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Evidenza

Covid, Lopalco: Cacciari ha ragione, il nostro ruolo è effimero. Si è fatta tanta confusione sulle competenze: virologi, epidemiologi, igienisti…

L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco rivendica il ruolo degli “esperti” per scongiurare la confusione e la babele dei linguaggi: non si può far parlare di vaccini in tv una soubrette o un dj.   In una intervista sul ruolo degli intellettuali alla rivista online beemagazine il prof Cacciari chiama in causa i virologi.  Quale commento si sente di fare? Gli intellettuali cui si riferisce nell’articolo citato sono principalmente pensatori di scienze umane. Ha ragione Cacciari quando dice che il ruolo dei virologi in questo contesto è effimero e strettamente legato alla situazione pandemica.   Secondo lei, i virologi svolgono una funzione da intellettuali, cioè non solo di tecnici del ramo ma anche una funzione di orientamento dell’opinione pubblica? Nel senso stretto della parola, si. I virologi sono intellettuali. Usano appunto l’intelletto per svolgere i loro compiti quotidiani di studio e ricerca. Se parliamo di orientamento dell’opinione pubblica, certo, sono loro che dovrebbero indirizzare la classe politica e l’opinione pubblica. Ovviamente limitandosi strettamente ai temi di propria competenza.   Durante la fase acuta della pandemia, e ancora oggi, i virologi sono stati i protagonisti della comunicazione, ma il cittadino ha anche notato, e sofferto, una certa babele di linguaggi. Come lo spiega? Tanta diversità di posizioni non fa a pugni con il discorso scientifico che non dovrebbe avere declinazioni così divergenti? Innanzi tutto si è fatta una grossa confusione sulle specifiche competenze. Il virologo, l’epidemiologo, l’igienista, l’infettivologo sono stati compresi in un unico calderone di ‘esperti’ quando invece le loro competenze specifiche sono assai diverse.   E quindi? Purtroppo, davanti all’ebbrezza della comunicazione pubblica, molti esperti hanno anche fatto l’errore di travalicare i limiti delle proprie competenze e hanno creato confusione nel pubblico. A questo si aggiunge il problema della comunicazione dell’incertezza, tema assai difficile.   Può sviluppare questo concetto dell’incertezza? L’incertezza

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Economia

Solo un nuovo contratto sociale ci potrà salvare. Costruendo la Repubblica dei diritti forti e dei forti doveri

Il nostro Paese non cresce da un quarto di secolo. Lo sottolineano tutti gli indicatori economici da tempi ormai lontani, tant’è che con lentezza il degrado cresce inesorabile. Nei diversi dissesti subiti dall’economia mondiale, abbiamo di volta in volta accumulato i pesi conseguenti, ma senza smaltirli, come è invece accaduto in ogni altro paese industrializzato nostro concorrente. Questa condizione ha influito sulle condizioni economiche di vita dei lavoratori e del ceto medio e ben presto si è sviluppato malessere, da cui sono originati altri preoccupanti problemi. Si sa, il motore di un Paese risiede in gran parte nella intraprendenza del ceto medio, dei lavoratori dipendenti ed autonomi. Essi rappresentano la spinta vitale per l’economia, a ragione della loro innata volontà di promuoversi nel benessere, di scalare l’ascensore sociale. Ma l’Italia arranca e se dovessimo enumerare i principali fattori che pesano sulla competitività, si potrebbero ricordare: l’energia con costi maggiori che vanno da 20 al 30% a causa di scelte sventurate di una decina di anni fa che ci ha esposti gravemente; il carico fiscale altissimo per gli investimenti, ingiustificabile per inefficienza e scarsezza di servizi; la giustizia amministrativa lenta e farraginosa; la pubblica amministrazione che solitamente osteggia in vario modo ogni attività di intrapresa significativa; l’education slegata dalle esigenze delle produzioni; carenti infrastrutture e scadente logistica, insufficiente cultura digitale ed infrastrutture immateriali. Insomma la consapevolezza di come procurarci benessere e quote sufficienti di mercato internazionale, appare più che lontana dalle preoccupazioni; altre sono le priorità della politica in genere. Ci comportiamo come se avessimo acquisito il nostro benessere al riparo da doveri e coerenze necessarie per conservarlo. La somma di queste stranezze hanno messo a soqquadro l’Italia e ne ha fiaccato buona parte del suo potenziale produttivo. Il Piano Nazionale Ripresa Resilienza si presenta come unica occasione  per riavviarci ad

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