Quando uno sembra non capire diciamo che abbia acqua nel cervello. Quando vogliamo dire che un’impresa sia senza fondamento, inutile… sembra di pestare l’acqua in un mortaio. Piana, Schiaccia. Schizza. In parte diventa vapore. Ma poi si ricompone. Come se niente fosse avvenuto. Ma così non è, perche Jacques Benveniste, nel suo libro sulla memoria dell’acqua, ci assicura che niente sfugge all’acqua, vera memoria di un ipotizzabile “tutto”. Un termine speculare al “nulla”, di cui non possiamo dire altro, che quello che chiamiamo tutto, non è affatto tutto (perché a noi è negato antropologicamente pensarlo) e quello che diciamo nulla, è fatto di tutto un universo di piccolo, piccolo a tal punto, da non avere materia, ma è necessario ed essenziale.
A noi è data una eterna età di mezzo, che è come una grande prigione, che è tanto grande ed invisibile, da darci l’impressione di una grande libertà, tanto grande che alcuni la dicono assoluta, altri la dicono libero arbitrio. Siamo passati dagli dei a un dio, abbiamo affermato la morte di dio, per poi dire, che più ne sappiamo, meno ne sappiamo, avendo preso coscienza, a due millenni da Socrate, che l’unica cosa di cui possiamo essere certi è la nostra ignoranza. Oggi tutto è aperto, indaghiamo in tutte le direzioni e non facciamo un dramma nel dire che il big bang, non è avvenuto alla data di 13 miliardi 800 milioni di anni, ma forse in un tempo più del doppio, nel dire, senza capire, che l’universo è infinito, nel prendere atto che la terra, tra un miliardo di anni potrebbe diventare come Marte o come Venere e che, per salvarci, abbiamo tempo per imparare a vivere, almeno il tempo di quattro anni luce, per raggiungere l’area di Proxima Centauri (nella nostra Galassia) da cui distiamo 78 mila miliardi di chilometri; per andare nel suo pianeta Alpha, ci vorrebbero 100 mila anni, con il Voyager, a propulsione attuale.
Ma diciamo che di tempo ne abbiamo e quindi l’apocalisse può aspettare. Questo vuol dire che, nel tempo, trasformeremo il trasformabile e noi stessi, molto più di quanto non sia avvenuto dalle prime forme biologiche umanoidi, ai nostri giorni; tutto questo fa apparire assurda ogni forma di antimodernismo, ogni tradizionalismo dogmatico e lo stesso spirito religioso dovrà uscire dallo stato belluino, mitico e poetico, per entrare in quello noetico (affermato da Jung),attraversando ogni linguistica ed ogni concettualistica, tanto che, forse, l’Etica nicomachea e l’Etica Eudemia, uscite da Aristotele, autore umano del concetto di ragione, ci sembreranno favole di Fedro o di Esopo (…naturalmente esagero…). E dovremo reinventare, molte volte, il nostro vocabolario, per non lasciarci ammutolire dal nuovo senza confini, riscrivere il nostro sogno della natura e comprendere che noi e l’universo siamo un’unica cosa. Ma lo siamo, nonostante, ignoti anche a noi stessi.
Francesco Gallo Mazzeo – Professore emerito all’ABA di Roma. Docente di linguistica applicata ai nuovi linguaggi inventivi delle arti visive al Pantheon Institute Design & Technology di Roma e Milano