Francesca Stajano Sasson porta a teatro una speciale fascinazione di Mozart

Intervista con l’attrice, sullo spettacolo Mozartmaniac in cartellone da oggi a Roma, nella Cappella Orsini, sui suoi Maestri, sulla compagnia teatrale e, incidentalmente, su alcune parentele storiche

Signora Francesca Stajano Sasson, Lei non fa solo teatro ma è anche impegnata politicamente. In questo senso è una intellettuale. Ne vogliamo parlare ora o in una prossima intervista? Non vorrei mischiare i due piani oggi.

Sono d’accordo, parliamone nella prossima intervista.

Lo spettacolo con il quale debutta il 4 aprile a Roma nella Cappella Orsini, nel cuore di Campo de’ Fiori, si intitola Mozartmaniac. La curiosità è d’obbligo. Maniac in che senso?

Nel senso di ossessione, possessione, quasi persecuzione.

Addirittura! Lei si sente perseguitata da Mozart? La mia curiosità cresce.

Mi spiego. Questo non è il primo spettacolo che faccio su Mozart, ne ho fatti dieci. Il direttore artistico nonché fondatore di Cappella Orsini Roberto Lucifero mi ha incaricato di realizzare un ennesimo spettacolo su Mozart da inserire nella sua rassegna teatrale Puer Aeternus (il fanciullo che non cresce, che non vuole crescere, come Peter Pan, NdR). Da lì abbiamo iniziato insieme a pensare al titolo ed è venuto fuori Mozartmaniac, oltretutto Roberto sarà in scena con noi nel ruolo di se stesso.

Ma come si è manifestata questa “persecuzione”, questa presenza metafisica e psicologica, questo senso di incombenza, insomma questa fascinazione costante, per fortuna, mi par di capire, positiva e salutare di Mozart su di lei?

Io ho sempre amato questo genio, la sua musica, che è un inno alla vita. Ma ho imparato a conoscerlo più da vicino anche attraverso le sue centinaia di lettere: Mozart era quasi un grafomane, scriveva a tutti, lettere ufficiali, lettere private, privatissime,  ai familiari, alla moglie, alla cugina. Infatti uno dei miei spettacoli s’ intitolava Le donne di Mozart.

Mozart, che era un giocherellone, si divertiva a scrivere anche lettere licenziose se non scurrili alla cugina…

Sì, è vero anche questo, ma nell’ampio epistolario si conosce la grande umanità di Mozart, lo spirito del suo tempo, e anche il carattere universale della sua figura. Nelle lettere si trovano diverse porte che si spalancano sulla interiorità, e leggendole si ha la possibilità di conoscere meglio anche se stessi. Fortemente attratta dal Mozart genio della musica e dal Mozart uomo, sono finita con il vivere questo senso di possessione, di questa forte influenza, anche nella vita quotidiana.

Ci fa qualche esempio?

Potrei citare decine di episodi, a volte in apparenza insignificanti, molte volte casuali, ma tutti riferibili a Mozart: accendo spesso la radio e sento eseguire la sua musica; svolto in un angolo e leggo Bar Mozart. Questi sono esempi al limite banali, ma ce ne sono altri che si riferiscono più a stati d’animo, ad agnizioni in cui trovo sempre lui: il puer aeternus.

Ma, entrando più in profondità, e oltre la musica, che cosa dell’uomo Mozart l’ha stregata?

Mi ha sempre colpito questo amore profondo per la libertà, la capacità di essere se stesso, mai uniformato e piegato alla regole di Corte. Mozart si ribellò alla logica della musica su commissione, componeva quello che voleva lui. Era anche uno che aveva una fede enorme. E poi, c’è bisogno di dirlo? La sua musica ha un grande potere sull’animo, la consigliano contro la depressione. Io suggerisco di fare un esperimento, io l’ho fatto ed è riuscito.

Cioè?

Andare in un posto all’aperto, in un giardino, in campagna, mettere un brano di Mozart: gli uccellini si mettono a cantare.

Suo marito non è geloso di questo amore sconfinato, sia pure metafisico?

Lui lo sa, ma non può essere geloso di un uomo vissuto oltre due secoli e mezzo fa.

Sì, ma l’attrazione mentale a volte può essere molto più forte e pericolosa di un’attrazione fisica, e soprattutto molto più duratura, perché prende la testa che è meno volubile del cuore.

Questo è vero.

Per finire il capitolo Mozart uomo, ci sarà qualche cosa che di lui la convince meno, se proprio non vogliamo dire che la disturba.

Beh, diciamo un paio di cose. Era tendenzialmente un infedele, e povera moglie Costanze che ha dovuto portare il peso di montagne di corna. Poi, leggendo le lettere, questo si coglie benissimo, aveva la sindrome di Peter Pan: era esuberane, scherzoso e allegro, ma non pensava né voleva crescere. Però aveva uno sconfinato amore per la vita. E ciò si sente nelle sue lettere e ancor di più nella sua musica.

E allora?

Allora diciamo che non avrei voluto essere sua moglie, ma una serata con cena a lume di candela non me la sarei persa.

Veniamo ora allo spettacolo. Vedo che nel cast c’è suo marito Raffaello Sasson, che fa Salieri, c’è suo figlio Giorgio, poi c’è lei, che è sceneggiatrice e regista: tanti parenti in uno spettacolo. Cos’è? una versione teatrale del nepotismo, una concessione al familismo o un richiamo alla tradizione teatrale italiana, che ha visto in scena i fratelli De Vico, i fratelli Giuffrè, per non parlare dei grandi fratelli De Filippo?

Né l’una né l’altra cosa, veramente. È capitato. Mio marito somiglia ad Antonio Salieri, questa rassomiglianza mi ha dato l’idea di inserirlo nello spettacolo. Lui in Mozartmaniac non parla, recita con il corpo e con il volto. A mio figlio  – Giorgio Zela, figlio del mio primo marito-  ho affidato un ruolo particolare. Egli dipinge, ha avuto anche un premio. In scena dipingerà, mentre al piano suona il maestro Maurizio Angelozzi, che è un musicista e disdegna il titolo di maestro. E comunque, io mi attengo alle leggi dello spettacolo, il che vuol dire che mentre recitiamo, mio marito, mio figlio non li percepisco più come tali, ma come tutti gli altri attori dello spettacolo. Anche se, forse a livello subliminale, è una emozione piacevole poter recitare insieme a loro.

Questo fatto che suo figlio dipinge in scena, dà anche l’idea di uno spettacolo che si fa in quel momento, di un work in progress. Quindi oltre al canovaccio, c’è spazio anche per l’improvvisazione?!

Proprio così. C’è naturalmente un testo base, ma gli attori improvvisano anche, per questo la durata non è al minuto sempre la stessa ma può oscillare, proprio per la presenza di questa componente di improvvisazione che dà allo spettacolo un sovrappiù di spontaneità e di realtà. Questo è anche il mio modo di vedere e di fare teatro, che è appunto materia viva ed evocativa. Arrivo a dire che in questo spettacolo si avvertirà perfino la presenza di Mozart!

Nel senso che sarà evocato con una seduta spiritica? (scherzo)

No, nel senso che: tra le parole dette in scena, l’improvvisazione, la musica eseguita dal maestro Angelozzi, sembrerà di sentire oltre la magia della musica mozartiana anche una particolare atmosfera di incantamento. Lo spettatore ne resterà emotivamente coinvolto.

Mi indica in breve gli altri ruoli nello spettacolo?

Marta Bifano, che di suo è regista, attrice e produttrice cinematografico, fa la parte di Costanze Weber, la moglie di Mozart. Del maestro Angelozzi e del suo magico pianoforte abbiamo detto. Roberto Lucifero, direttore artistico e fondatore di Cappella Orsini, è in scena nel ruolo di se stesso.

 

 

Lei è laureata in giurisprudenza ma, come avviene anche nella storia della letteratura, invece di fare l’avvocato ha scelto di fare l’attrice. Quando nasce questa passione per il palcoscenico?

Fin da bambina. A 7-8 anni avevo già una mia compagnia teatrale. Poi ho frequentato le scuole superiori, ho smesso, ho pensato a laurearmi. All’Università mi sono iscritta a un corso, a un laboratorio teatrale. Ho studiato per 12 anni. Per tre anni ho fatto studi con Luciano Currell per approfondire il metodo Stanislavskij, infatti sono un’attrice stanislavkiana, non interpreto ma divento il personaggio. Sono anche una personal coach, tengo un corso di recitazione on line, scrivo sceneggiature per il cinema, avendo studiato con Bernardino Zapponi, sceneggiatore di Fellini.

 

 

E lei che ruolo ha in Mozartmania?

Quello della Dama bianca, che è al tempo stesso la lettrice di lettere di Mozart e anche una sorta di medium, che sta in contatto con l’anima di Mozart. Ma soprattutto è la vittima di Mozart, “invasa” da Lui.

 

 

Chi sono stati i suoi maestri?

Giuliano Vasilicò, fondatore del Teatro d’Avanguardia; Giancarlo Sepe, Claudio Boccaccini, che mi ha messo sul palco, per indicarne i principali.

Date le sue origini leccesi, per parte di nonni, non è mai entrata in contatto con Carmelo Bene?

Per lavoro, non ci siamo mai incontrati. Lo vidi una volta a Cannes insieme con il mio ex marito.

Quanto durerà lo spettacolo?

Un’ora, un’ora e mezzo, ma come le ho spiegato non ha una durata predeterminabile al minuto.

Prevede tournée?

A Napoli e a Parigi.

Il prossimo spettacolo? Ancora su Mozart?

No. sarà Le passioni di Giò.

 

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(Giò Stajano era figlio del conte Stajano, che sposò la figlia di Achille Starace, numero due di Mussolini, è stato un personaggio famoso negli anni Sessanta negli ambienti della dolce vita di Via Veneto;  poi con gli anni ha concluso un percorso di transizione sessuale. Una persona di grande spiritualità e fede, un lettore appassionato di Sant’Agostino, del quale amava citare una frase: “Signore, sono un peccatore, fammi smettere ma non ora”.  Commenta la nipote Francesca Stajano Sasson: “mia zia ha conosciuto su questa terra tutte le condizioni dell’essere umano: l’inferno, il purgatorio e il paradiso; tutte su questa terra”. Giò Stajano verso la fase finale della sua vita è diventata suora laica)

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Il ricordo di Giò mi suggerisce un’altra domanda. Achille Starace quindi è il suo bisnonno. Da quello che ha sentito in famiglia nel corso degli anni, che idea si è fatta di questo suo avo, potente gerarca del regime,  ricordato come l’inventore delle liturgie fasciste ( abolizione del “lei”,  il saluto fascista, il saluto al duce, le adunate ecc.)?

Dico una cosa ovvia: del mio bisnonno si è già occupata la storia. Certamente non lo giustifico: è stato una pedina nelle mani del duce”, che se n’è servito fino a quando gli è stato utile, poi lo ha brutalmente scaricato. Ma non dimentichiamo che egli sconsigliò il Patto d’acciaio, e non fu ascoltato. Detto questo, ci tengo anche ad aggiungere: del mio bisnonno ammiro la figura: lo ammiro per la sua fedeltà, è rimasto fino alla fine della sua vita fedele ai suoi ideali. Fu ridotto alla fame, emarginato e ormai fuori dal partito, non fuggì, né si nascose. Negli ultimi giorni prima del 25 aprile circolava liberamente per Milano, pur sapendo di rischiare la vita. È morto inneggiando al duce e al re. Non sono comunque una mussoliniana, semmai una staraciana.

Ci va mai a Sannicola? (il paese natale a 12 km da Gallipoli, dove Starace aveva una villa, “villa Excelsa”, (ora è un noto ristorante e un locale per matrimoni; così come Villa Italia, a Cascais, è diventata un albergo, NdR)

A poca distanza da Sannicola ho una casa di villeggiatura.

Una curiosità: come mai questo nome “Excelsa”?

Il nome deriva da una palma che il mio bisnonno fece arrivare dall’Africa, svettava su tutte le altre palme; in essa un giorno fu trovato un ragno gigante che fu chiuso in una bacheca, posta nella piazza principale del Paese, sorta su un terreno donato da Luigi Starace, padre del mio bisnonno, alla comunità di Sannicola.

Chiudiamo questa intervista tornando al teatro. Tra sosta per il covid, per fortuna finita, concorrenza di cinema, stadi, televisione, piattaforme varie, qual è lo stato di salute del teatro secondo lei?

Finché esiste l’uomo, il teatro continuerà a esistere. La magia che il teatro dà non te la darà mai nessuna piattaforma. Nel teatro c’è questa simbiosi, questo scambio in simultanea tra l’attore e il pubblico, e insieme vivono il presente, l’hic et nunc, della rappresentazione. E questo è bellissimo. Chi vive il presente è felice. Chi vive solo del passato è un nostalgico, chi solo del futuro è un sognatore spesso inconcludente. Perciò è bello vivere il proprio tempo storico, nella dimensione che la vita ci riserva.

C’è un messaggio in questo spettacolo? Non si metta a ridere, ma questa domanda me l’ha ispirata la mia nipotina, che fa la terza elementare. L’altro giorno mi ha detto: la maestra ci ha raccontato due storie, Ma una mi è piaciuta più dell’altra perché aveva una morale. “E che vuol dire avere una morale?” le ho domandato. “Un insegnamento”. Ecco, di questo Mozartmaniac c’è una morale? Un messaggio?

Il messaggio è che frequentare Mozart è… pericoloso! si rimane impigliati, anche se felicemente impigliati, nella sua rete. E a proposito di rete, sul palcoscenico ne campeggia una, a simboleggiare la ragnatela in cui si viene avviluppati frequentando Mozart. L’autore è John Doing. La cui The Net opera rappresenta nel mondo il legame che tutti abbiamo grazie a Internet.

In bocca al lupo!

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Brevissimi  tratti biografici di Francesca Stajano Sasson.

Attrice, sceneggiatrice, regista. Ha partecipato ad alcune serie tv, come Don Matteo e Un medico in famiglia. Nel 2014 ha debutato al cinema col film Frammenti, regista Raffaello Sasson, oggi suo marito. Per questo lavoro ha avuto premi come miglior attrice al Roosevelt Film Festival, al Los Angeles Indipendent film Festival e all’Holliwood Actor’s Awards. Intensa attività teatrale, in particolare vari spettacoli su Mozart.

 

Mario NanniDirettore editoriale

 

 

 

 

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