Decaro: fare il sindaco? il mestiere più bello del mondo ma vanno cambiate le leggi

Viaggio tra le istituzioni territoriali del Paese #5

Politica

Con l’intervista al sindaco di Bari Antonio Decaro, BeeMagazine prosegue il giro di interviste a presidenti di Regione e a sindaci delle principali città italiane. Per registrare le idee, le proposte, i motivi di orgoglio e di preoccupazione dei protagonisti delle amministrazioni regionali e comunali. Al termine di questo giro, che avrà insieme il valore di una inchiesta e di un sondaggio, BeeMagazine farà una sintesi dei motivi comuni e delle eventuali differenziazioni. Potrà essere un materiale utile allo sviluppo del dibattito politico sulle autonomie e sulle varie criticità dei territori, e una diretta informazione ai cittadini.

 

Fare il sindaco oggi, quanto è più complicato rispetto a ieri?

In realtà credo sia sempre stato un ruolo complicato, per doveri e responsabilità nei confronti delle comunità che si amministrano. Certamente l’avvento della pandemia lo ha reso ancor più complicato. Ciò che ha provocato in termini sociali ed economici è difficile da gestire, sia politicamente sia umanamente. Gli effetti, d’altronde, sono sotto gli occhi di tutti.

Quali sono le difficoltà principali che il sindaco oggi deve superare?

Direi che hanno molto a che fare con le risposte alle aspettative dei nostri concittadini. Un sindaco è chiamato ad affrontare mille questioni diverse e la risoluzione di un problema può non corrispondere esattamente a ciò che i cittadini si aspettano. A quel punto è fondamentale comunicare bene, spiegare tutte le fasi di un procedimento e confrontarsi con loro. Poi ci sono i tempi della pubblica amministrazione, sempre troppo lunghi rispetto alla velocità dei nostri tempi aggravati dal blocco del turn over del personale dipendente degli ultimi anni, ora per fortuna superato, e le ormai note responsabilità dei sindaci, che pagano in prima persona qualsiasi avvenimento accada nei Comuni che amministrano. Questo, molto spesso, non facilita il nostro compito.

Quali modifiche suggerirebbe al legislatore per rendere meno complicata l’attività del sindaco?

Ce ne sono diverse e fortunatamente con il governo Draghi manteniamo un dialogo costante, per cui ci confrontiamo periodicamente. La prima, e la più importante che mi viene in mente, riguarda sicuramente l’eliminazione o una rivisitazione delle innumerevoli responsabilità penali che ricadono sul nostro operato. È di qualche giorno fa la notizia della condanna della ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, per la tragedia di piazza San Carlo. Comprendiamo perfettamente il dolore e la sofferenza dei parenti delle vittime e, mi creda, non intendiamo chiedere immunità o impunità, ma le sembra normale che un sindaco risponda penalmente per avvenimenti non ascrivibili alle sue competenze? Oppure, le chiedo, possiamo noi andare incontro a una condanna per aver svolto il nostro lavoro? Il rischio è che fra un po’ nessuno voglia più prendersi la responsabilità di fare il sindaco.

C’è stato un momento di sconforto in cui, sia pure per un momento, ha pensato di lasciare?

I momenti di sconforto sono tanti, perché qualcosa va storto o perché magari non sono riuscito ad incidere come avrei voluto su una determinata situazione. Il più duro è stato senza dubbio l’annuncio del primo lockdown a marzo di due anni fa. Lì ho davvero temuto che tutto ciò per cui avevamo lavorato potesse sgretolarsi in un istante. Ma non ho mai pensato di lasciare. Nonostante tutto, fare il sindaco resta il mestiere più bello del mondo.

Sarò il sindaco di tutti: questo il ritornello di ogni campagna elettorale dei candidati sindaci. Lei lo ha detto?

No no, questa mi manca… a dire il vero, quando fui eletto per la prima volta nel 2014, dissi che sarei stato il sindaco di tutti. Ma la campagna elettorale era terminata. Al secondo turno, nel 2019, quando il risultato delle urne va oltre ogni aspettativa e raggiunge risultati che rappresentano davvero la maggior parte della popolazione, allora il sindaco di tutti devi sforzarti per davvero a farlo.

Tra la legge Severino, il rischio di denunce per omissione di atti di ufficio, quali sono le principali paure, e non uso a caso il termine, che il sindaco prova pur nella consapevolezza di star facendo il proprio dovere?

Come le dicevo prima, siamo sempre troppo esposti, anche quando le responsabilità non sono nostre. Per rappresentarle in modo chiaro quali possano essere le paure di un sindaco alle prese con una firma, le potrei citare il caso della sindaca Bonaldi di Crema, che ha ricevuto un avviso di garanzia per non aver saputo evitare che un bimbo si schiacciasse la mano nella porta tagliafuoco. Così si rischia la paralisi dell’attività amministrativa perché anche la sigla di un atto all’apparenza insignificante può comportare conseguenze pesanti. 

La pandemia ha dato, per forza di cose, una centralità nuova alla figura del sindaco e ha allargato il ventaglio delle sue funzioni. Alcune di queste dopo la fine della pandemia resteranno o decadranno di fatto?

Sicuramente gli ultimi due anni, per forza di cose, hanno visto i sindaci di tutta Italia impegnati in prima linea accanto alle proprie comunità per fronteggiare tutti i problemi causati dalle restrizioni, perché all’emergenza sanitaria si è aggiunta una crisi economica e sociale con cui stiamo ancora facendo i conti. Quanto ai poteri riconosciuti, credo che la scelta dei sindaci di rimettere nelle mani del Governo il potere di autorità sanitaria locale, sospendendo qualsiasi ordinanza in tema di contrasto al virus, non abbia precedenti nella storia della Repubblica. Una scelta dettata da un forte senso di responsabilità e dalla necessità di non complicare ulteriormente il quadro di ordinanze e divieti.

Facciamo una simulazione: se per un giorno per magia potesse decidere tutto da solo senza passare per la giunta e il consiglio comunale  che cosa farebbe per la sua città?

Per quanto mi riguarda la solitudine della scelta e delle decisioni non è mai un vantaggio né porta a risultati positivi, anzi. Io credo fortemente nelle decisioni che invece scaturiscono dal confronto e dalla collettività. Credo siano più autentiche e con un più ambio margine di buona riuscita. È necessario soltanto condividere metodi e regole in una comunità.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

 

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