Dizionario elettorale

Politica

AMARA LUCANIA

Amara certamente per il Partito democratico. Un’intera famiglia politica ha lasciato il partito di Letta sbattendo la porta e si è associata al Terzo Polo di Renzi e Calenda. Si tratta dei fratelli Pittella: Marcello, ex presidente della Regione Basilicata, che ha avuto disavventure giudiziarie da cui è stato prosciolto. Ciò nonostante il Pd non lo ha ricandidato. L’altro è il più famoso fratello Gianni, europarlamentare, già presidente del gruppo socialista all’europarlamento e ora senatore della Repubblica.

 “BERLUSCONI AMORE MIO”

Questa frase non ha portato all’’autrice la stessa fortuna che ebbe un’altra frase più famosa,  “menomale che Silvio c’è”, lanciata da una giovane napoletana allora sconosciuta, Francesca Pascale. Stavolta Claudia Maiolo, che ha postato questo omaggio a Berlusconi sui social, si è vista cancellare dalla lista dei 5 stelle dov’era candidata, in Campania.

 

BERSAGLIERA

Tra i candidati alle politiche c’è Gina Lollobrigida, 95 anni, la “bersagliera” di “Pane amore e fantasia” e “Pane amore e gelosia”, film che spopolarono a metà degli anni Cinquanta. È stata candidata dall’ex pm Antonio Ingroia in un collegio uninominale di Latina. La longeva attrice non è nuova alle candidature elettorali. Nel ’99 fu inserita in lista nello schieramento di Prodi al Parlamento europeo e prese 10 mila voti.

BICAMERALE O COSTITUENTE

La proposta è stata lanciata dalla segretaria di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. La commissione bicamerale, come quella del 1982 guidata da Aldo Bozzi, e poi quelle guidate da Iotti, De Mita e D’Alema sul finire degli anni ’90, dovrebbe servire a riformare la forma di Stato e di governo (Repubblica da parlamentare a semipresidenziale, con la elezione diretta del Presidente della Repubblica, secondo il modello francese o presidenziale secondo il modello americano? Per la verità la proposta di Meloni non è chiarissima sul punto. Le commissioni bicamerali fecero tutte fallimento. Sarà per questo che forse si potrebbe tentare la via di un’Assemblea Costituente. Ce n’è stata una sola, nel ‘46-‘47, elaborò la Costituzione, fece un lavoro memorabile in un contesto storico post bellico. Un’Assemblea Costituente darebbe forse anche il senso di una svolta epocale, per rendere le istituzioni più efficienti e funzionali ai necessari rapidi tempi di decisione imposti dalle esigenze della società.

 BUM !

“Non è in gioco il mio destino personale, ma il futuro del nostro Paese”.  Così Dario Stefàno, dopo aver restituito la tessera del Pd per protesta contro la mancata candidatura in un collegio sicuro. A certi politici manca il senso dell’autoironia o, peggio, del ridicolo, come si preferisce.

 COCCODRILLO (lacrime di)

“Questa assurda e pessima legge elettorale” (Debora Serracchiani, capogruppo Pd alla Camera). Lo stesso segretario del Pd Enrico Letta: “Purtroppo andiamo alle elezioni con una brutta legge elettorale”. Ma non sono solo quelli del Pd a (fingere di) lamentarsi. La legge tanto (e giustamente) vituperata è il cosiddetto Rosatellum, un ibrido di proporzionale e maggioritario. Soprattutto, una legge che non prevede le preferenze, ma liste bloccate e corte, di candidati decisi dalle segreterie dei partiti o in sinedri molto ristretti, con partecipanti di numero inferiore a quello del gioco del tressette. La domanda sorge spontanea: chi si lamenta e piange contro questa legge elettorale, ha avuto il tempo di una legislatura quasi piena per proporre di cambiarla. Non l’hanno fatto. Né lo faranno mai. I segretari dei partiti, tutti, da destra a sinistra, non rinunceranno mai a questo potere di decidere i candidati.

DESIDERIO (non è peccato)

Così un noto proverbio meridionale. Ma forse Giuseppe Conte, “Peppiniello appulo” (Copyright di Dagospia) lo conosce – ma forse esagera – se arriva a dire: “Siamo in crescita nei sondaggi e mi auguro di governare da solo , ma realizzare un monocolore diventa un po’ improbabile, quindi la prospettiva di dover lavorare con altre forze politiche come il Pd ci può stare”. Poi la ritrattazione, dopo essere stato attaccato nel Movimento: “Con gli attuali vertici Pd folgorati dall’Agenda Draghi non potremmo nemmeno sederci al tavolo “.

 “DON CHISCIOTTE DEI PARIOLI”

Questo titolo, sfidando l’ira nella tomba di Miguel de Cervantes,  è stato affibbiato da Clemente Mastella, segretario nazionale di “Noi di Centro”, e promotore della Lista “Noi di Centro- Mastella- Europeisti”, a Carlo Calenda, giudicato poco sensibile al tema della par condicio mediatica. Il leader di “Azione” aveva infatti proposto un confronto tv tra quattro leader escludendo tutti gli altri.

DONNE

Una donna al Quirinale: “Espressione orribile. Contano le idee non il sesso”. Parola della grecista Eva Cantarella. Che aggiunge per marcare il concetto: “Non voterei mai una donna solo perché donna”. Stesso discorso, suppongo, anche se la grecista non l’ha detto, si può fare per lo slogan “una donna a Palazzo Chigi”, come presidente del Consiglio. Per sfondare il famoso “soffitto di cristallo” che consenta a una donna di diventare premier.

EDMOND DANTES

La figura del Conte di Montecristo è stata evocata spesso durante questa campagna elettorale, soprattutto nella fase della compilazione delle liste. La figura del personaggio creato da Alessandro Dumas evoca spirito di rivalsa e di vendetta: così è stato citato per Letta (esclusione di Luca Lotti, renziano antemarcia, ma poi rimasto nel Pd, e di altri esponenti pd legati a Renzi, e forse sospettati di essere o di diventare quinte colonne dell’ex segretario fiorentino del partito democratico). Contro Letta in particolare, si scaglia Mario Adinolfi, co-fondatore di Alternativa per l’Italia: “Ha fatto fuori renziani, popolari, rutelliani come Lotti, Gasbarra, Valeriani, per godersi la sua vendetta contro chi (Renzi, NdR) gli tolse la campanellina di presidente del Consiglio nel 2014, per premiare i vari Zingaretti, Morassut e addirittura Zan”.

EPIGONI ( LILLIPUZIANI DI CARLO V)

Così rischiano di apparire certi candidati puntuali come i treni tedeschi,  immarcescibili, si sarebbe detto una volta, che si presentano chi per la nona, chi per la decima, chi per la undicesima legislatura: ad esempio, Casini, Mastella, Fassino. Ma che c’entra l’imperatore? C’entra: questi personaggi hanno fatto proprio il suo motto applicandolo alle elezioni: sulla mia candidatura non tramonta mai il sole.

Casini peraltro, politico di lunghissimo corso, dc non certo di sinistra, poi con incarichi istituzionali (presidente della Camera), e presidente della commissione d’inchiesta sulle banche, con qualche vocazione all’ecumenismo e alla conciliazione, si è accasato anche per la prossima legislatura nella famiglia del Pd bolognese. Stavolta non tutti erano d’accordo.

Ma Casini alla fine piace, e per lui – se i partiti troveranno l’accordo per farla – potrebbe essere pronta la sedia di presidente della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, proposta da Meloni; o addirittura della Costituente, per riformare la seconda parte della Costituzione. Chi meglio del fine dicitore Casini, allievo di Bisaglia e Forlani, per trovare la quadra?

ETEROGENESI DEI FINI

Longanesi diceva che sulla bandiera italiana doveva essere scritto il motto “tengo famiglia”: un modo di spiegare tante cose, comportamenti o gesti, che compendiavano quello che va sotto il nome di familismo amorale. Imitando la proposta di Longanesi, si potrebbe proporre anche “eterogenesi dei fini”: per spiegare come in Italia una cosa parte buona, poi gli uomini la guastano, e allora si decide di buttarla via. Basteranno tre esempi: una riguarda proprio le elezioni. Le preferenze: quale metodo più democratico per scegliere chi ci deve rappresentare in parlamento? Senonché l’istituto della preferenza ha avuto delle degenerazioni, da quattro sono state ridotte via via a una (il famoso referendum di Segni sulla preferenza unica del ‘91) e poi sono state definitivamente soppresse. Certo, le preferenze hanno dato origine a fenomeni di corruzione, di controllo del voto, specie da parte delle mafie. Ma poi la trovata ingegnosa qual è stata? Invece di combattere le degenerazioni è stata eliminato tout court il sistema delle preferenze. Si è buttata, come si dice, l’acqua sporca ma anche il bambino.

Stesso percorso e stessa fine per l’istituto dell’immunità parlamentare: nato storicamente per garantire la libertà e l’autonomia dei deputati e dei senatori contro eventuali abusi della magistratura, alla fine si è abusato di questa immunità per coprire ruberie o atti illegali di qualche parlamentare. Com’è finita? Bollata come un antiquato privilegio, sotto i colpi di campagne anche qualunquiste e derive giustizialiste (compreso il Tangentopoli), l’immunità parlamentare è stata abolita. E ridotta a una parvenza.

Stesso destino l’avviso di garanzia: nato per appunto garantire il cittadino (il magistrato gli comunica: sto indagando su di te, forse è il caso che ti prepari a trovarti un avvocato), è diventato una taccia, un anatema, un anticipo di condanna, una gogna mediatica, che in certi casi è stata una barbarie.

FASCISMO, C’E’ RISCHIO DI?

La domanda è stata posta in relazione a una eventuale (probabile, molto probabile, secondo i sondaggi) di un centrodestra a trazione Fratelli  d’Italia. “Non vedo un rischio fascismo, ma qualche torsione autoritaria potrebbe esserci”. Così Stefano Bonaccini, presidente Pd di una delle Regioni tradizionalmente rosse, l’Emilia-Romagna. Anche un personaggio come Mario Capanna, leader della contestazione ai tempi del ’68, poi segretario di Democrazia proletaria, non crede che ci sia questo pericolo. “Il fascismo? Buonanotte. Parliamo di problemi seri, come i salari da fame. Ritornare a vecchie contrapposizioni serve a nascondere il vuoto delle idee”. Anche il filosofo Massimo Cacciari ha ammonito il centrosinistra  a non puntare, per battere la destra, sul rischio “ritorno del fascismo”: “è il miglior modo per favorire la vittoria della destra”.

FIAMMA

Togliere la fiamma dal simbolo di Fratelli d’Italia, chiede la senatrice Liliana Segre, nell’idea che i simboli significano qualcosa. “Non togliamo niente, replica la segretaria di Fratelli d’Italia”. Giuseppe Conte, che sembra l’esegeta delle cose che riguardano quel partito: “Non è importante la questione della fiamma, ma è importante l’adesione ai principi costituzionali. E quindi il governo che verrà, se sarà di destra, riconosca le feste nazionali, la Liberazione, il fondamento della Costituzione, che è antifascista”.

FUTURO

E se questa parola, pur densa di significato alla fine  portasse …jella? Così farebbe pensare il destino di certi partiti morti in culla: penso a Futuro e Libertà, il partitino con cui Fini, dopo lo scioglimento di Alleanza nazionale dentro il Popolo della libertà, affrontò le elezioni politiche successive con una formazione composta dai pochi seguaci che intesero seguirlo (il resto preferì restare con Berlusconi).

Oppure se si pensa a quante volte Renzi, da segretario del Pd e poi premier lanciato nel referendum costituzionale, pronunciò la parola futuro ogni due per tre, E rivolgendosi ai giovani diceva: guardate fuori di quella porta c’è il futuro che vi attende!

Futuro è una bella parola, ma se rischia di svalutare il presente e, peggio ancora, di far dimenticare il passato, può essere perfino un abbaglio, un miraggio, una fata morgana. Non aiuta a capire il tempo in cui si vive. E il politico che ne abusa va regolarmente a sbattere.

GLADIATORE

O gladiatrice? Monica Cirinnà: io gladiatore in un collegio difficile. Prima aveva rifiutato una collocazione a rischio, poi ha superato la delusione e ha deciso di buttarsi nella mischia. Non senza aver ricordato: ho rivissuto la notte del 26 gennaio 2018 quando Renzi fece le liste. Con Letta, ho rivisto quel film. Avevamo dato quattro criteri per la compilazione delle liste: forte radicamento territoriale; nessuno paracadutato dal nazionale su territori non propri; no alla pluricandidature, se si è in un collegio a rischio non devi avere il paracadute nel proporzionale; valorizzazione del merito e delle competenze.

INCUBO

Lo ha vissuto Fico, presidente della Camera. L’incubo era quello di rivivere il destino di Bertinotti e Fini: entrambi presidenti della Camera non furono eletti neanche semplici deputati nella legislatura successiva; i rispettivi partiti, Rifondazione Comunista e Futuro e Libertà non presero neanche un deputato. Per Fico andrà anche peggio: almeno Bertinotti e Fini si candidarono, Fico invece, è caduto sotto la mannaia della regola del non più di due mandati. E i cinque stelle, nel loro schematismo simil giacobino, non hanno voluto fare deroghe, neanche per quei due tre personaggi (Fico, Paola Taverna, Virginia Raggi) che avevano avuto incarichi di prestigio nelle istituzioni.

ITALIA

Non si contano più i partiti, i movimenti politici che hanno nel loro nome la parola Italia. Buffo no? Come se questa tautologia volesse solleticare l’orgoglio nazionale, l’identità, il senso di appartenenza a una Nazione. Tutte cose belle, ma un po’ superflue, in tempi in cui su ragiona in termini universali, di globalizzazione, di Europa, di Europa delle patrie.

Intendiamoci, anche dal dopoguerra in poi nella denominazione dei partiti, tranne la Dc, non c’era Italia ma compariva “italiano”; partito comunista italiano, socialista italiano, repubblicano italiano, e anche nel Msi, che era un movimento e non un partito, italiano compariva. Qui ci vorrebbe un linguista per spiegarci se il sostantivo Italia messo nel nome del partito (termine che peraltro non si usa più, per uno di quei fenomeni prima descritti alla voce eterogenesi dei fini) al posto dell’aggettivo “italiano” abbia una pregnanza diversa di significato.

Cominciò Berlusconi con Forza Italia, e più d’uno protestò perché si sentiva a disagio a gridare Forza Italia durante le partite della Nazionale. Ora abbiamo: Fratelli d’Italia, Italia viva (che al contrario si potrebbe leggere Viva l’Italia), Coraggio Italia, Italia al Centro, Italexit (che fa il verso a Brexit), Noi con l’Italia, Green Italia, Ancora Italia,  Italia dei Valori, Alternativa italia. Se fosse vivo, Dante forse metterebbe “Ahi serva Italia” (di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincia ma bordello).

LADRI DI DEMOCRAZIA-LEGGE TRUFFA

Probabilmente, con il suo linguaggio icastico, Pannella avrebbe usato questa espressione per bollare gli autori della legge elettorale Rosatellum che, prevedendo le liste bloccate e senza preferenze, toglie al cittadino la possibilità, il diritto, il potere di scegliersi i suoi rappresentanti. Politicamente parlando una “truffa”, una legge truffa (almeno quella del ’53 ,proposta da de Gasperi, e bollata come legge truffa dalle sinistre perché prevedeva per chi avesse preso il 50,1 dei voti il 65 per cento dei seggi, prevedeva le preferenze).

MELONI UNA E DUE ( SECONDO CONTE)

“Ci sono due Meloni: quella che fa la moderata e si presenta molto articolata nei ragionamenti. E la Meloni che va da ‘Vox’ e che grida scomposta come gridava durante la pandemia”, Parole di Giuseppe Conte.

MOGLIE DI –  MISOGINIA TRAVESTITA

Grande scandalo è stato fatto a proposito delle candidature di donne classificate e presentate come “moglie di”. Elisabetta Piccolotti, moglie di Fratoianni, di Sinistra Italiana, e Michela Di Biase, moglie del ministro Dario Franceschini. Immediata e orgogliosa la reazione delle donne chiamate in causa. “Abbiamo la nostra storia, non siamo le appendici dei mariti”. Elisabetta Piccolotti ha ricordato di stare in politica da anni: già nel 2006, quindi 15 anni fa, era portavoce dei giovani comunisti, poi a Rifondazione, Sel.

Una polemica (contro le donne) comunque basata sul nulla: Aureliana Alberici, senatrice, non era la moglie di Occhetto? E Anna Maria Serafini? È la moglie di Fassino.

OMBRE RUSSE

È stata ventilato il rischio di un eccessivo interessamento, mettiamola così, della Russia di Putin alle elezioni italiane. Non è fantapolitica immaginare a chi vada la speranza e l’auspicio di vittoria. Ricordiamo soltanto che Berlusconi e Salvini non sono certo nemici di Putin.

OTTANTADUE-NOVANTASETTE 15 ANNI DI CHIACCHIERE

Fa 15 anni, il tempo in cui varie commissioni bicamerali hanno tentato di riformare la seconda parte della Costituzione. Tra le proposte c’era ogni volta la riduzione del numero dei parlamentari, non in maniera così drastica come è poi successo con la proposta dei 5 stelle, appoggiata anche da altri partiti, Pd compreso.

PARACADUTATI

Il caso più eclatante quello della senatrice Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato uscente. Non le è stato assegnato il collegio di Padova, che è la sua città, il suo territorio elettorale, ma un collegio della lontana Basilicata. Roba da Cristo si è fermato a Eboli. Non è dato sapere ufficialmente quale sia stata la reazione di un tale traghettamento di un personaggio che peraltro era entrato in lizza nelle recenti elezioni del presidente della Repubblica, peraltro mossasi con qualche forzatura tanto da irritare gran parte del gruppo di Forza Italia, che le negò il voto nel segreto dell’urna. Gruppo senatoriale capeggiato dalla senatrice Anna Maria Bernini, battagliera parlamentare. Ma chi è stato candidato nel collegio di Padova, che era della Casellati? Anna Maria Bernini.

Il caso Casellati non è isolato.  Anche il Pd ha candidato il ferrarese Dario Franceschini a Napoli, la milanese Susanna Camusso in Campania, il torinese Piero Fassino a Venezia, la romana Deborah Serracchiani in Piemonte. Commenta Alessandro Di Battista: tre degli ultimi quattro segretari della Cgil si sono finiti nel Pd (oltre a Camusso, Guglielmo Epifani e Sergio Cofferati).

PARTITI  e democrazia

Una democrazia non può essere tale se non sono democratici anche i partiti (Piero Calamandrei, Assemblea Costituente, 4-3- 1947) Nel dopoguerra il 9 per cento della popolazione era iscritta ai partiti. Ora? L’1 per cento. Nel secondo dopoguerra circa il 93% andava a votare, ora circa il 73 per cento. Sondaggio di due anni fa: solo il 9 per cento ha fiducia nei partiti, solo il 3% dei contribuenti destina il 2 per mille ai partiti. ( da un articolo di Sabino Cassese). “È in corso una vera e propria agonia dei partiti. Questi sono fragili, volatili, inconsistenti”(Mauro Calise).

“PRODI BOYS” – EMILIANO DIXIT

Francesco Boccia, capolista al Senato e già ministro, Claudio Stefanazzi, capo di Gabinetto del presidente della Regione Puglia, ed Enrico Letta, segretario del Pd, erano tra i migliori Prodi boys in circolazione’’. Parola di Michele Emiliano, nel commentare le candidature.

PROFETI DI COMPLEMENTO

Calenda: “Sei mesi e ci sarà la crisi. Chiunque vinca durerà poco. Perciò servirà una coalizione di partiti responsabili”.

QUESTO O QUELLO PER ME PARI SONO

Ovvero i vari modi per dire a un candidato che non ce la farà. Il primo modo è quello di non candidarlo per niente. Poi c’è un altro modo, più subdolo o raffinato: inserirlo in lista in un posto che a è più difficile vincere al superenalotto che essere eletti. Facciamo un esempio: se in quel collegio un partito pensa di prendere due seggi, allora piazza il nome del candidato al terzo posto o quarto posto. E il gioco è fatto. Molte proteste, nella composizione delle liste, sono state determinate da questi giochi di collocazione.  Molti candidati rifuggendo come dalla peste dai collegi uninominali, a meno che non fossero storicamente sicuri o blindati (ma che cosa c’è ormai di sicuro in Italia?) hanno sperato di essere piazzati nei primissimi posti della lista plurinominale. Ma sono rimasti..spiazzati; hanno protestato, qualcuno ci ha ripensato dopo le critiche: non volete battervi? Volete la pappa tutta pronta… e simili.

QOELET

O Ecclesiaste, un libro sapienziale della Bibbia, detto anche la Bibbia dei laici ( Spadolini lo citava spesso).C’entra con le elezioni? C’entra di sicuro. Dovrebbe essere regalato a tutti i politici, vecchi e nuovi. Perché abbiano chiaro lo spirito del tempo in cui sono chiamati ad agire, il senso del limite, della durata, della situazione.

I vecchi perché imparino quando è arrivato il momento di smettere, di porre fine all’accanimento terapeutico delle candidature e degli incarichi, facendo largo ai giovani (quando mai!).

I giovani perché imparino a non scambiare una elezione per destino permanente, e fare proprio il motto di Moro: vivere il proprio mandato elettivo, a qualsiasi livello siano collocati, come fosse il primo giorno o l’ultimo, indifferentemente.

Se la curiosità spinge ora il lettore a domandarsi: ma per quale ragione specifica si dovrebbe regalare il Qoelet? Basterebbe un motto ivi racchiuso: C’è un tempo per ogni cosa.

SAINT-JUST O SORA CAMILLA?

Parliamo di Alessandro Di Battista, sempre invocato, sempre atteso alle battaglie e sempre sfuggente. Quando scoppia l’incendio o infuria la battaglia lui è sempre altrove, a fare reportage, a scrivere libri, e puntualmente si sfila dalla pugna. Ogni volta con una motivazione diversa. Stavolta: non voglio padroni, e Grillo si comporta come tale. Ma Che Grillo sia il ras del partito, il padre fondatore e anche padre padrone, il nume che ogni tanto come Giove scaglia saette e poi si eclissa tra le nuvole, Di Battista lo scopre adesso? Peccato, una intelligenza sprecata la sua: il giovane ha qualche freccia al suo arco, ha fatto una tesi su Heidegger, ma queste frecce nei momenti topici le ripone nella faretra. Salvo poi dire, a partita conclusa, dove hanno sbagliato e che cosa si doveva fare.

SESSANTA PER CENTO

Gli italiani sono al 60 per cento di centrodestra, e il centrosinistra vince solo quando un pezzo dei moderati si stacca e si allea con i progressisti. Giuseppe Tatarella, citato da Ignazio La Russa.

SINDACO D’ITALIA

“Nella neolingua che affligge questa oscena campagna elettorale c’è il sintagma ‘sindaco d’Italia’, sinonimo di presidenzialismo” (Tommaso Montanari)

SONDAGGI – c’è lo zampino di Nicodemo?

Nicodemo era un personaggio evangelico che andava a trovare Gesù Cristo di notte per paura delle critiche dei farisei. Non era, diciamolo, un cuor di leone, che manifestava le sue posizioni alla luce del sole. Questo personaggio c’entra in qualche modo con i sondaggi: ai tempi della Dc molti dicevano di non votarla, poi le urne raccontavano tutto il contrario. Così ai tempi di Berlusconi. In certi ambienti si sentiva dire: io votare il Cavaliere? Ma ti pare?|. Poi uscivano voti a valanga. Di qui l’ipotesi, che formuliamo qui in modo neutro, né come auspicio né come scongiuro, che in realtà i voti alla Meloni possano essere anche di più di quelli annunciati, con regolare conferma, dai sondaggi. Può darsi insomma che qualcuno trovi imbarazzo a dire di votarla ma poi nell’urna la voterà. Stesso discorso per il Pd.

TERZO POLO- TERZO INCOMODO?

La parola “terzo”, semanticamente, si porta con sé un alone di ambiguità, quasi sempre negativo: il terzo incomodo, il terzo uomo; nelle liti di solito è il terzo che si mette in mezzo a buscarle. Nella politica spesso è la stessa cosa. Renzi e Calenda hanno costituito il terzo polo. Il duo annuncia battaglia, specialmente in Senato, dove la maggioranza vittoriosa potrebbe avere un margine esiguo. E quindi con una tattica corsara, e approfittando di assenze nelle file dei parlamentari del centrodestra, potrebbero far inciampare il governo in qualche votazione. Ma per fare questa operazione occorrono molti voti e soprattutto molti parlamentari. I sondaggi finora per la coppia Calenda Renzi non indicano un trend univoco e molto esaltante.

Dall’altra parte, proprio sulla base dei numeri, i cinque stelle, accreditati di un dieci per cento, meno di un terzo del sorprendente bottino elettorale del 2018, e cioè un dieci per cento, dicono, e La Palisse darebbe anche ragione: il terzo Polo siamo noi.

UM

È la desinenza delle leggi elettorali italiche degli ultimi anni. La moda di latinizzare il nome della legge elettorale di turno fu lanciata dal politologo fiorentino professor Giovanni Sartori. Poi, come spesso capita, arrivarono gli imitatori, quasi sempre peggiori dell’originale. Mattarellum, legge presentata da Mattarella,  Porcellum ( autore Calderoli che poi la ripudiò definendo la sua stessa legge una “porcata”);  Lauricellum (autore Giuseppe Lauricella, professore palermitano di Diritto pubblico  e di Diritto Costituzionale); Verdinellum ( autore Verdini, ex pilastro di Forza Italia, ora “suocero” di Salvini); Italicum, legge fatta dal governo Renzi; Germanellum ( nome coniato dal giornalista parlamentare Giovanni Innamorati). Attualmente il Rosatellum, che non è un vino ma purtroppo la pessima legge con cui si andrà a votare, autore Ettore Rosato, prima del Pd poi passato a Italia Viva.

ZAGREBELSKY E LA PAURA DEL TIRANNO

No al presidenzialismo, ci sono rischi di svolta autoritaria La tesi dell’illustre professore: il presidenzialismo non sarebbe “antropologicamente” e storicamente adatto agli italiani, soliti a “ruere in servitium”, cioè a correre sul carro del vincitore o ad abbandonarlo precipitosamente. Obiezione: la Francia allora? Ma in Francia lo spirito pubblico è tutt’altro che ruere in servitium. La Francia ha fatto la rivoluzione, in Italia non ne abbiamo mai viste.

Altra obiezione: ma Salvemini, Calamandrei, Valiani, La Pira erano per il presidenzialismo. Risposta: anche Pacciardi, se è per questo. Ma Pacciardi prima di morire ammise di aver progettato un golpe nel ’74.

“La paura del tiranno” bloccò il presidenzialismo all’Assemblea Costituente.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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