Cultura

Termini ebraici, termini islamici: cosa significano? Ecco il glossario / Parte seconda

Il perdurare, purtroppo, delle guerre in Medio Oriente rende opportuno riproporre una guida di termini ebraici e islamici per meglio orientarsi nella lettura delle cronache. Arricchito di altre voci rispetto a quello pubblicato alcuni mesi fa, questo glossario è stato redatto da uno specialista, non solo della storia recente e meno recente dell’area, ma anche della cultura e delle tradizioni di quei paesi

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Cultura

Termini ebraici, termini islamici: cosa significano? Ecco un glossario

Il perdurare, purtroppo, delle guerre in Medio Oriente rende opportuno riproporre un glossario di termini ebraici e islamici per meglio orientarsi nella lettura delle cronache. Il glossario, arricchito di altre voci rispetto a quello pubblicato alcuni mesi fa, è stato redatto da uno specialista, non solo della storia recente e meno recente dell’area, ma anche della cultura e delle tradizioni di quei paesi

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Mondo

Il sogno di Sion e i suoi nemici storici

Il nuovo libro di Carlo Giacobbe Tra instant book e libro di analisi storica, un lucido e dolente affresco sulle ragioni presenti e antiche di un conflitto che non passa. La problematicità e complessità di certi concetti, come il sionismo, e la distinzione tra palestinesi –popolo e chi non riesce a governarli o li usa praticando il terrorismo.

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25 Aprile anche in Portogallo: 50 anni fa la Rivoluzione dei Garofani

Che la storia si ripeta due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa, è una massima che probabilmente contiene due falsità: l’attribuzione a Carl Marx e l’enunciato in sé stesso. Talvolta, però, per una bizzarria combinatoria che farebbe impazzire uno statistico (e qualche volta, chissà, anche uno statista), la storia si ripete in luoghi diversi. Succede, per esempio, che il 25 aprile sia una data densa di significato per l’Italia e per il Portogallo. Due nazioni europee non propriamente vicine fisicamente, circa 2.000 chilometri facendo una media tra aria e terra, ma molto meno lontane per altre ragioni, oltre al fatto di essere oggi in rapporti che si possono definire più che amichevoli pur nelle sostanziali differenze. Tra gli anni ’20 e ’30 del Novecento il piccolo paese lusitano – che nei secoli XIV e XV, al tempo delle grandi scoperte geografiche, era stato alla testa dell’impero più vasto e potente del mondo – instaurò nel 1926 una dittatura militare, nel tentativo di risollevarsi da una serie di crisi politiche ed economiche che perduravano dalle ultime due decadi dell’Ottocento e si erano acuite con l’instaurazione della repubblica, nel 1910, e la partecipazione alla Prima guerra mondiale. Lo fece per mettere fine al susseguirsi di leader militari e non, che talvolta restavano alla guida dei rispettivi esecutivi per pochi mesi appena, con una alternanza media di tre Primi ministri l’anno. Nel 1928, però, dato il perdurare della crisi economica fu chiamato come ministro delle Finanze l’economista (giurista però di formazione) António de Oliveira Salazar, con totale autonomia operativa. In soli quattro anni Salazar, un borghese passato dalla prestigiosa cattedra nell’Università di Coimbra alle sale ministeriali di Lisbona, riuscì a portare in attivo il bilancio, mediante una draconiana politica di risparmio sull’import e un controllo pervasivo dei salari e

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In M.O. Netanyahu e Khamenei giocano sulla pelle dei palestinesi

Il recente scambio di atti ostili tra Israele e Iran (un nutrito quanto brancolante lancio di droni e qualche missile iraniani contro la “entità sionista”) e un altrettale risposta “dimostrativa” di vettori israeliani verso installazioni militari alla periferia di Isfahan (nel centro dell’Iran), hanno fatto gridare molti “al lupo” per il terrore di una incipiente guerra atomica tra i due nemici giurati. Diversamente da tali allarmi da parte della gente comune, giustamente preoccupata da ciò che apprende dai media, che ormai ci stanno abituando al cerchiobottismo informativo, sugli stessi gli esperti e i commentatori più disincantati hanno però tranquillizzato quello che si suole definire il grosso pubblico, avvertendo che non è il caso di entrare in panico. Molti hanno fatto il paragone delle schermaglie tra “ragazzi della Via Pál”, rodomonti in sedicesimo che, come certi giovani animali infoiati dalle scariche ormonali provocate dalle femmine in estro, danno luogo a combattimenti tanto plateali quanto incruenti per vendicare un piccolo affronto. Questi paragoni, che pure non mancano di fondatezza, secondo me sarebbero ancora più centrati se richiamassero alcune pratiche gladiatorie dell’antica Roma, come per esempio le hoplomachiae. Che nella fatidica arena vedevano fronteggiarsi due o più contendenti muniti di armi spuntate o prive del filo, talvolta addirittura spade o tridenti di legno, che al massimo causavano qualche lividura. Ma si sa che gli imprevisti possono sempre tendere agguati. Nel romanzo di Ferenc Molnár Il giovane eroe, Ernö Nemecsek, muore per una polmonite che ha ragione della sua complessione minuta e cagionevole; nei combattimenti tra cervi in amore, a volte i palchi dei due contendenti si intrecciano talmente che gli animali, appaiati da un odio reciproco e istintuale, trovano la morte per sete e inedia; nelle lotte tra gladiatori, invece, apparentemente non muore nessuno e qualcuno può rimediare una forte contusione o al

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Pogrom in Israele del 7 ottobre: le marocchinate trasferite a Gaza

Non serve la penna di Alberto Moravia e neanche la visione filmica di Vittorio De Sica, autori del libro e del film La ciociara.       Sono bastate alcune scarne audizioni alla Knesset, il parlamento di Gerusalemme, per confermare ciò che era stato già orgogliosamente raccontato e in parte (confusamente) filmato con gli immancabili telefonini dai terroristi palestinesi il 7 ottobre scorso; una data che almeno nel mondo ebraico passerà alla storia, senza l’indicazione dell’anno, come il giorno del pogrom in Israele. Durante e dopo i massacri nei kibbutz e nelle cittadine nel sud del Paese, i miliziani di Gaza si sono abbandonati alla più atroce delle violenze, lo stupro sistematico delle donne e delle ragazze, che poi in molti casi, sono state trucidate. Quelle sopravvissute sono state portate all’interno della Striscia per servire da ostaggi. Molte di loro sono anche adesso in qualche tunnel, dove insieme agli sciagurati compagni di prigionia, circa 120 persone in totale mentre scrivo, servono ai miliziani islamici da merce di scambio e da ombrello di protezione di terroristi e di luoghi particolarmente sensibili per le loro attività. Certo non della popolazione civile, alla quale i guerriglieri seguitano ad abbinare depositi di armi e altre strutture, pur sapendo che la macchina militare israeliana ormai non intende recedere di fronte a nulla; forse neanche al dubbio che un certo tunnel possa celare al suo interno i loro stessi connazionali prigionieri. Ma gli ostaggi, specie quelli di sesso femminile, servono anche a un’altra funzione; che è sempre la solita, alla quale invariabilmente si deve soggiacere quando si è in stato di totale soggezione di aguzzini senza scrupoli: fornire sesso. Nei quasi quattro mesi dai massacri e dalla cattura di ostaggi, si temeva e si sospettava che oltre alle violenze carnali avvenute nelle ore degli attacchi, gli

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