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“Mattarella 1&2”, ritratti a matita di 12 presidenti. Il nuovo libro di Paolo Armaroli

Con la tempestività e la velocità degli instant book, Paolo Armaroli ha scritto un libro che è insieme di storia e di cronaca parlamentare, con il suo stile ormai noto, in cui l’acribia dello storico si coniuga in un mix felice con la brillantezza e la leggibilità del giornalista. Siamo in presenza di un libro documentato e ricco di fatti  inediti. Armaroli, professore  ordinario di Diritto pubblico comparato, docente di Diritto parlamentare, di Storia delle Costituzioni, con una esperienza anche di deputato,  ha preso spunto dalla rielezione di Mattarella per fare un viaggio a ritroso raccontando le elezioni dei predecessori. Un appassionante film istituzionale. Ne sono usciti 12 ritratti a matita, una formula per indicarne la tecnica impressionistica che nulla toglie alla nitidezza delle figure di questa galleria dei  supremi Reggitori della Repubblica. Di cui solo 11 furono eletti dal Parlamento in seduta comune. E chi era l’altro? Enrico De Nicola. Già capo provvisorio dello Stato,  in virtù della prima delle disposizioni transitorie e finali diventò primo presidente della Repubblica. Quindi non fu eletto ma diventò presidente per una disposizione costituzionale, “per grazia ricevuta”, scrive Armaroli. E già questa annotazione è la prima di una serie di “spie linguistiche” che svelano e anticipano lo stile dell’autore: rigoroso ed esatto nella documentazione e nella ricostruzione, ma, montanellianamente, incline alla battuta a volte scherzosa, più spesso graffiante. E come Montanelli, di cui orgogliosamente si ritiene un seguace, Armaroli, da onorario  “maledetto toscano” ( è romano di nascita),  sarebbe disposto a perdere un amico che a rinunciare a una battuta, secondo un noto motto di Quintiliano. Che cosa racconta questo libro? Lo svolgimento delle varie elezioni presidenziali, vari psicodrammi  tra franchi tiratori, aspirazioni deluse, scrutini defatiganti (ce ne vollero 23 per Leone e 21 per Saragat) ma anche elezioni lampo, come per Cossiga

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Assemblea costituente, Armaroli, Ceccanti, Lauricella commentano proposta Pisicchio

Paolo Armaroli, Stefano Ceccanti, Giuseppe Lauricella, tutti e tre professori universitari (di Diritto Costituzionale o Comparato e con esperienza parlamentare) apprezzano la proposta di Pino Pisicchio, lanciata dalle colonne di BeeMagazine. Ma chi, come Stefano Ceccanti, ne vede la difficile praticabilità anche a causa dei tempi ristretti per poter approvare una legge costituzionale che indica un’Assemblea costituente; chi, come Lauricella sottolinea tra l’altro la necessità di una “clausola di qualità” per coloro che dovrebbero farne parte; e chi, come il professor Paolo Armaroli, tra il serio e il faceto apprezza l’idea e il fascino di una nuova Costituente ma non vede all’orizzonte le… materie prime necessarie. Riportiamo di seguito, in ordine alfabetico, i tre punti di vista.     Armaroli, il fascino della Costituente e il problema delle “ragazze”: L’idea di un’Assemblea costituente rilanciata ora da Pino Pisicchio esercita un indubbio fascino. Sta a significare un nuovo inizio dopo una tabula rasa. Sta a significare un rotondo no a una politica istituzionale a “spizzichi e molliche”, come efficacemente sottolinea Pisicchio.  Una politica, quest’ultima, che non ha cavato un ragno dal buco. Se è vero, com’è vero, che la commissione bicamerale ad hoc presieduta dal liberale Aldo Bozzi è stata un fallimento, e certamente con per colpa del suo presidente. Se è vero, com’è vero, che la commissione bicamerale ad hoc presieduta prima da Ciriaco De Mita e poi da Nilde Iotti è stata un fallimento. Se è vero, com’è vero, che la commissione bicamerale ad hoc presieduta da Massimo D’Alema – all’insegna del non c’è due senza tre – è stata anch’essa un fallimento. E non è tutto, com’è arcinoto. Infatti, se non hanno dato buona prova commissioni bicamerali ad hoc, non l’hanno data neppure il ricorso all’articolo 138 della Costituzione. Tant’è vero che, approvata dal Parlamento, la riforma costituzionale

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Presidenza Repubblica, se non viene eletto entro il 3 febbraio? | E con Draghi al Quirinale? Rispondono Armaroli, Ceccanti e Lauricella

Il 3 febbraio scade il mandato dell’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Finora, tutti i Capi di Stato sono stati eletti prima della scadenza di quello precedente. Anche nel caso di Giovanni Leone, quando furono necessari 23 scrutini per proclamarlo il 24 dicembre del 1971, in quella che è stata l’elezione più lunga della storia della Repubblica italiana. Un record, che potrebbe essere superato con il 13/mo Presidente, visto che le votazioni sono ridotte a una sola al giorno, le procedure allungate causa Covid, e le forze politiche sono in stallo nello scegliere un candidato. Quale soluzione, allora, se le votazioni dovessero continuare dopo il 3 febbraio?   Rispondono Paolo Armaroli, professore ordinario di Diritto pubblico comparato, Stefano Ceccanti, deputato del Partito Democratico e ordinario di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato alla Università La Sapienza di Roma, e l’on. Giuseppe Lauricella, avvocato Cassazionista e professore universitario di Istituzioni di Diritto pubblico e diritto costituzionale, presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo.  Nessun Capo dello Stato è rimasto in carica oltre la fine del settennato. Cosa succederebbe? Prorogatio Mattarella, supplenza Casellati? Come va interpretata la Costituzione? Armaroli:  Potrebbe accadere. In questo caso la dottrina ha ipotizzato due strade: la prorogatio del Presidente della Repubblica in carica, finché non sarà eletto il successore, o la supplenza del presidente del Senato. Il problema, però, è chi decide. Non può deciderlo il presidente in carica, che ha concluso il mandato, né il presidente del Senato né, tantomeno, gli studiosi. Occorre un organo terzo: ovvero la Corte Costituzionale. Ma per attivarla è necessario sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato: potrebbe essere a farlo Mattarella o la Casellati. C’è però un altro aspetto da considerare, perché a presiedere il giudizio della Corte sarebbe un candidato alla Presidenza della Repubblica, ovvero

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Covid e Grandi Elettori, il virus influenzerà l’elezione del Presidente della Repubblica? Ipotesi e rischi: rispondono Armaroli, Ceccanti, Cecili

Il prossimo Presidente della Repubblica sarà il primo a essere eletto durante una pandemia, nel pieno della quarta ondata di contagi. Il giorno fissato per la prima votazione è infatti il 24 gennaio, momento in cui, secondo il direttore sanitario dell’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma Francesco Vaia, si dovrebbe raggiungere il picco dei casi. Il rischio che alcuni dei grandi elettori rimangano contagiati c’è, se non altro per ragioni statistiche. Quale soluzione per garantire la regolarità della votazione? Lo abbiamo chiesto a Paolo Armaroli, professore ordinario di Diritto pubblico comparato, Stefano Ceccanti, deputato del Partito Democratico e ordinario di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato alla Sapienza Università di Roma, e Marco Cecili, già titolare di contratto di insegnamento in Diritto Costituzionale alla LUISS. Che succede se il 24 gennaio il collegio elettorale perderà grandi elettori causa covid? Paolo Armaroli: Se ci sono assenti, e siccome il quorum si riferisce ai componenti, è come se i 2/3 dei componenti nelle prime tre votazioni e la maggioranza assoluta, metà più uno dei componenti, a partire dalla quarta votazione, fossero più alti. Sarà più difficile raggiungere i due quorum. Stefano Ceccanti: Dipanare la matassa spetta alla Presidenza della Camera, che dovrebbe fare una previsione realistica sui potenziali assenti. Marco Cecili: Precedenti non ce ne sono perché non si è mai votato il Presidente della Repubblica durante una pandemia. Il contagio di un grande elettore non inciderebbe sui numeri, perché il Presidente della Repubblica si elegge sugli aventi diritto, ovvero 1009. Se quindi mancano 300 grandi elettori, non si abbassa il quorum. Ma ciò rende più difficile l’elezione visto che, al quarto scrutinio, ne servono 505. Se si perdono grandi elettori a causa covid, si potrebbe pensare che i componenti dei delegati regionali potrebbero essere sostituiti d’urgenza. Solo loro. Ma

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DOCUMENTI / Premierato, testi interventi sen. Segre, sen. Cattaneo, ex presidente Pera

Pubblichiamo, sulla riforma del premierato, di cui si sta dibattendo nell’Aula del Senato, tre interventi che hanno suscitato particolare interesse e anche qualche polemica. Si tratta delle senatrici a vita Liliana Segre, della senatrice a vita Elena Cattaneo e del senatore Marcello Pera, filosofo della scienza e già presidente del Senato. Dato il livello dei tre personaggi, pubblichiamo i testi integrali dei loro interventi, così il lettore potrà farsi una opinione ragionando sulle carte, com’è peraltro costume di questo giornale. Sul tema del premierato e in particolare sugli interventi delle senatrici Segre e Cattaneo abbiamo pubblicato negli ultimi giorni due interventi di commento di due ex parlamentari, il professor Paolo Armaroli, Professore di Diritto pubblico comparato e docente di Diritto parlamentare, e di Pietro Di Muccio de Quattro, Direttore emerito del Senato e saggista. Altri testi, a beneficio del lettore, saranno pubblicati prossimamente. ******* Intervento senatrice a vita Liliana Segre PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Segre. Ne ha facoltà. Prima di lasciarle la parola, voglio chiedere alla senatrice Segre di accettare la solidarietà, da parte della Presidenza e di tutto il Senato, per le volgari e anche pericolose minacce ricevute. (Applausi). SEGRE (Misto). Signor Presidente, intanto la ringrazio per il fatto che mi lasci parlare seduta. Signor Presidente, colleghe e colleghi, continuo a ritenere che riformare la Costituzione non sia una vera necessità del nostro Paese e le drastiche bocciature che gli elettori espressero nei referendum costituzionali del 2006 e del 2016 lasciano supporre che il mio convincimento non sia poi così singolare. Continuo anche a ritenere che occorrerebbe impegnarsi per attuare la Costituzione esistente e innanzitutto per rispettarla. Confesso, ad esempio, che mi stupisce che gli eletti dal popolo (di ogni colore) non reagiscano al sistematico e inveterato abuso della potestà legislativa da parte dei Governi, in

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Dario Nardella : un estremista per prudenza

Il silenzio è d’oro, la parola non sempre lo è.  Ma Dario Nardella, ancora per poco sindaco di Firenze perché in scadenza come uno yogurt, non lo sa. E incautamente se n’è uscito, dopo il raduno fiorentino dei sovranisti invitati da Matteo Salvini, con questi memorabili detti: “Nella città di Sassoli, La Pira e Calamandrei il raduno è una provocazione. Io ho invitato i cittadini a manifestare senza cadere in posizioni intolleranti”. E se al sullodato terzetto non ha aggiunto anche Dante è solo perché il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha affermato – assumendosene tutta la responsabilità – che l’Alighieri era un uomo di destra.         E bravo Nardella! Recita due parti in commedia come meglio non si potrebbe. Da una parte scaglia il sasso, dall’altra nasconde la mano. Da una parte fa il piromane, dall’altra fa il pompiere. Perché? Forse per mantenersi in equilibrio. Come che sia, la dice grossa. Vergogna! Ma come gli viene in mente di definire “provocazione” il fatto che un gruppo di persone riunite alla Fortezza da Basso ha il torto di non pensarla come lui? Si dà il caso che il Nostro sia un cultore del diritto costituzionale a tal punto da averlo professato, e forse di professarlo ancora, all’Università di Firenze. E dove sennò?         Sono sicuro che lui consideri la nostra Costituzione repubblicana – al pari di tanti esponenti di sinistra – la più bella del mondo. Ma dopo questa premessa, non va oltre. Strano, molto strano. Perché la Legge fondamentale della Repubblica, tra i tanti articoli degni di particolare menzione, c’è – vedi caso – l’articolo 21. Il cui primo comma recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Tutti, avete

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