. Un libro degasperiano perché si arrampica sulla tragedia della democrazia italiana alternando argomentazioni moderne e dà un quadro della catastrofe con la vittoria scintillante dell’antipolitica sulla Politica. Poi ricorda che sono state sciupate tante occasioni soprattutto nelle elezioni del Capo dello Stato con Cossiga prima e con Scalfaro poi quando per l’avversione di De Mita verso Craxi, Forlani ha subito ingiuste umiliazioni.

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Francesco Merlo ritiene che sia un libro di letteratura con una formazione importante dell’autore. Riconosce il rapporto speciale di Cirino con Andreotti. Ritiene che sia un romanzo scritto bene che racconta di un grande complotto ai danni della Dc e dei partiti al potere in cui ci sono importanti quotidiani, la magistratura. Mancano solo gli ebrei, afferma sarcasticamente. C’è tutto il codice della controstoria! Offre come immagine una tela di Borges dove negli ultimi capitoli appare Lui quando con una forza straordinaria ha uno sguardo verso i più deboli con le pagine sulla morte che sono le più vive.

Poi interviene Galli della Loggia che valuta le pagine scritte in nome di un cristianesimo misericordioso. Non è la storia dell’antipolitica, ma quella di un vero e proprio complotto politico scritto da chi rivendica il cattolicesimo politico, con la svendita al capitalismo finanziario di settori bancari e produttivi facendo perdere al Paese posizioni importanti. Galli della Loggia pone allora interrogativi su come si è svolto il complotto, chi sono i protagonisti politici, quali rappresentanti del Pci che poi ha riscosso? Si sofferma sulle responsabilità gravissime di Scalfaro che sciolse le Camere quando c’era una maggioranza.

Che successe intorno al groviglio politico? Come si è articolato quel nodo di eventi?

I Dc hanno sempre avuto riservatezza. Su questo non c’è una parola! Gerardo Bianco nei suoi libri rivela alcune cose su questo. L’Italia ha perso eccellenze, il sistema finanziario è stato ceduto, i tedeschi non hanno fatto il minimo investimento in Italia, ma solo la Francia. L’opinione pubblica deve riflettere.

Convince meno la immagine idilliaca della prima Repubblica (terrorismo a parte) la crescita del debito pubblico. Il problema era invece far pagare le tasse a tutti. Per Galli della Loggia  il dramma era che la Dc doveva vincere ogni cinque anni. C’era il malgoverno Dc, con il risultato più visibile nella Scuola, perché l’elettorato non pensa ai grandi ideali comuni.

Cirino Pomicino ha replicato con forza, come un leone ferito, alle tesi degli intervenuti, soprattutto come la Dc fosse una garanzia repubblicana, come la narrazione fosse fatta dai “vinti” dopo la caduta del Muro e come non ci fosse stata a sinistra quella evoluzione auspicata. Ha rivendicato i meriti della Dc nella lotta alla Mafia con provvedimenti anche d’urgenza, che hanno trovato opposizione nel PCI e nella sinistra, come Falcone nella sua competenza e responsabilità non abbia mai inquisito esponenti Dc. Ha poi messo il luce il grande disegno politico teso a rompere la unità della Dc con lo strumento della legge elettorale maggioritaria.

Ora però è il momento dei giudizi. Il duello degli argomenti è stato profondo, ma ognuno è restato nei propri convincimenti. Merlo non ha voluto affrontare le questioni politiche restando in ambito letterario, soprattutto non ha voluto scavare sul ruolo della informazione e dei giornali nella caduta della Prima e nelle vicende della cosiddetta Seconda repubblica.

Galli della Loggia all’elenco dei problemi non ha fatto seguire l’analisi della crescita del debito pubblico che non viene per caso. Oltre il cosiddetto “divorzio” Tesoro Banca d’Italia (Draghi nel 2007 riconoscerà che “gli effetti del divorzio sulla politica di bilancio non sono quelli sperati”, NdR) c’era la questione fiscale che al Nord aveva favorito la esplosione della Lega, c’era l’onda lunga della spesa sociale, sia sanitaria sia pensionistica (adeguamenti trimestrali e prepensionamenti che servivano alle aziende pubbliche e private per ristrutturazioni ndr) con effetti sul bilancio.

C’erano poi le sentenze della magistratura e della Corte Costituzionale (con la sentenza n.1 del 1966 si apriva la strada alla approvazione di leggi di spesa senza copertura. Ne arriveranno 317! Ndr) alle quali il Parlamento si doveva adeguare. Galli della Loggia ha dimenticato poi la pressione della piazza in un clima di violenza e quindi sulle forze politiche parlamentari che spingeva per la stabilizzazione dei precari e dei docenti della scuola e della Università!  “Si difese l’ordine esistente” affermarono Mario Sarcinelli e Vincenzo Milazzo.

La spesa pubblica passò dal 34 per cento del Pil nel 1970 al 55 per cento del Pil nel 1985. La spesa per interessi dal 5,3 al 10 per cento!

Resta scolpita nella mia mente una frase di Guido Carli del 1982:” in tutti i paesi industrializzati si è compiuta una rivoluzione nella distribuzione del reddito fra i gruppi sociali e di e compiuta pacificamente perché la funzione redistributiva è stata assunta dagli Stati”.

Guido Carli: chi era l'ex Governatore di Bankitalia | Investire.biz

Dimenticare tutto ciò è un grave errore da matita blu!

In ogni caso, va dato atto a Cirino Pomicino di lottare ogni giorno è con ogni energia per difendere la storia della prima Repubblica e ben vengano occasioni culturali come queste se servono a tenere vivo il dibattito e soprattutto a riscoprire il ruolo della Politica e dei partiti nella società italiana.

 

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