“Mi chiedo dove il dirigenti del Pd prendano il caffè la mattina”.
Con questa battuta, nel suo stile ruvido e spocchioso che è noto a molti antipatizzanti, Massimo D’Alema ha compendiato risultato elettorale del Pd commentando le sue critiche alla dirigenza di quel partito.
La battuta di D’Alema è una piccola granata, e come sanno anche quelli che non hanno fatto come me il servizio di leva, la granata scoppia con effetti che colpiscono in tutte le direzioni.
Proviamo allora a immaginare possibili risposte sottintese nella frase di D’Alema: dove prendono il caffè i dirigenti del Pd la mattina? Nel salotto di casa? In bar esclusivi, dove non c’è traccia di impiegati, operai, giovani disoccupati? In qualche club esclusivo? In qualche circolo? O nel loro ufficio al ministero?
In ogni caso, lontani dalla “ggente”, dalla pancia del paese, dalle voci di chi si lamenta, protesta, impreca.
La battuta di D’Alema rischia di avere tante reazioni. La più ovvia, ma anche la più facile appartiene al tipo delle ritorsioni polemiche. Per cui: E D’Alema il caffè dove lo prendeva la mattina? Quando dirigeva il Pd e poi è passato, sulla scia della contestazione a Renzi – che peraltro faceva il suo giro elettorale cantando l’inno della rottamazione e portandosi appresso l’effigie dalemiana –al minuscolo partito “articolo 1 ( o Leu)”, che non è mai decollato e, nel naufragio della sinistra, è senza speranza ( anche se Speranza c’è ancora).
Pangloss